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Casinò di Venezia, il caso Vannini e la sanzione alla sala da gioco: la storica sentenza della Cassazione

Ci sono storie che, a distanza di anni, ritornano come un’eco nelle aule di tribunale. Storie che parlano di uomini, di debolezze e di sistemi chiamati a vigilare e che a volte falliscono la loro missione.

E in questo intreccio di destini, leggi e omissioni, si colloca la vicenda di Silvio Vannini, un broker di provincia, il Casinò di Venezia e una sentenza della Corte di Cassazione che ridisegna i confini della responsabilità.

Della vicenda vi abbiamo dato tutti gli aggiornamenti giudiziali. Ma facciamo ordine sulla storia in ordine cronologico per chi si fosse perso le puntate precedenti.

Il crollo di un uomo e un sistema che non vigila

È il 15 marzo 2015 quando Vannini entra nella caserma della Guardia di Finanza di Forlì, inizia la vicenda. È un uomo distrutto. Nella notte ha perso 70 mila euro al Casinò di Venezia, soldi che non erano suoi ma dei clienti che gli avevano affidato fiducia e risparmi.

Davanti ai militari racconta tutto: le perdite, le giocate, il vortice che lo ha trascinato per anni. Documenta ogni cifra. Confessa di aver bruciato quasi dieci milioni di euro, metà dei quali ai tavoli della casa da gioco lagunare.

La confessione gli evita il carcere, ma apre un altro fronte, quello del controllo istituzionale. Perché, si chiede la magistratura, come può una tale quantità di denaro passare inosservata?

Le indagini e la prima condanna

Dopo anni di procedimenti, la Corte d’Appello di Bologna chiude il capitolo penale nel 2023. Vannini è assolto per prescrizione: la truffa si estingue nel tempo, ma gli investitori rimangono senza un euro.

Il caso, però, si sposta sul piano amministrativo.

Il ministero delle Finanze contesta al Casinò di Venezia una sanzione di circa 250 mila euro per non aver vigilato adeguatamente sui movimenti del broker, ritenendo insufficienti i controlli in materia di antiriciclaggio e tracciabilità dei fondi.

La posizione del Casinò di Venezia

Il Casinò respinge le accuse. Spiega che le proprie procedure prevedono verifiche precise: controllare chi cambia il denaro, monitorare che le fiches non vengano passate di mano, accertarsi che chi vince ritiri a proprio nome. E tutto questo, nel caso di Vannini, sarebbe stato rispettato.

L’uomo giocava regolarmente, cambiava il denaro, scommetteva. Nulla di anomalo, secondo la società.

Ma per i giudici la questione non è solo formale.

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Il Casinò deve compiere una valutazione complessiva del comportamento del cliente, considerando ogni elemento noto, la frequenza, l’origine dei fondi, il profilo di rischio.

Ordinanza - Corte di Cassazione

La Cassazione: “Serve una valutazione globale del cliente”

La Corte di Cassazione, investita del ricorso, ribadisce che l’obbligo di vigilanza non può fermarsi alla superficie delle operazioni.

Il Casinò — si legge nell’ordinanza — deve compiere una valutazione complessiva del comportamento del cliente, considerando ogni elemento noto, la frequenza, l’origine dei fondi, il profilo di rischio.

In sostanza, l’obbligo di diligenza non è una lista di spunte da completare, ma un dovere continuo di osservazione e di prudenza.

Non basta che il denaro venga cambiato e giocato: bisogna chiedersi da dove arriva e se tutto torna con ciò che si conosce del cliente.

La sede storica del Casinò di Venezia
La sede storica del Casinò di Venezia (photo by Assopoker)

L’anomalia degli assegni e la nuova sanzione

C’è un dettaglio che diventa centrale nella disputa legale: Vannini pagava le giocate con assegni circolari emessi da venti diverse banche.

Un segnale che, secondo i giudici, avrebbe dovuto allertare gli uffici della casa da gioco.

Non si trattava di un episodio isolato, ma di un comportamento prolungato nel tempo, con volumi elevatissimi di giocate e strumenti di pagamento eterogenei.

Per la Suprema Corte, quella era una “anomalia evidente” che imponeva un approfondimento o una segnalazione tempestiva alle autorità competenti.

Sanzione confermata ma ridotta

Gli Ermellini danno però ragione al casinò su un punto: la sanzione deve essere rideterminata al ribasso, rispetto ai 250 mila euro iniziali. La Corte d’Appello di Venezia stabilirà la cifra definitiva, ma la sostanza resta: la casa da gioco dovrà versare la multa al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Vannini, oggi settantenne, ha completato un percorso terapeutico per affrontare la sua dipendenza.

Settantina, invece, le persone che non rivedranno mai i loro risparmi, un bello scandalo.

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Il senso di una sentenza

Al di là delle cifre e delle carte processuali, questa sentenza tocca una questione profonda: quanto deve spingersi la responsabilità di chi gestisce denaro, flussi, fiches, conti per conto dello Stato? I casinò pubblici sono concessionari, svolgono una funzione che lo Stato delega loro.

Abbiamo pubblicato la scorsa settimana altre due sentenze della Cassazione proprio sul ruolo dei manager dei casinò concessionari pubblici e sulla natura dei debiti di gioco dei players.

Sarà importante capire se i principi contenuti nelle sentenze e nelle ordinanze della giurisprudenza di legittimità saranno applicabili anche per i casinò legali online concessionari.

Non è un giudizio etico sul mondo del gioco, ma un richiamo quello dei giudici sul dovere di attenzione, sul confine tra libertà individuale e sorveglianza collettiva.

Una linea sottile che, nel mondo di oggi, attraversa banche, piattaforme, casinò e ogni luogo in cui il denaro viene movimentato. Dieci milioni di euro non possono passare così inosservati.

In fondo, come sempre, non è una storia di numeri ma di uomini. Di chi cade, di chi vigila, e di chi — troppo spesso — arriva quando la partita è già finita.

Editor in chief
Iscritto all'ordine dei giornalisti da più di 25 anni, vivo a Malta dal 2012, laureato in giurisprudenza, specializzato nello studio dei sistemi regolatori e normativi del settore dei giochi nel Mondo e nella comunicazione responsabile nel mercato legale italiano alla luce del Decreto Balduzzi e del Decreto Dignità (convertiti in legge). Forte passione per lo sport e la geopolitica. Fin da bambino, sfogliando il mitico Guerin Sportivo, sognavo di fare il giornalista sportivo, sogno che ho realizzato prima di passare al settore del gaming online. Negli anni universitari, ho iniziato anche il lungo percorso da cronista in vari quotidiani e televisioni. Dai primi anni 2000 ho lavorato anche nel settore delle scommesse e nel 2010 sono entrato nella grande famiglia di Assopoker per assecondare la mia passione per il poker texas hold'em.
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