Che la giustizia non funzionasse in Italia lo sapevamo tutti, ma la vicenda giudiziaria della presunta mega truffa nelle scommesse rischia di sconfinare nel grottesco. Nel marzo del 2024, al Tribunale di Trento, vengono condannate 7 persone (per un totale di 42 anni di reclusione), insieme al re delle truffe, tale Jorge Queiroz, detto il "Maddoff lusitano" (il soprannome è tutto un programma).
Promettevono guadagni facili e sicuri grazie a scommesse a rischio zero, le cosidette sure bet (ne parleremo nell'articolo). Una presunta catena di Sant'Antonio che è costata 3 milioni euro ai piccoli risparmiatori del Trentino.
Oggi arriva la beffa con la dichiarazione, in Corte d'Appello, della nullità del processo di primo grado.
Un colpo di spugna giudiziario che cancella, per ora, tutte le condanne inflitte nel febbraio 2024.
In questo Articolo:
- 1 La decisione della Corte d’Appello: la nullità del processo
- 2 Come funzionava il presunto schema “no risk”
- 3 Il “Madoff lusitano”: il personaggio al centro dell’inchiesta
- 4 Come funzionava la truffa nelle scommesse “no risk”
- 5 Cosa sono davvero le surebet
- 6 Come guadagnavano davvero i presunti truffatori?
- 7 Chi erano gli imputati
- 8 Implicazioni e prossimi passaggi
La decisione della Corte d’Appello: la nullità del processo
A far crollare l’impianto del primo grado è stata una violazione elementare, ma decisiva: il diritto di difesa non rispettato, diritti protetto dalla carta costituzionale.
Grave, molto grave. Il giudice aveva escluso tutte le liste testi proposte dagli avvocati, azzerando di fatto la possibilità degli imputati di far ascoltare le proprie ragioni.
Un corto circuito procedurale che ha convinto la Corte a fermare tutto. Gli avvocati della difesa — Andrea de Bertolini, Marina March, Nicola Degaudenz e Andrea Bezzi — hanno accolto la decisione con comprensibile soddisfazione.
Le vecchie condanne spariscono
Il colpo di gomma è totale. Nel primo processo, il collegio presieduto da Enrico Borrelli aveva inflitto:
- 6 anni di reclusione ai sette imputati
- Interdizione dai pubblici uffici per 5 anni
- 1,5 milioni di euro di risarcimenti
- 56.000 euro di spese alle parti civili
Tutto cancellato. Si riparte da zero, come se nulla fosse accaduto. E stiamo attenti ai tempi e alla prescrizione.
I presunti truffatori promettevano guadagni facili con le puntate sure bet. L’idea, propagandata con zelo missionario, era semplice quanto seducente: scommesse senza rischio, garantite da un sistema matematico capace di coprire tutti i risultati possibili. Non hanno però fatto i conti con i bookmakers che usano oramai sistemi sofisticati per contrastare tali pratiche.
L'arbitraggio poteva funzionare giusto 20 anni fa e per cifre non così considerevoli. Ma qualcuno è cascato nella trappola.
La Procura, nel suo atto d’accusa, spiegava così il meccanismo: “La giocata veniva strutturata piazzando scommesse sullo stesso evento presso diversi bookmaker, in modo da coprire ogni esito possibile”.
Un’illusione di perfezione che molti investitori, quasi un centinaio, avevano scambiato per una via sicura al profitto. Auguri.

Il “Madoff lusitano”: il personaggio al centro dell’inchiesta
Dietro il sistema c’era lui: Jorge Antero da Silva Queiros, soprannominato con fantasia giornalistica il “Madoff lusitano”.
Un paragone forse abusato, ma efficace per descrivere l’atmosfera di frode finanziaria che circondava la vicenda.
Il gruppo, secondo gli inquirenti, avrebbe truffato centinaia di investitori convinti di mettere i propri risparmi in un meccanismo infallibile.
Come promuoveva lo schema Jorge Queiros
Jorge Antero Silva Queiroz è stata la mente della truffa. Ma già 10 anni fa fa era stato condannato a pagare una multa di 100.000 euro dalla Consob perché una sua società (Betexp) proponeva alle persone di entrare in un sistema piramidale di scommesse "garantito" da un algoritmo.
Sul sito internet della società veniva promosso così: "Guadagna danaro in questo settore finanziario da oggi! E senza rischi! Il metodo Betexp non è un ma un sistema a zero rischio!" L’invito era di "entrare nel gruppo ristretto di individui che fanno soldi con questa attività tramite un piccolo investimento e/o un’azione per promuovere i vantaggi del nostro sistema".
Al momento del processo Queiroz era in carcere in Francia, a seguito di un'ichiesta per una truffa simile.
La storia, per come l’hanno ricostruita le indagini della Guardia di Finanza concluse nel 2017, somiglia molto a quelle favole moderne che iniziano con “c’era una volta il rendimento garantito”.
In circa sette anni — dal 2010 al 2017 — l’organizzazione sarebbe riuscita a raccogliere quasi 3 milioni di euro, una cifra rastrellata pazientemente da un esercito eterogeneo di 77 risparmiatori.
Non solo ricchi investitori, ma nella rete sono finite tutte le categorie: promotori finanziari, piccoli imprenditori, albergatori, operai, estetiste, pensionati.
Sessantacinque di loro provenivano dal Trentino Alto Adige.
Il miraggio era sempre lo stesso, presentato con la sicurezza del venditore che ti offre l’ombrello mentre già piove: ritorni da favola, ottenuti tramite un sistema di scommesse sportive «no risk».
Un ossimoro che da solo avrebbe dovuto suggerire cautela, perché nel mondo reale — quello fuori dai depliant patinati dei promotori — il rischio è il prezzo del biglietto.
Secondo l’accusa, le giocate venivano spacciate come impeccabili: il denaro sarebbe stato distribuito su più bookmaker per coprire tutti i risultati possibili, il che altro non è che la vecchia, cara surebet mascherata da magia finanziaria. Chi conosce il settore delle scommesse da tempo, è consapevole che oramai è un sistema molto difficile da attuare per diversi problemi tecnici, per l'evoluzione dei bookmakers e soprattutto non è un business scalabile con centinaia di persone che dovrebbero guadagnarci.
Cosa sono davvero le surebet
Le surebet esistono, certo e si verificano - in linea teorica - quando le quote di almeno due bookmakers sono non allineate e offrono un profitto. Sono come l’araba fenice: tutti sanno cosa sono, nessuno le vede davvero in natura. E' oramai un discorso più teorico che pratico per vari motivi:
- Il disallineamento delle quote dura per pochi minuti, considerando i sistemi informatici dei book che lavorano in real time
- I bookamers spesso si accorgono quando viene aggredita una quota disallineata e bannano l'utente
- A volte, quando viene piazzata la prima scommessa, la quota della seconda cambia e non ci sono più margini
- I book non accettano quasi mai, su queste quote, delle big bets
In ogni caso, il principio delle sure bet è il seguente: approfittare del disallineamento delle quote tra diversi bookmaker, puntando su esiti diversi e assicurandosi un profitto comunque vada.
Un esempio da manuale:
- Bookmaker X: Over 2.5 a 2.05
- Bookmaker Y: Under 2.5 a 2.05
Guadagno garantito? In laboratorio funziona. L'allibramento funzionava bene negli anni '90 nelle agenzie fisiche di scommesse quando i professionisti cercavano di sfruttare le quote favorevoli in un determinato momento. Anche perché le agenzie non erano così consapevoli e non avevano una visione del mercato a 360 gradi. Nel 2001 forse ancora funzionava ma con l'arrivo di internet è diventato tutto più complesso perché i book si accorgono quando le quote sono disallineate e reagiscono subito.
Ma dal 2010 in poi il mercato delle scommesse si è trasformato:
- i disallineamenti durano minuti,
- i bookmaker correggono in tempo reale,
- e chi fa arbitraggio viene spesso liquidato con un elegante “conto limitato”, quando non direttamente con un ban. Appena il book scopre la quota disallineata, va a vedere l'elenco dei clienti che ha puntato e lo banna o mette un tetto alle scommesse.
Fare surebet oggi, soprattutto con importi importanti, è come pescare salmoni nel Tevere: teoricamente possibile, nella pratica impossibile, forse è possibile farlo per somme minime solo bancando su Betfair Exchange ma c'è l'incognita della commissione del 5%.
Tutto questo ragionamento per farvi capire che presentare le sure bet come forma di investimento rendeva già di per sé sospetta la promessa di chi garantiva guadagni mensili da capogiro, con interessi fino all'8%.
Alla domanda che tutti si pongono — ma da dove arrivavano quei profitti miracolosi? — l’indagine non ha lasciato molto spazio al mistero. Secondo la Procura di Trento, il sistema, al netto delle verniciature tecniche, funzionava solo all’inizio, quando gli organizzatori pagavano i primi investitori con i soldi dei nuovi. La più classica versione provinciale dello Schema Ponzi, o, se preferiamo una metafora più nostrana, una catena di Sant’Antonio vestita da hedge fund sportivo.
Gli interessi promessi oscillavano tra l’8% e il 10% ogni mese, che in un mondo normale è un rendimento da rivoluzione industriale. Il problema dei sistemi perfetti è che non sono perfetti affatto: crescono, lievitano, e infine crollano sotto il peso delle loro stesse promesse.
Ed è così che anche questo castello di carta, di quote, conti gioco e favole finanziarie ha iniziato a scricchiolare. Fino ad arrivare alla resa dei conti giudiziaria — quella che ora, ironia della sorte, dovrà ripartire da zero.
Chi erano gli imputati
Tra i sette accusati figurano anche tre trentini, ben radicati nel tessuto sociale locale:
- Giandonato Fino – torinese, residente a Molveno, immobiliarista ed ex presidente del Molveno Volley
- Leonardo Sala – ex dipendente di banca e promotore finanziario
- Massimiliano Achler – ex direttore di banca, originario di Fai della Paganella
Per loro, come per gli altri imputati, lo scenario cambia radicalmente: il processo dovrà essere rifatto da capo. E fino alla Cassazione sono innocenti (per fortuna in Italia esiste ancora la presunzione d'innocenza)
Implicazioni e prossimi passaggi
L’annullamento non è un’assoluzione. È, per certi versi, una resa dei conti rimandata, prescrizione permettendo. Il nuovo processo dovrà ripartire dalle basi, ricostruendo il quadro accusatorio e ascoltando finalmente quei testimoni mai ammessi.
Le parti civili — rappresentate dagli avvocati Roberta Pedrotti, Davide Maiorana, Nicola Zilio, Giovanni Rambaldi, Dario Romeo, Silvia Zanetti, Marcello Russolo e Veronica Carolli — dovranno attendere ancora per avere una risposta definitiva.
La storia dovrà essere riscritta, e questa volta — almeno sulla carta — con tutte le voci ammesse al microfono del Tribunale di Trento.