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Ci avviciniamo a grandi passi al momento topico del calendario pokeristico, il tavolo finale del Main Event WSOP 2014. I magnifici nove, i November Nine, si sfideranno il 10 e l'11 november per il titolo di campione del mondo di poker. Tra loro, in qualità di chipleader, ci sarà anche l'olandese Jorryt van Hoof.
Tendenzialmente sconosciuto fino a quest'estate, il trentunenne è riuscito ad emergere in un field di 6.683 giocatori e recentemente è stato insignito del ruolo di ambasciatore del Masters Classic of Poker di Amsterdam, oltre ad ottenere un paio di piazzamenti a premio al recente EPT di Londra.
Ma naturalmente il suo chiodo fisso, da qui fino all'ultima mano del suo torneo, sarà il final table più importante - e probabilmente irripetibile - della sua carriera. "Penso che la mano più importante quest'estate sia arrivata a 20 left - racconta van Hoof in un'intervista - quando ho eliminato Dan Smith con 44 contro il suo AK, nel più classico dei coin flip".
L'olandese ha le idee chiare su quali sono gli avversari da temere: "Felix Stepehensen è un gran giocatore ed è secondo in chip: sono fortunato ad essere in posizione su di lui. Martin Jacobson è un fenomeno dei tornei, meno male che è seduto dall'altra parte del tavolo e ha poche chip. Anche Mark Newhouse è una bella minaccia, dato che è già arrivato una volta tra i November Nine. In generale, penso sia un tavolo finale molto duro".
La vita di van Hoof è cambiata, da quando è arrivato in fondo al Main Event delle World Series: "Mi sono trasferito a Londra, ho smesso di giocare al Pot Limit Omaha cash game e ho iniziato a giocare live. Inoltre ho fatto davvero un sacco di interviste. A parte queste cose, cerco di condurre una vita più normale possibile".
Il buon Jorryt è anche un giocatore piuttosto umile, che non teme di rivelare al mondo quali sono i suoi modelli, nel poker: "Mi ispiro a Phil Ivey per la sua capacità di concentrarsi sul gioco. Ma anche a Phil Galfond, per il suo approccio al poker e alla vita in generale. Stesso dicasi per Mike McDonald. Mi piace molto anche Ben Sulsky, per il suo approccio invece teoretico. E poi ai miei amici Abel Meijberg e Phil Roquemore".
Scontata, invece, la risposta alla classica domanda sul sogno nel cassetto: "Vincere il Main Event delle World Series of Poker". Qualcuno di noi, al posto suo, avrebbe forse risposto in maniera differente?