Stefano Sbordoni è uno dei legali di riferimento per il settore del gioco in Italia, da molti anni. Professore universitario, è consulente AAMS e di diversi concessionari. In passato ha contribuito alla stesura di regolamenti e leggi ed è, senza dubbio, una personalità autorevole del gambling nel nostro paese.
Avvocato, parliamo di fiscalità: la figura del poker player in Italia non richiede secondo lei una disciplina speciale ad hoc? Oramai sono parecchie le contestazioni addebitate ai giocatori, in particolar modo nel live.
C’è senza dubbio una corrente di studio interessata al problema. Nell’Agenzia delle Entrate sono consapevoli che vi è una questione aperta inerente la figura del giocatore di poker e della fiscalità da gioco.
Di conseguenza ci possiamo attendere un regolamento speciale per i giocatori nei prossimi mesi?
Sono consapevoli di questo tipo di situazione, ma da qui ad arrivare a regolamentare la figura il cammino non sarà breve. Il tema deve passare anche da griglie esterne che potrebbero avere un impatto significativo sull’ opinione pubblica. Diciamo che in questo momento non tira una buona aria nei confronti del gioco pubblico, soprattutto quando si parla di fiscalità.
Pertanto, quale sarà il trend? Cosa dobbiamo aspettarci dall’Agenzia delle Entrate?
La problematica è conosciuta e stanno cercando di far rientrare questa particolare attività tra le figure esistenti.
In poche parole, si applica la normativa generale. Cosa potrebbero fare i giocatori per tutelarsi?
La categoria dovrebbe essere rappresentata in maniera unitaria, con un’adesione di tutti coloro che si trovano nella medesima situazione. Vi dovrebbe essere una partecipazione massiccia per una maggiore tutela, magari incaricando persone, o creare un unico organismo, per far valere le proprie ragioni nelle sedi competenti.
In sintesi, in Italia non si riesce a disciplinare la categoria speciale a livello fiscale.
Si, la problematica è presente alle autorità competenti che però in questo momento hanno difficoltà a creare una categoria speciale, anche per l’eventuale impatto mediatico che potrebbe suscitare questo passo. Inoltre risulta tutto più difficile, a causa di una carenza di rappresentatività della categoria.
Sui colloqui tra i vari enti regolatori europei, anche sulla liquidità internazionale, che idea si è fatto?
Sui lavori a livello europeo sono scettico, mi sembrano come la “fabbrica di San Pietro”: continuano ad andare avanti, ma è difficile arrivare ad un risultato finale.
Altra situazione paradossale che si sta vivendo in Italia: il poker live. Per organizzare tornei di poker, sono necessarie le concessioni alla luce della presa di posizione della Cassazione? Al riguardo lei è sembrato molto scettico durante il recente convegno di Rimini…
Confermo la mia interpretazione giuridica che ho dato a Rimini (leggi qui per saperne di più). Resta il fatto che fino a quando esiste una legge che ha previsto delle concessioni, le amministrazioni esecutrici, come lo stesso Ministero degli Interni, si trovano inevitabilmente in una situazione di empasse.
Però, secondo la giurisprudenza penale, non si può parlare di gioco d’azzardo.
In alcuni casi vi è un’assenza degli elementi identificativi del reato d’azzardo. Quando non c’è lucro, si tratta di gioco d’abilità. Inoltre anche l’alea è messa in discussione, non si può trattare di azzardo in questi casi.
Però spesso assistiamo a blitz da parte delle autorità, ma nella maggior parte dei casi arriva l’assoluzione in giudizio, se non addirittura l’archiviazione prima del processo.
Quando non c’è lucro non c’è neanche la perseguibilità. Essendoci la riserva di legge (che prevede assegnazione concessioni AAMS, ndr) per questo tipo di attività, le Questure e le Prefetture si trovano in una situazione non facile. Inoltre, sappiamo per sentito dire che spesso sussiste anche l’elemento del lucro (cash game in alcuni circoli, ndr) e questo peggiora la situazione, dando l’assoluta presunzione alle autorità esecutrici che ci sia qualcosa di non chiaro…
Si riferisce naturalmente al cash game?
Il poker live senza il cash game non avrebbe giuridicamente bisogno di particolari definizioni. Potrebbe essere regolamentato solo a fini di organizzazione sociale sul territorio. Ci vorrebbe una norma che regolasse meglio due facce della stessa medaglia. Da una parte il cash game e dall’altra quella dei tornei. Il problema anche qui però è di ordine mediatico, chi si assume la responsabilità di regolamentare potrebbe essere attaccato in maniera feroce. Bisognerebbe fare opera di trasparenza e valorizzare al massimo l’aspetto sportivo del gioco.