Gli Spin&Go lanciati da PokerStars sono stati una novità tanto discussa quanto di enorme successo, come confermano sia gli immediati "cloni" comparsi su altre poker room che, a quanto pare, i dati a disposizione della piattaforma stessa.
Secondo voci non confermate, ma che suonano attendibili, l'introduzione degli Spin&Go avrebbe infatti causato un effetto paragonabile a quello di una massiccia campagna pubblicitaria, capace non soltanto di far avvicinare a PokerStars nuovi giocatori, ma anche di riattivarne un buon numero, facendo cioè tornare a giocare chi per un motivo o per l'altro aveva deciso di smettere da un po'.
Così, mentre i regular discutono se siano o meno grindabili a causa dell'incidenza della rake e della varianza, i player per i quali questa variante è stata pensata - quei giocatori amatoriali che tutti riconoscono come essenziali nell'economia del poker online - paiono averla promossa a pieni voti, tanto che al termine del WCOOP qualcuno deve aver suggerito ad i membri del team PokerStars di gettarsi nella mischia.
A distanza di poche ore uno dall'altro, infatti, i giocatori si sono trovati ai tavoli professionisti del calibro di Jason Mercier, Randy "nanonoko" Lew e Johnny Lodden, i quali hanno poi naturalmente dato ampio risalto alla loro presenza, e poco importa in fondo se un giocatore come Mercier si lasci andare a frasi un po' forzate come: "Sono determinato a hittare il jackpot!". Non suona credibile, ma in naturale ottica di marketing glielo si può perdonare.
I giocatori come sempre apprezzano molto la presenza dei loro beniamini a tornei dal buy-in popolare - in fondo l'unica occasione in cui possono sperare di giocare davvero con loro - ed in fondo se qualche anno fa il motto di Full Tilt Poker era "gioca e chatta con i pro" un motivo dovrà pur esserci.
In passato i volti noti delle varie piattaforme hanno mostrato delle lacune in questo senso, con alcuni molto presenti sui social network ed in generale "interattivi" con gli appassionati ed altri che semplicemente se ne sono sempre lavati le mani, in maniera più o meno evidente e più o meno marcata.
Naturalmente ogni professionista ha le sue qualità, anche relazionali, ma come dimostrano anche le recenti vicende legate alle sponsorizzazioni sono finiti i tempi in cui essere un pro significava presenziare a qualche torneo dal vivo per portare a spasso una patch e farsi scattare qualche foto: in questo senso pare esserci ancora più attenzione a quello che i casual player desiderano, ed i frutti sembra comincino ad arrivare.