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Scommesse tennis: il courtsiding, la pratica vietata che sposta centinaia di migliaia di dollari

Il 17 gennaio di quest'anno era in programma l'incontro tra Novak Djokovic e Fernando Verdasco alla Rod Laver Arena di Melbourne. Parliamo quindi degli Australian Open, competizione che ogni anno inaugura la stagione del Grande Slam. Un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di tennis, ma anche per gli scommettitori: sugli incontri che si svolgono a Melbourne c'è un giro di puntate milionario.

Proprio per questo motivo, la mattina di quel 17 gennaio, due uomini estoni sono stati fermati all'aeroporto internazionale della città australiana. Perquisendo i loro bagagli, la polizia trovò un gran numero di apparecchi tecnologici per la trasmissione dei dati. Fu subito chiaro il motivo per cui i due erano a Melbourne: fare courtsiding agli Australian Open.

La pratica del courtsiding è tanto semplice quanto incredibilmente profittevole. Una o più persone assistono a un evento sportivo dal vivo e trasmettono il risultato in tempo reale ai collaboratori, che spesso si trovano dall'altra parte del mondo. La trasmissione dei dati avviene grazie a dei dispositivi elettronici simili a dei telecomandi, sui quali sono presenti pochi pulsanti. Quando un tennista fa un punto, il courtsider deve immediatamente premere il pulsante associato a quel giocatore.

Nient'altro: a ogni punto, una pressione. Eppure per svolgere questo lavoro possono guadagnare anche migliaia di dollari al giorno.

Il courtsiding, infatti, serve per ottenere un vantaggio sui bookmaker. Non avendo degli impiegati presenti a ogni singola competizione sportiva, le case da gioco variano le quote live basandosi sulla diretta televisiva o sullo streaming dell'evento in questione. Ma tra il reale svolgimento di una partita e le immagini sullo schermo c'è una differita che a volte arriva a 10 secondi. Questo piccolo lasso di tempo rappresenta una grande opportunità per fare soldi con le scommesse, ovviamente se si sa come farlo e si dispone di importanti capitali.

Il courtsiding è una pratica nata qualche anno fa, quando qualcuno ha intuito che osservare un match dal vivo vuol dire avere un vantaggio temporale sui bookmaker. Prendiamo un esempio inventato sul match tra Djokovic e Verdasco. Siamo al primo set, il punteggio è di 4-5 e Verdasco ha un set point sul 30-40. Djokovic è al servizio e dopo un lungo scambio viene trafitto da un dritto dello spagnolo. Il set va a Verdasco, pertanto la quota della sua vittoria finale scende da 4.00 a 2.80.

Ora, se noi siamo presenti fisicamente al match ci rendiamo conto immediatamente del punto di Verdasco; ma i bookmaker che hanno la sede operativa dall'altra parte del mondo (spesso in Regno Unito), se ne renderanno conto solo qualche secondo dopo. In quel lasso temporale tra l'effettivo punto di Verdasco e il punto mostrato dalla diretta televisiva o streaming, uno scommettitore esperto e preparato può piazzare una scommessa su Verdasco vincente a 4.00, sapendo che ha già vinto il set.

A questo serve il courtsiding, e può fruttare decine di migliaia di euro ad incontro grazie soprattutto ai siti di betting exchange come Betfair.com, dove sono gli utenti a scambiarsi le quote. I bookmaker tradizionali hanno infatti sistemi molto veloci per la ricezione dei dati, mentre nell'exchange non si gioca contro il banco, bensì contro altri giocatori che non possono certamente disporre delle stesse strumentazioni avanzate.

Si tratta di una pratica non propriamente illegale, ma comunque vietata dalle organizzazioni sportive. Ai due estoni fermati all'aeroporto di Melbourne, ad esempio, è stato negato il visto per entrare in Australia dopo che le autorità locali hanno discusso del caso con i responsabili degli Australian Open.

Anche se non si tratta di truccare le partite e non c'è alcun contatto diretto con gli atleti, il courtsiding è comunque un'attività vietata dai bookmaker. Chi riesce a padroneggiare questa tecnica, infatti, si prende un vantaggio tecnico che non è basato sulle abilità. Inoltre non è raro che dietro ci siano organizzazioni criminali coinvolte nel match-fixing. Una pratica oscura, che sembra uscire dalla sceneggiatura di un film ma che nella realtà può fruttare centinaia di migliaia di dollari all'anno.

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