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Poker Italia Mafia

Come le quattro famiglie storiche di Cosa Nostra si sono riprese il poker e le scommesse illegali a New York

Nella Grande Mela ci sono nomi che non tramontano mai: Genovese, Gambino, Bonanno, Lucchese. E si leggono nelle carte della recente inchiesta dell'NBA sulle partite di poker truccate a New York e il giro di scommesse clandestine che ha visto anche coinvolti membri della lega di basket statunitense.

Sembravano relegati ai film di Scorsese, alle fotografie in bianco e nero degli anni Settanta, ai processi di Giuliani e alle intercettazioni di “The Commission”. Invece, eccoli di nuovo. Non più nei bar di Little Italy, ma nei salotti degli Hamptons. Non più con pistole e valigette, ma con chip RFID e software di tracciamento carte, pronti a organizzare home games high stakes di alitssimo livello che sfruttava anche la presenza di personaggi famosi dell' NBA.

Giovedì, le autorità federali di New York hanno annunciato di aver smantellato un sistema di partite truccate di poker e scommesse clandestine legato a quattro delle cinque famiglie storiche di Cosa Nostra americana. Potete leggere qui l'articolo del nostro Domenico Gioffrè che riporta i dettagli dell'inchiesta.

Un intreccio di ex campioni NBA, uomini d’affari e vecchi “soldati” che avevano trovato il modo di aggiornare un mestiere antico: ingannare, scommettere, riciclare.

Dai sotterranei ai loft di Manhattan

Le vittime venivano attirate con la promessa di partite esclusive, tavoli da poker riservati, presenze illustri.

A rendere credibile il tutto, nomi familiari del basket professionistico. Secondo gli investigatori, ex stelle NBA e figure ancora attive avrebbero fatto da specchietto per le allodole, garantendo prestigio e discrezione.

Dietro il fumo dei sigari e il fruscio delle carte, però, lavorava la vecchia macchina criminale: associazione a delinquere, frode telematica, estorsione, riciclaggio. Solo aggiornate al linguaggio di oggi.

Poker mafia

Tre imputati risultano coinvolti anche in un giro di scommesse illegali sull’NBA.

L'inchiesta sul poker - come ricordato dal nostro Gioffrè - ha portato all’arresto dell’allenatore dei Portland Trail Blazers, Chauncey Billups.

Tra partite private e scommesse la truffa stimata da parte di Cosa Nostra è in almeno 7 milioni di dollari, costruita come un pick-and-roll perfetto tra insider, bookmaker e clan.

Il giovedì nero della NBA

Doveva essere la notte dei nuovi eroi — l’esordio di Cooper Flagg, le magie di Wembanyama — ed è diventata la mattina delle manette, quella di giovedì, con 30 persone arrestate dall'FBI.

Al centro dello scandalo, tre nomi noti: Terry Rozier, Chauncey Billups eDamon Jones.

Rozier, guardia dei Miami Heat, è accusato di aver passato informazioni riservate a un gruppo di scommettitori, suggerendo di puntare al ribasso sulle sue prestazioni in una partita del 2023. Una “soffiata” che, se confermata, trasformerebbe il parquet in un tavolo da gioco.
L’avvocato grida al linciaggio mediatico, ma il danno è fatto: l’immagine è più pesante del verdetto.

E poi c’è Billups, leggenda dei Pistons e oggi allenatore dei Portland Trail Blazers. Per lui le accuse sono diverse: partite di poker truccate, tavoli privati collegati a personaggi vicini a Cosa Nostra, macchine mescolatrici modificate e tecnologia a raggi X per leggere le carte.

Sembra la sceneggiatura di un film sulla mafia, e invece è la realtà della lega più patinata del mondo.

I nuovi strumenti del vecchio mestiere

I tavoli, installati in attici di Manhattan e ville negli Hamptons, erano il laboratorio del crimine 2.0. E pensare che solo pochi giorni fa Doug Polk ci aveva messo in guardia sull'uso - nelle partite private - delle shuffling machines. Sono perfette per essere manipolate.

Le macchine mescolatrici erano state manomesse con microchip capaci di leggere le carte, le informazioni correvano su canali criptati a un complice, il “quarterback”, piazzato al tavolo.

Telecamere nascoste nei vassoi delle fiches, occhiali con lenti intelligenti, persino scanner a raggi X integrati nei tavoli: il casinò clandestino aveva la precisione di una start-up, ma la logica di sempre — il banco non perde mai.

La mafia non muore mai? Ha cambiato forma

La lezione è amara ma prevedibile. La mafia italo-americana non è scomparsa, questo mette in evidenza l'inchiesta: ha solo imparato a usare la tecnologia, a muoversi nel silenzio che lascia ogni distrazione politica e riprendersi una parte del business sul gioco clandestino che è sempre stato sotto il suo controllo a New York, nonostante l'apertura dei casinò nel distretto.

Le notizie di cronache ci avevano avvisato di una mafia russa molto attiva nelle partite di New York (pensiamo alla vicenda giudiziaria di Molly Bloom) ma oggi - a sorpresa - a riprendersi la scena sono le vecchie famiglie mafiose di Cosa Nostra che l'opinione pubblica dava per sepolta dopo le intercettazioni ambientali degli anni '80-'90 e i processi di Giuliani.

Mentre le priorità federali si spostavano dal crimine organizzato al terrorismo, all’immigrazione (tema molto sentito negli USA e dall'amministrazione Trump), al traffico di droga, il gioco clandestino è tornato il terreno ideale per gli affari invisibili.

In fondo, cambiano gli strumenti, non gli uomini. Al posto dei coltelli ci sono gli algoritmi, al posto dei vecchi bookmakers nei vicoli ci sono app e server offshore.

Ma il principio resta identico a quello di Don Vito: “It’s not personal, it’s business.”

E a New York, il business — quello vero — non dorme mai.

Editor in chief
Iscritto all'ordine dei giornalisti da più di 25 anni, vivo a Malta dal 2012, laureato in giurisprudenza, specializzato nello studio dei sistemi regolatori e normativi del settore dei giochi nel Mondo e nella comunicazione responsabile nel mercato legale italiano alla luce del Decreto Balduzzi e del Decreto Dignità (convertiti in legge). Forte passione per lo sport e la geopolitica. Fin da bambino, sfogliando il mitico Guerin Sportivo, sognavo di fare il giornalista sportivo, sogno che ho realizzato prima di passare al settore del gaming online. Negli anni universitari, ho iniziato anche il lungo percorso da cronista in vari quotidiani e televisioni. Dai primi anni 2000 ho lavorato anche nel settore delle scommesse e nel 2010 sono entrato nella grande famiglia di Assopoker per assecondare la mia passione per il poker texas hold'em.
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