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Antonio Esfandiari, l'America nel poker

Antonio Esfandiari: non è sempre stato così facileAntonio Esfandiari, originario dell'Iran, può ben dire di aver trovato l'America grazie al gioco del poker, ma nonostante oggi sia un giocatore ricco e famoso, questo non significa che il suo percorso sia stato semplice.

Antonio è infatti cresciuto nel bel mezzo di una guerra fra il suo Paese e l'Iraq, guerra che poi convincerà il padre a varcare l'oceano in cerca di fortuna, a prezzo di enormi sacrifici: "Per diversi anni ci sono stati bombardamenti a distanza di qualche giorno, continui annunci alla radio e fughe nei rifugi. Poi tornavi in superficie e vedevi edifici crollati sulla strada - racconta a PokerNews - io e mio fratello eravamo bambini, ma tutti cercavamo di rimanere positivi".

"Mio padre è diventato il mio eroe perché ha mollato tutto pur di provare a donarci una vita migliore - spiega - non era facile venire negli Stati Uniti, senza conoscere nessuno, e lavorare tutto il giorno per cercare di far funzionare le cose. Mia madre fu costretta a tornare in Iran, per non gravare su di noi, e così mi crebbe soprattutto mia nonna. Quando arrivai non conoscevo una parola in inglese, mi ci vollero sei mesi prima di poter parlare con qualcuno".

A scuola le cose andavano bene per lui, Esfandiari era uno studente modello, ma poi le cose cambiarono quando il suo chiodo fisso diventò uno solo: diventare un mago, in modo da poter creare in futuro un proprio business. "Volevo diventare il nuovo David Copperfield, e non mi importava più di niente, arrivavo ad esercitarmi anche dodici ore al giorno, ed a sedici anni scappai perfino di casa - ricorda oggi divertito - fui capace di affittare una stanza, e non chiesi mai a mio padre neppure un dollaro".

Del resto, Antonio era abituato a darsi da fare fin da piccolo.

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A nove anni vendeva giornali, poi a quattordici è diventato un cameriere, ma una volta scoperta la magia anche l'università venne ben presto messa da parte.

"Ormai vivevo nel mio appartamento, uscivo con i miei amici, venni risucchiato dalla vita. I miei voti finirono col peggiorare e ormai non mi interessava più studiare, finché non scoprii il poker. Per un paio di settimane feci anche un lavoro "normale", ma dopo aver scoperto il gioco non trovai più la forza per tornare in ufficio, e da allora non ho più smesso".

Certo non è diventato il nuovo David Copperfield, ma a conti fatti chissà che non sia addirittura meglio così.

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