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Michael Jordan

Quando Michael Jordan distrusse all’alba un tavolo di Blackjack e lasciò il dealer senza fiches da $5.000

Playoff NBA 1993, i Chicago Bulls guidati da Michael Jeffrey Jordan sono reduci da due titoli di fila e devono affrontare i Knicks nella finale di Eastern Conference. Hanno perso la prima partita e in gara 2 scoppia un vero inferno intorno a quello che è considerato il giocatore più decisivo della storia dell’NBA.

Nel tempio, al Madison Square Garden, MJ mette a segno 36 punti ma non basta per i Bulls ma soprattutto per la stampa. C’è chi lo accusa di essere apparso un pò stanco, nonostante tutto. La notte precedente è stato sorpreso verso le due all’interno di un casinò di Atlantic City (meta preferita da tutti i gamblers della vicina New York negli anni ‘90).

Da quel momento sarà pubblica la passione di Michael per il gioco d’azzardo e i media si scateneranno contro il giocatore di basket più forte di tutti i tempi. I moralisti daranno spazio a attacchi gratuiti mentre i maligni faranno speculazioni di tutti i tipi, a tal punto da indurlo – per la prima volta in carriera – di chiudersi in uno storico silenzio stampa dopo qualche settimana.

Jordan in campo ha la solita classe innata (ripeto: 36 punti il suo bottino) ma è anche una guerra fisica e di resistenza e non è brillante come altre volte in quel match soprattutto nell’ultimo quarto. I Chicago vanno sotto 2-0 nella serie contro un avversario temibile e duro come New York.Hanno un piede fuori dai playoff, così pensano tutti ma devono fare i conti con il “cannibale”.

Jordan, il gioco e le speculazioni della stampa

MJ prova a spiegare alla stampa che si trovava al casinò con il padre solo per alleviare la tensione dopo aver perso la prima partita. Qualche ora di blackjack per svagarsi un po’, aveva bisogno di staccare la spina dal basket per non essere bruciato dalla tensione. Ma i media non gli faranno sconti in quei giorni.

La pressione nei confronti di Jordan è insopportabile, viene sepolto dalle critiche e sempre dalle stesse domande nelle interviste (per questo decide di non parlare ai microfoni con nessuno). Lui si rinchiude nella sua camera d’hotel e si sente svuotato e sorpreso per quella reazione. Ma quel senso di frustrazione dura poco.

Come sempre però i Numeri Uno nei momenti più difficili tirano fuori gli artigli e nella quarta partita Jordan mette a referto la bellezza di 54 punti.

Nella decisiva gara 5 chiude la pratica trascinando come sempre i Bulls. Perfino nei 13 minuti nei quali i compagni vanno in blackout e sbandano, MJ c’è. In quel frangente Michael mette dentro 17 punti vitali per tenere la propria squadra a galla prima di sferrare il colpo decisivo e, regalarsi, le Finals contro i Phoenix Suns di Charles Barkley, MVP della regular season (un affronto che caricherà a molla MJ).

Inutile raccontarvi come è finita, lo sapete tutti, ma dal 1993 si parlerà molto (forse troppo) e a sproposito della passione di Jordan con l’azzardo. Nello stesso anno è stato chiamato anche chiamato testimoniare in un processo a New York legato proprio a un personaggio ambiguo, un gambler al quale aveva staccato un assegno (per scommesse) e che verrà condannato a 9 anni di reclusione per riciclaggio. Michael è sfiorato dallo scandalo ma quella testimonianza capiterà proprio nel momento sbagliato, nell’anno caldo del 1993.

Lo stesso Barkley racconterà delle partite a poker durante il ritiro Olimpico a Barcellona (ma questa è un’altra storia).

Michael Jordan, il gambling e lo spirito di competizione

Questa sua passione, che ha avuto origine da quando era ragazzo, è stata dal 1993 di dominio pubblico e i media avevano trovato un leak, un punto debole, per poterlo attaccare, visto che in campo non lo si poteva mettere in discussione. Per MJ non sono stati però anni facili.

Jordan ha sempre insistito – durante le interviste nelle quali parlava di questo aspetto della sua vita – sul fatto che non avesse mai avuto alcun problema con il gioco d’azzardo, nessuna dipendenza, ma piuttosto che il suo fosse un “problema con la sua innata voglia di competere” anche ai tavoli verdi sentiva battere sulla sua spalla la scimmia della competizione” .

Questo spirito competitivo si estendeva ben oltre il campo da basket, coinvolgendolo nelle scommesse high roller (molto alte per noi comuni mortali ma non per un uomo miliardario che guadagnava grazie ai diritti sulle vendite della Nike) sulle sue partite di golf, giochi di carte e persino lanci di monete contro il muro.

Nel doc-serie di Netflix “Last Dance” questa pratica è documentata molto bene in alcuni video inediti ma MJ lo fa più che altro per scherzo con i suoi addetti alla sicurezza, per creare una sorta di cameratismo con chi gli guardava le spalle. Il problema è che non riusciva a fermarsi e voleva vincere per forza, poteva essere un dollaro o cento, era lo stesso per lui. Vincere.

Michael Jordan e il Blackjack

Quando il Commissioner dell’NBA David Stern lo convocò per capire se avesse avuto un problema con le scommesse (in ottica di “integrità delle partite”), Jordan si difese affermando di non aver mai scommesso su partite NBA ma solo sulle buche che l’hanno visto protagonista nei campi di golf. Inoltre ha sempre sostenuto anche davanti a Stern e alla commissione etica NBA che la sua grande passione fosse proprio il Blackjack nei casinò.

Una delle storie più famose che lo ha visto protagonista in una sala da gioco, riguarda la notte in cui Jordan perse $500.000 al tavolo del blackjack, ma la sua determinazione e voglia di vincere prevalse (in quella occasione la fortuna lo baciò in fronte) e dopo una sessione durata fino all’alba, alla fine Michael e i suoi amici riuscirono a realizzare uno swing di circa $1,3 milioni di dollari, ribaltando il flow della partita, incassando circa 800mila dollari.

Il teatro dello scontro è stato il famoso casinò Mohegan Sun in Connecticut che i pokeristi si ricordano per le prime edizioni del NAPT (North American Poker Tour) vinti da Vanessa Selbst e Jason Mercier qualche anno dopo.

Quella notte… che notte!

La lunga sessione inizia con il piede sbagliato ma all’alba la buona stella di Jordan gira nel modo giusto e alle 7:45 del mattino MJ esce dal casinò con una pila di fiches.

Quella sera è in compagnia degli amici-giocatori Richard Hamilton e Antoine Walker che sono testimoni di una sessione da infarto per tutti ma non per Jordan abituato a ben altre pressioni.

La stella dei Bulls mette sul tavolo 100 chips blue, dal valore di 5.000 dollari l’una. Lo stake di partenza è di mezzo milione di dollari. Fa sul serio e il suo spirito competitivo lo costringe a stare al tavolo anche quando le cose si mettono molto male. Alle 5 del mattino continua a perdere nonostante avesse alzato la posta a 15.000 dollari a puntata.

Mano persa dopo mano persa, decide di fare quello che nessun gambler dovrebbe fare per recuperare, ovvero aumentare la posta e ancora di più la pressione sul banco ma anche su se stesso, facendo tre scommesse contemporanee allo stesso tavolo (da tre postazioni differenti) per 15.000 l’una. In questo modo a ogni mano ha sul tavolo 45.000 dollari.

All’alba la fortuna gira finalmente dalla sua parte e alla fine il dealer rimane senza chips da 5.000 dollari, per far capire l’ “andazzo”.

Logico che rabbrividiamo solo a pensare a cifre del genere, ma MJ l’ha spiegato anche in Last Dance che per lui erano e sono somme che non andavano ad incidere minimamente sui suoi asset e sul suo patrimonio personale. Michael Jordan è stato il primo sportivo a raggiungere il miliardo di guadagni (grazie alle percentuali sulle vendite sulle Air Jordan e altre scarpe legate a lui che gli versava e gli versa la Nike). Di fatto – quella sera – stava facendo puntate che per noi potrebbero rappresentare un dollaro. In ogni caso la nostra raccomandazione è sempre quella di usare il cervello quando entrare in un casinò e di comportarvi in modo responsabile, pensando sempre a quelle che possono essere le conseguenze alle vostre azioni a livello personale e familiare.

Jordan e il poker

Walter e Hamilton sono stati testimoni quella notte di uno swing di quasi 1,3 milioni di dollari.
Jordan non è solo appassionato di blackjack e golf (con annesse scommesse personali) ma è un grandissimo amante del poker e dei giochi di carte. E su questo aspetto ci sono molte testimonianze curiose, tra le quali anche quelle di Phil Hellmuth che vi andremo a raccontare nella prossima puntata. Vi anticipo già che il suo bankroll e la sua determinazione nel voler vincere, oltre alla sua buona preparazione, ha spaventato molti professionisti. Non tutti amano sedersi al tavolo con MJ e nel prossimo paragrafo potere anche capire perché.

Michael Jordan: il suo patrimonio miliardario

Secondo Forbes, nel corso dei suoi sedici anni di carriera sportiva, Michael Jordan ha guadagnato 94 milioni di dollari, diventando il giocatore più pagato della lega nel 1997 e nel 1998. Tuttavia, è fuori dal campo che Jordan ha veramente brillato, accumulando un patrimonio lordo di circa 2,4 miliardi di dollari grazie a partnership con marchi di primo piano come McDonald’s, Gatorade, Hanes e, ovviamente, Nike, che gli ha consegnato un assegno annuale di circa 260 milioni di dollari.

Ma il colpo più grande di Jordan è arrivato nell’ agosto 2023, quando ha venduto la sua quota di maggioranza nella squadra NBA degli Charlotte Hornets, la ventisettesima franchigia più preziosa del campionato, per una cifra strabiliante: tre miliardi di dollari. Questa vendita rappresenta il secondo prezzo di vendita più alto nella storia della NBA, quasi 17 volte il valore che Jordan aveva pagato per la squadra nel 2010. Anche se avesse venduto la squadra al valore più recente stimato da Forbes, pari a 1,7 miliardi di dollari, sarebbe stato comunque un affare.

Questa transazione ha portato Jordan in una posizione unica. Con un patrimonio netto stimato di tre miliardi di dollari, l’ex campione è entrato nella classifica Forbes 400, diventando il primo atleta professionista a far parte della lista delle persone più ricche degli Stati Uniti. Questo è un ulteriore testimonianza del successo straordinario di Jordan, sia come atleta che come imprenditore.

Potete capire perché per lui certe somme scommesse che paiono fuori da ogni logica per noi, per lui rappresentavano pochi spiccioli, una percentuale minima del suo patrimonio.

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Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.