Quando Joe Ingram chiese a Dan Colman di raccontare le partite private di Manila, il fortissimo professionista statunitense si rifiutò di parlarne pubblicamente. "Sono stato a Manila e ho partecipato alle partite private high stakes, ma non ho voglia di parlarne", spiegò "mrGR33N13". "È un mondo nascosto e pazzo, e la gente non vuole che se ne sappia niente. Quindi non posso parlare di Dwan o di altro".
Colman è uno dei tanti giocatori che hanno solo sfiorato l'argomento senza affrontarlo completamente. Ma d'altronde questa è la natura delle partite private, che si chiamano così per un motivo ben preciso: preservare la privacy dei partecipanti e soprattutto celare al dominio pubblico le cifre perse da alcuni nomi noti.
Nel corso del podcast del solito Joe Ingram, anche Phil Galfond ha parlato a lungo di questi ricchissimi home games. Il suo discorso parte però da più lontano, ovvero dall'indecisione se sia più conveniente giocare dal vivo oppure online. Per un professionista statunitense questa decisione ha anche delle forti ripercussioni sulla vita privata, visto che giocare online significa necessariamente trasferirsi in Canada. Ma questo non è certamente l'unico fattore determinante: al centro di tutto c'è la qualità del gioco.

"Mi conviene restare a giocare dal vivo imparando i Limit Games per prendere parte alle partite di Las Vegas oppure tornare a giocare online dove guadagnerò molto meno ma manterrò alto il mio livello di gioco?", si è chiesto Galfond nel corso della chiacchierata con ChicagoJoey. "Dal vivo, non avendo un sample importante, è molto più facile essere result oriented. Un mio amico è passato a giocare esclusivamente live qualche anno fa e giocando soprattutto a Macao ha vinto molto bene. Lui e altri reg hanno vinto più di quanto abbia vinto io online, ma ora il loro gioco non è più al top".
Alla base della difficoltà nel scegliere tra live e online c'è anche il declino della scena high stakes, che non fa altro che alimentare i dubbi di Phil Galfond: "A parte il periodo estivo, ormai tutta la scena high stakes si sta spostando verso le partite private. Se l'online dovesse continuare nel suo declino non vorrei perdermi il treno del live. Anche se in realtà uno l'ho già perso, ed è quello per Macao".
Per "MrSweets28" certe partite da sogno rappresentano ormai un'occasione sfumata: nonostante sia da anni nella cerchia high stakes, non si è mai seduto ai tavoli che contano davvero in Asia. Il motivo è piuttosto semplice ed quasi una garanzia del fatto che a Macao o a Manila non ci sarà posto per lui neanche in futuro: "Non mi sono messo nella posizione ideale per essere invitato a queste partite: visto che molte persone mi pagano per avermi come coach, ho la reputazione di essere un giocatore molto forte e loro non vogliono personaggi del genere nelle loro partite private. Non ci provo neanche a farmi invitare, a dir la verità. Ho smesso di sperarci".

Quando si sente Daniel Negreanu parlare di reputazione, probabilmente il riferimento è anche a queste situazioni. Non che Phil Galfond debba sentirsi in colpa perché ha un'ottima nomea di giocatore e coach (tutt'altro), però è noto che i gambler asiatici vogliano circondarsi solo di player disposti a giocare d'azzardo. Per questo motivo Phil Ivey e Tom Dwan sono costantemente presenti nelle partite più alte del mondo. A proposito, Galfond non poteva scampare alla domanda sul suo amico "durrrrr" e sul periodo apparentemente difficile che sta vivendo.
"Non so molto su cosa stia facendo. Non ci parliamo più come una volta", ha spiegato soppesando al meglio le parole. "Ci siamo scritti tre giorni fa, quindi direi che è vivo e al sicuro a meno che qualcuno lo abbia ucciso e stia utilizzando il suo telefono (ride, ndr)! Scherzi a parte, non lo vedo da un po'. So che è sempre in giro per qualche partita super segreta, quelle a cui io non vengo invitato. Ma non so più molto di lui".
In conclusione, Phil parla anche della "Durrrr Challenge", tornata improvvisamente di moda dopo le dichiarazioni di Doug Polk e David "Viffer" Peat: "Non credo proprio che sia uno scam (in riferimento alle accuse di Polk, ndr). Ovviamente quando l'ha iniziata aveva intenzione di finirla, poi è arrivato il Black Friday e dopo non c'era nemmeno più Full Tilt dove poter giocare. Dovrebbero solo lasciargli del tempo, dovrebbero parlarne e nel caso in cui Tom non volesse più concluderla dovrebbe pagare la somma pattuita. Ma io non so davvero cosa stia succedendo tra i diretti interessati".