Lamentarsi, per un giocatore, sembra inevitabile: se le pressioni derivanti dal poker online possono essere davvero notevoli, bisogna fare attenzione a non scivolare nell'autocommiserazione, potenzialmente devastante non solo per un poker player.
Questa viene definita come “un sentimento di pietà verso se stessi e le proprie vere o presunte sventure”, frutto di un egocentrismo che si accartoccia su se stesso diventando consolazione, assoluzione e soprattutto ragione di immobilismo.
Autocommiserarsi, infatti, non significa semplicemente lamentarsi per qualcosa che non va per il verso giusto, ma convincersi di essere i soli a subire una certa ingiustizia, e quindi destinati a non trovare altra comprensione se non in sé.
Il nostro egoismo dimentica troppo facilmente che con buona probabilità quello che stiamo vivendo in prima persona non solo è già stato sperimentato e superato da qualcun altro prima di noi, ma anche in forma peggiore.

Inoltre, la nostra analisi della situazione è spesso viziata, incompleta, quando non addirittura autoassolutoria: non potrebbe essere diversamente, visto che in pochi riescono a rivelarsi del tutto imparziali e dunque onesti con se stessi.
Di fatto, alcuni giocatori non riescono a fare a meno di pensare che il loro periodo negativo è certamente il peggiore che sia mai stato vissuto, le loro bad beat verranno sempre presentate come le più cocenti e così via: a furia di ripeterselo non potranno che vivere una sensazione di radicata impotenza, che in fondo è la scusa di cui hanno bisogno per lasciare inalterato lo status quo.
Dirsi la verità è infatti spesso scomodo, e darsi da fare per raddrizzarla faticoso, non privo di frustrazioni e spesso foriero di miglioramenti più lenti di quelli che desideriamo: una strada che si preannuncia insomma tutt'altro che in discesa.
Chiunque di noi, nella propria vita di giocatore quanto più in generale, avrà almeno un momento in cui si sentirà vessato dalla sorte più del dovuto, a ragione o meno.
Tuttavia, cedere alla tentazione di ripetersi ogni minuto quanto sia nera la propria sfortuna non potrà migliorare le cose, innescando invece un processo ricorsivo perverso, per il quale non solo ci condanneremo all'apatia, ma vivremo nel tentativo di dimostrare continuamente a noi stessi ed agli altri quanto sia giustificato il nostro lamento, annuendo al pensiero che nulla ci sia concesso per cambiare in meglio la situazione.
Sta al singolo, in base alla propria sensibilità e natura, trovare quelle motivazioni che lo convincano a scacciare le lusinghe della via più breve ma senza sbocco preferendole una forse più accidentata e lunga, ma certamente anche l'unica capace di portarlo verso qualcosa di nuovo e verosimilmente migliore.
Che sia per orgoglio, perché sentite che così sta scritto nel vostro destino od anche solo per non piegarvi al volere degli dèi piuttosto che di vostra madre che già vi immagina perfetti impiegati parastatali, poco importa: rare sono le sorti verso le quali sarete pienamente impotenti, e difficilmente queste ultime passeranno mai da un mazzo di carte...