L’istinto nel poker è spesso associato semplicemente a particolari sensazioni e intuizioni che si manifestano durante il gioco, ma John Juanda è convinto che alla base di esso ci sia fondamentalmente l’esperienza accumulata nei molti anni ai tavoli da poker.
Tuttavia, tenerne conto nei momenti più concitati di un torneo può risultare difficile anche per un campione navigato come lui, e difatti ce ne dà dimostrazione in una mano giocata al Main Event delle World Series of Poker 2009 presso il Rio Hotel di Las Vegas.
Con bui 100$/200$, Juanda apre da posizione di hi-jack di 600$ con a j . Il giocatore sul cut-off 3-betta fino a 1.500$ e John decide allora per il call.
Rimasti quindi in due a contendersi il piatto, sul flop scendono j 10 a che danno al Pro di Full Tilt Poker una top two-pair ed un backdoor flush draw.
“Se rilanciate prima del flop e qualcuno vi re-raisa, spesso sta rappresentando mani forti come una coppia di assi o di kappa, oppure A-K”, spiega Juanda che, ricordiamo, in passato ha già vinto ben quattro braccialetti WSOP.
“Ma siccome un asso ce l’avevo io e un altro era già sul board, le probabilità che lui avesse gli altri due erano piuttosto basse. Più facilmente poteva avere A-K oppure KK, pertanto ho fatto check con l’intenzione di rilanciare se lui avesse puntato. Ma invece non l’ha fatto e ha semplicemente seguito il mio esempio per guardarsi il turn senza spendere nulla.”
Sulla quarta street arriva un 9 che completa un potenziale progetto di colore: “ero ancora piuttosto sicuro di avere la mano migliore. Ho quindi puntato 3.000$ che corrispondevano quasi all’entità del piatto. Lui ha fatto subito call e allora ho immediatamente pensato che avesse KK oppure AK con il K di quadri.”
Sul river scende infine un 3 che permette a Juanda di chiudere il colore terzo-nut. Dopo il suo check, l’avversario decide finalmente di prendere l’iniziativa e spinge nel mezzo chips per valore di 3.500$. “Aveva fatto check al flop e quindi non poteva avere tutta questa gran mano. Ma dopo che ha chiamato la mia sostanziosa bet al turn, dovevo cominciare a pensare che stesse inseguendo proprio il colore. Non avrebbe certo fatto call col nulla. Poteva comunque agire in quel mondo anche con KK e QQ neri. Non lo mettevo invece sulla scala perchè pre-flop non mi avrebbe 3-bettato con K-Q”.
Dopo questa spiegazione, che ci dimostra come i Pro cerchino continuamente di mettere gli avversari su uno specifico range di mani, Juanda effettua dunque la chiamata e l’opponent mostra proprio una di quelle ipotizzate in precedenza, ossia a k per il nut-flush.
“Di solito seguo il mio istinto” conclude John Juanda, “e in quella mano mi diceva chiaramente che foldare era la mia miglior opzione. Ma la sua puntata al river mi ci ha fatto ripensare e alla fine ho commesso il peggior errore che potevo fare.”