Certe mani, nel poker, sono semplicemente scritte: a prescindere da come decidiamo di giocarle non possiamo che perderle. Questo, però, non significa che non possano insegnarci qualcosa.
Stiamo giocando un torneo su PokerStars da 55 dollari: i bui sono a quota 300/600 ante 70, siamo in posizione di bottone con a k ed il nostro stack è di 35 big blinds.
Da middle position un giocatore con uno stack di 16.800 fiches apre il gioco a 1.200. E' il nostro turno, e 3-bettiamo a 4.200. I bui passano, l'original raiser va all-in e noi chiamiamo: lui gira a a e vince il piatto. Un cooler, certo, ma non è tutto qui.
Al posto di hero, la maggior parte dei regular che ha commentato la mano ha concordato che la giocata standard è quella di 3-bettare per chiamare un all-in, preferibilmente non con quella size. E' meglio infatti una 3-bet di circa 2.700 fiches, che può indurre l'original raiser a 4-bettare all-in anche mani che dominiamo, come a q o a j .
Non è però da scartare a priori neppure una linea alternativa, quella di flattare il rilancio, per indurre una 3-bet all-in da parte dei giocatori sui bui, che hanno stack attorno ai 20 big blinds: questa opzione diventa particolarmente valida se sappiamo che si tratta di giocatori capaci di farlo con un range relativamente ampio in questa situazione.
Da notare come l'esito di questa mano specifica finisca con l'essere, di fatto, sempre lo stesso. Il nostro obiettivo generale, infatti, non è salvarci da situazioni imparabili, ma "semplicemente" fare la giocata migliore.