Chi ha iniziato qualche anno fa a giocare a poker, ricorderà bene che il percorso che lo ha portato a non mollare e perseverare, non è stato originato immediatamente dalla smania di vincere dei soldi, che è comunque il goal finale di tutto il carrozzone, ma per tutta una serie di ragioni altre che coi soldi hanno ben poco a che fare.
La mancanza del poker online
In Italia il "nuovo poker", per dirla alla Zumbini, faceva il suo primissimo ingresso nel nostro Paese tra il nuovo e il vecchio millennio, quando in quel di Nova Gorica, a pochi passi dal confine con l'Italia, si giocava il Limit Texas Hold'Em, ed alcuni tra gli esponenti più nobili della disciplina si fecero strada di lì a poco.
Del poker online non si sentiva nemmeno parlare. Le prime partite home games, cominciarono a fiorire in più di un domicilio domestico e, in virtù di una completamente assente regolamentazione del gioco live ( che peraltro paghiamo in termini di arretratezza anche ai giorni nostri ), nacquero i primi circoli di Texas Hold'Em, tutti, o quasi, armati di spirito costruttivo.
Il poker online arrivò nel nostro Paese pochi anni più tardi, probabilmente, vado a memoria, intorno al 2004, quando era permesso, anche qui alla luce di una totale miopia a livello organizzativo, aprirsi un conto online sui dot.com, alla completa luce del sole.
Erano i tempi in cui i mostri sacri internazionali cominciarono a insediarsi nella mente dei nostri giocatori.
La sfida più o meno concreta ai "Moneymaker"
Il tutto fu spazzato via dalla prestazione di Chris Moneymaker nel 2003, che per pochi dollari vinse il suo posto alle World Series Of Poker che, dopo una settimana di gioco, gli permisero di diventare il vero volano di un movimento che, come una maionese impazzita, fece proseliti in tutto il mondo.
Da quel momento, ancora più del denaro, che fa da motivazione massima nella maggior parte dei campi sociali della nostra vita, l'obiettivo principale di chi iniziava in quel periodo, era, intanto capire il meccanismo del torneo, che oggi può sembrare una cosa banale, ma che per un'Italia che usciva da almeno 50 anni di poker all'"Italiana", quello a 5 carte per intenderci, era la cosa meno scontata di questa terra e poi provare a sfidare quelli che in TV sembravano i più forti e arrivare a giocare i tornei più importanti del mondo che, in quel momento storico erano ovviamente negli Stati Uniti.
È ancora così?
Chi vi scrive non ha la possibilità, se non per sentito dire dagli innumerevoli amici che, beati loro, hanno un'età ben più verde della mia, di sapere quali possano essere i moti interni che spingono a cominciare a giocare a poker.
Forse un periodo storico meno florido, anche e soprattutto economicamente, spinge alcuni di loro a buttarsi in un mondo in cui solo i migliori emergono, a provare una via alternativa a quella di un percorso di vita, chiamiamolo così, "tradizionale", mi si passi il termine.
Solo i soldi quindi? No, non penso sia così. Probabilmente oggi i soldi rappresentano un tramite per arrivare a sfidare i nuovi campioni, dal più bravo della sala da poker con cui ti scontri, fino ai top italiani come Sammartino, Musta, Speranza e compagnia, per chiudere il cerchio e sedersi al tavolo contro i "top-mondo", sempre ammesso e non concesso che i tre appena citati non siano top mondo.
Concludendo, ognuna delle nuove leve, del "sangue nuovo" che comincia oggi, o che comincerà domani, inizia il suo percorso di passione verso il poker per i motivi che reputa più opportuno.
Conosco tutta una serie di giovani talenti del poker che non hanno ancora superato i 20 anni e nei quali riconosco quel tipo di passione che avevo io 20 anni fa, quando più o meno essi nascevano.
Io sono ancora sicuro, al pari qualcuno di loro, che un bluff riuscito bene contro il più bravo della sala, non possa essere quantificato parimenti ai soldini vinti alla fine del torneo.
Ma ognuno, di questo ho sempre preso atto in 20 anni di lavoro in questo meraviglioso mondo, ha le sue priorità. Buon river a tutti.