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A che serve vietare la pubblicità sul gioco, se è la TV ad essere diseducativa?

Nella mia quotidiana rassegna stampa di settore, ieri mi sono imbattuto nella storia di Alex Jacob. Ex poker pro adesso tornato a fare il trader nel mercato valutario, Jacob è diventato uno dei migliori concorrenti nella storia di "Jeopardy!", storico quiz televisivo statunitense, in onda da oltre 50 anni e dal cui format è nato il "Rischiatutto", a sua volta tra i primi tv show a diventare autentico fenomeno di costume in Italia.

Alex Jacob
Alex Jacob

Jacob, che in carriera ha accumulato oltre 2,6 milioni di dollari in tornei live prima di "appendere le carte al chiodo", è riuscito a vincere ben 6 puntate di fila di Jeopardy nella scorsa primavera, mettendo insieme circa 150mila dollari in premi. Con quella eccellente performance, Alex si è guadagnato l'accesso al Tournament Of Champions, una edizione speciale tra campioni della trasmissione, e che proprio l'altra notte lo ha visto guadagnare la finale.

L'ex poker pro ha evidentemente visto del possibile valore in una competizione che ricalca lo schema classico del "trivia quiz" televisivo, oggi un po' demodè ma mai morto del tutto: una buona cultura generale, grazie alla quale districarsi tra gli argomenti più disparati. Quindi, a un un eccellente livello nozionistico, freddezza e prontezza di riflessi, Jacob ha aggiunto quel "quid" in più che un buon poker player deve essere in grado di fornire: una strategia vincente.

Il classico tabellone di "Jeopardy!"
Il classico tabellone di "Jeopardy!"

In sintesi, mentre in genere i concorrenti di Jeopardy cercano di trovare l'argomento del board in cui si trovano più a loro agio cercando di rispondere a tutte le relative domande (di difficoltà crescente in rapporto al premio in palio), lui spazia tra i vari argomenti, cercando da subito domande di grande valore e garantendosi così anche maggiori possibilità di trovare il "daily double" (casella speciale che permette di raddoppiare il proprio monte punti), abbassando di riflesso la chance che siano i suoi avversari a trovarlo. Inoltre, Jacob ha compreso l'importanza di "tankare" nelle domande finali di una data manche, soprattutto quando si trova in vantaggio, in modo da erodere il tempo a disposizione degli avversari per scoprire altre caselle.

Sfruttare le proprie conoscenze e prendersi tutti i vantaggi possibili facendo uscire gli avversari dalla "comfort zone": parliamo di un quiz e non di poker, d'accordo, ma l'elemento in comune è l'esaltazione della componente skill, seppure espressa in proporzioni e sfumature differenti. La ricetta, seppur datata, continua a piacere al pubblico americano, che ancora oggi risponde molto bene nell'ennesima stagione dello show. E in Italia? Beh, da noi le cose hanno preso una piega molto differente.

Questo tipo di intrattenimento esiste ancora, nella nostra TV generalista, seppure generalmente relegato alla fascia pre-serale - quella che porta al TG delle 20, per intenderci. "L'eredità", "Chi vuol essere milionario?", "Avanti un altro", sono tutti format che rispondono ad un genere chiamato oggi "game show", ma che conservano sempre una componente di abilità rilevante ai fini dell'esito della trasmissione. E poi c'è "Affari tuoi"....

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Il format di questo game show, di proprietà di Endemol e che nella versione originale si chiama "Deal or no deal?", è noto alla stragrande maggioranza di voi. Pur se da un lato non costituisce un vero e proprio gioco d'azzardo (i concorrenti non spendono soldi propri), rappresenta quanto di più diseducativo si possa immaginare in materia di gioco, una liturgia del "go big or go home" che non dà mai allo spettatore una reale chance di ottimizzare il guadagno tramite una trattativa minimamente equa, di fatto impossibile anche perchè le proposte sono sempre al ribasso rispetto alla media delle vincite rimaste, soprattutto in caso di alto numero di pacchi a zero o poco valore ancora in giro.

Ma quello di far la guerra a Endemol e al suo format non è il mio obiettivo, anche perchè uno show che dura 13 stagioni funziona evidentemente bene. Mi fa rabbia, per la miliardesima volta, pensare alle enormi contraddizioni in cui viviamo noi appassionati di poker, immancabile agnello sacrificale del sistema-gioco, insostituibile capro espiatorio buono per tutte le stagioni, perfetto specchietto per le allodole, da additare come mostro da cui guardarsi mentre i veri pericoli risiedono altrove.

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L'altra sera guardavo incuriosito "L'erba del vicino", il nuovo programma di Beppe Severgnini (Rai 3) che mette a confronto l'Italia con un paese straniero in ogni puntata. Quella volta si parlava di Regno Unito, e uno degli aspetti del confronto era proprio la gestione del gioco d'azzardo. Tra gli ospiti il sottosegretario con delega ai giochi Pier Paolo Baretta, uno dei promotori del divieto di pubblicità sul gioco e che ribadisce la posizione anche durante il programma.

Quindi la soluzione è togliere l'aria al gioco online? A ben vedere, il comparto online sarebbe l'unico realmente colpito da un provvedimento del genere, nonostante costituisca appena il 4% della spesa totale degli italiani sul gioco, nonostante sia di gran lunga la metodologia più tracciabile di tutte, nonostante siamo inondati di gratta&vinci ovunque, dai tabacchi alle edicole, ai supermarket agli uffici postali.

Purtroppo è l'educazione al gioco, che manca in Italia. Così torniamo ad "Affari tuoi", dove una sera sì e una no assistiamo a un povero cristo che deve scegliere tra due pacchi, uno dei quali gli cambia la vita mentre l'altro lo lascia a mani desolatamente vuote. Zero o 100.000€.

Immaginate se al posto dei pacchi ci fossero due carte in mano a lui e due all'avversario, in un freeroll "winner takes all" che erogasse una cifra simile. In questo caso l'adrenalina per il pubblico sarebbe stata garantita ugualmente dalla grande cifra in palio, ma un heads up di poker avrebbe assegnato il denaro seguendo un criterio di abilità, seppur determinato in parte dalla sorte come è normale nel breve periodo. Ma qualcosa mi dice che uno show del genere sarebbe durato lo spazio di una sera, prima di venire sommerso da proteste e censure. E allora fatevele, due domande...
Qui la puntata integrale del talk show di Severgnini (La parte sul gioco inizia dopo 1 ora e 36 minuti circa)

 

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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