Diversi gli attori, ma stesso copione. Quando si tratta di aprirsi e relazionarsi al mondo esterno, il poker palesa i soliti problemi di comunicazione e rappresentatività. L'ultimo esempio viene dagli USA e dalla CNBC, che ha ospitato un dibattito sulla legalizzazione del poker online.
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IL POKER ONLINE SU "POWER LUNCH"
Ospiti dei conduttori Tyler Mathisen, Melissa Lee e Brian Sullivan erano il reverendo James Butler e Jason Somerville. Il primo è a capo della CCAGE (California Coalition Against Gambling Expansion), mentre il secondo non ha bisogno di presentazioni.

IL REVERENDO E I SUOI (FANTA)STUDI
Il dibattito viene subito acceso da Butler, che cerca di smontare l'argomento delle revenue che porterebbero guadagni. Il reverendo menziona non meglio precisati "studi", secondo i quali il rapporto tra guadagni e perdite sarebbe negativo addirittura per 3 a 1. Butler sostiene che negli stati che hanno usato il gioco online come risorsa sono in aumento crimine, disoccupazione, fallimenti, costi di welfare e cose di questo genere. L'argomento appare come il classico, goffo terrorismo mediatico usato dai detrattori del gioco online.
LA VERSIONE DI JASON
La parola passa a Jason Somerville, che si trova in studio con i conduttori e parla della propria esperienza. Jason racconta di come perse migliaia di dollari in una notte per colpa di un sito non sicuro. Il riferimento è quasi certamente al black friday che mise fine alla storia di room come Ultimate Bet e la vecchia Full Tilt. Somerville cerca di spiegare quanto sia importante avere la possibilità di giocare su siti regolamentati, che contrastino il gioco minorile e problematico.
Somerville quindi racconta di quando dovette lasciare New York per trasferirsi in Canada in modo da continuare a giocare online. Il pro statunitense si chiede infine perchè in USA chi gioca a poker non possa godere degli stessi diritti di chi scommette sui cavalli, compra biglietti della lotteria o gioca ai DFS.
Il dibattito è piuttosto breve e sarebbe interessante sentire la risposta del reverendo agli ultimi argomenti di Jason. Ma il punto è un altro ed ha a che fare con il modo di presentarsi.
MA COME TI PRESENTI?
Jason Somerville è un ragazzo super-smart, è garbato e sa esprimersi in maniera convincente. Quindi il suo non è un problema di dialettica (anche se il riferimento ai soldi persi in una notte poteva trasformarsi in un assist per il reverendo). Somerville non guarda mai in macchina ma sempre il suo intervistatore. Un peccato veniale, se a intervenire fosse un uomo della strada. Un peccato grave se sei un uomo di comunicazione, abituato a parlare in pubblico. Detto questo, il problema principale è il dress code.
Somerville si presenta con un taglio di capelli imbarazzante e una felpa che porta le patch di PokerStars e del suo canale Run It Up. Lasciando perdere gli argomenti da benpensanti, credo che il modo di presentarsi sia ancora più importante se si parla a un pubblico del tutto esterno al tuo mondo. Un pubblico da convincere, dopotutto.
DOUG POLK DIFENDE JASON
Intervenuto a riguardo, Doug Polk difende il collega sostenendo che "uno streamer tende a non volere apparire qualcosa di diverso da quello che è". Una difesa un po' debole, invero. Se Cristiano Ronaldo interviene in un dibattito televisivo sul calcio non lo fa in casacca del Real Madrid e scarpe coi tacchetti...
(ALTRA) OCCASIONE PERSA
Io credo invece che si sia parzialmente persa un'altra occasione, perchè oggi come oggi il primo impatto è (purtroppo) decisivo, nel credito che lo spettatore decide di accordare a una persona estranea. Nel mondo odierno anche il più imberbe venditore di fuffa si presenta in modo impeccabile, e puntare solo sulla forza degli argomenti non basta più.
Jason Somerville è un comunicatore maturo e la sua scelta di presentarsi da "nerd-che-sa-essere-solo-nerd" non è solo auto-limitante. È un autogol, anche piuttosto maldestro.
Qui il video integrale del breve dibattito