C'è stato un periodo, anche abbastanza lungo, in cui le sfide e le rivalità erano il sale del poker. Oggi non è più così, essendo il movimento molto ridimensionato. Ma c'è da guardare con nostalgia alle sfide Tom Dwan e Patrik Antonius o anche tra Dario Minieri, Giacomo Loccarini, Lucio Martelli?
In questo Articolo:
L'Arte della guerra
Il poker è un gioco, ma anche una guerra. Una guerra mentale, psicologica, sottile, che mira alla sopraffazione del prossimo. Non a caso uno dei testi cruciali per la strategia pokeristica non solo non vede descritta neanche una mano di gioco, ma non riguarda affatto il poker ed è stato scritto più di 2500 anni fa: parliamo ovviamente de "L'Arte della Guerra" di Sun Tzu.
Il poker è una guerra, dunque, la cui massima diffusione è tuttavia occupata da una versione "annacquata", perché sia tornei sia cash game si giocano per la maggior parte in tavoli da 9 o 6 giocatori. Anche lì lo scontro mentale esiste, ma è reso più saltuario dalle differenti dinamiche del gioco 6-max o 9-max. La guerra vera e propria del poker, invece, trova la sua espressione più compiuta nella modalità testa a testa.

"Poker is a game of people", diceva Amarillo Slim. Essendo un gioco di persone, ciascuna delle quali è spesso convinta di essere più forte del prossimo, si arriva presto a provocazioni e sfide. Ciò è sempre accaduto nelle partite casalinghe come tra grandi giocatori. In quest'ultimo caso, negli anni del boom del poker si sono create diverse rivalità che hanno segnato le varie community. Vi dirò di più: le sfide tra grandi campioni hanno sempre portato picchi di traffico incredibili, per siti e forum di settore.
Dario Minieri, l'uomo delle sfide (giocate e non)
Sapete perché Dario Minieri è diventato Dario Minieri? La risposta "per il suo gioco iperaggressivo e spettacolare" è corretta, ma non basta a spiegare la popolarità del giocatore romano, oggi 34enne. Fin dagli inizi della sua carriera, Darietto non si è mai sottratto a lunghe sfide con diversi rivali. Una modalità, quella della sfida, che ben si adattava al suo essere specialista di Sit'n'Go Heads Up. Già nel 2007 in tantissimi seguivano le sue lunghe sessioni con Steven "stevesbets" Jacobs negli heads up da 2.250 e 5.000 dollari su PokerStars.com, di cui peraltro Minieri rendeva conto anche nel suo seguitissimo blog del tempo.
Sempre Dario diede vita a una sfida altrettanto intensa ma decisamente più amichevole con Alioscia Oliva, suo amico oltre che a sua volta tra i migliori specialisti di sit hu sempre su PS, con il nickname "alessio". In questo caso si trattava di HU da 100€.

Minieri non è famoso per le sfide giocate, ma anche per quelle non giocate. Una su tutte, quella con Lucio "luciom" Martelli, con cui più volte si era stuzzicato a parole e ne scaturì una sfida heads up cash game che nel 2011 infiammò - e poi deluse - l'intera comunità pokeristica italiana. La deluse perché la sfida non andò mai in porto, poiché i due non si misero mai d'accordo sulle condizioni della stessa.
Si giocò invece la sfida cash heads up tra lo stesso Martelli e Giacomo "ita.Dred" Loccarini, su 4 tavoli al NL1000 dell'allora Full Tilt Poker. Lo scontro terminò in sostanziale parità, ma con un leggero profit da parte di Martelli che fu dunque dichiarato vincitore. Anche in quel caso si toccarono vette di traffico incredibili, anzi ricordo che su Assopoker lanciammo un servizio di live chat per seguire la sfida, una chat che stava letteralmente esplodendo.
Perché la gente impazzisce?
Perché la gente è sempre impazzita per le sfide? Perché vuole vedere il sangue (pokeristicamente parlando, s'intende). Vedere due ego smisurati che giocano all'autoscontro, nell'attesa che uno dei due vada sbriciolato, è uno spettacolo che ha un suo perché. Inoltre le sfide hanno sempre rappresentato tentativi di stabilire gerarchie "certe" in un dato momento, in un gioco che ha solo certezze di lungo periodo. Ovviamente tutto questo, prima che in Italia, ha funzionato nel mondo.
Oggi ogni tanto leggete della "Durrrr Challenge" tra Tom Dwan e Daniel Cates, e della penale che il primo avrebbe accettato di pagare dopo anni senza riuscire a portare a termine la sfida. Quello che però forse pochi di voi ricordano è che quella era la seconda "Durrrr Challenge", perché la prima c'era già stata: contro Patrik Antonius.
Dwan aveva sfidato chiunque (tranne Phil Galfond) a giocare 50.000 mani Pot Limit Omaha su 4 tavoli $200/$400 e una invitante regola: alla fine delle mani previste, oltre al profitto maturato al tavolo, il vincitore avrebbe ricevuto una cifra extra di 500.000$ dal perdente. Ma se a perdere fosse stato Dwan, la cifra sarebbe stata di ben 1.500.000$. Contro il campione finnico, tuttavia, "durrrr" giocò meno di 40mila mani prima che i due si accordassero per una uscita dalla sfida, con Dwan avanti di oltre 2 milioni di dollari. Due-Milioni-Di-Dollari.

Perché non ci si sfida più
Oggi il panorama è cambiato moltissimo, il mercato ha avuto varie contrazioni e le sfide sono sparite. Perché? Perché oggi girano cifre molto inferiori a quelle dei tempi d'oro, ma la vera ragione è un'altra: in un'ottica da giocatore professionale le sfide non avevano, in realtà, molto senso. Per quale ragione, infatti, uno squalo dovrebbe perdere tempo a scannarsi con un altro squalo, mentre il mare è pieno di prede più facili? Questa è la ragione principale per cui tra Minieri e Martelli non se ne fece nulla, e la cosa è più che comprensibile: erano i primi tempi del cash game online .it e i due erano tra i top winner.
Oggi il traffico è molto calato, dunque in teoria verrebbe un po' meno la motivazione del guadagno orario e dei fish a cui dare la priorità. Tuttavia, seppure per altre ragioni, i poker pro hanno sicuramente altro a cui pensare che imbarcarsi in sfide per misurare il testosterone. Ad esempio cercare modi per ampliare i propri margini di guadagno, visto che oggi - contrariamente al periodo in cui impazzavano le sfide - non ci sono più gli eventuali valori aggiunti dati dalle sponsorizzazioni.
La componente X
Non dimentichiamo infine la componente che forse rende le sfide pokeristiche più frizzanti che in altri ambiti: la run. In genere le sfide si programmano su un numero di mani o di partite medio-alto. In tal modo, come si usa dire impropriamente nel poker, si cerca di "abbattere la varianza". Tuttavia la componente aleatoria non è in alcun modo cancellabile, nemmeno se due giocatori si sfidassero per un numero di mani o partite tale da richiedere anni di impegno. Diverso è invece negli scacchi dove, dato un predefinito numero di partite, si può determinare con certezza il vincitore senza che l'altro accampi scuse.
Gli stimoli e le "auto-sfide"
Alla fine l'unica ragione legittima per cui le sfide avevano senso è nello stimolo extra che rappresentavano per un giocatore. Però, da qualche anno a questa parte, quasi tutti i giocatori a caccia di stimoli per rendere meglio ai tavoli lanciano sfide con se stessi: tot profit da realizzare in tot numero di mani o partite, oppure i classici bankroll challenge (da 0 a 10.000€ giocando i microlimiti eccetera), magari accompagnati dall'ormai immancabile streaming su Twitch. Una sfida con se stessi è comunque impegnativa, se lo sono gli obiettivi, ma è molto più fattibile non dovendo incrociare gli impegni di due persone, bensì di una sola.