Ci eravamo lasciati con un Sam Trickett, poco più che maggiorenne, alle prese con le prime batoste. Dopo aver ricevuto aiuto dal padre, il britannico è stato forzatamente tenuto lontano dal poker dalla famiglia, preoccupata che il giovane Sam non riuscisse a trovare la sua stabilità.
Ma il richiamo del Texas Hold’em era per lui troppo forte…
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Provaci ancora, Sam
Nonostante i consigli di chiunque gli stesse attorno (non solo la famiglia, ma anche gli amici e i colleghi), Sam Trickett aveva deciso che il poker sarebbe stata la sua vita e che niente e nessuno lo avrebbe fatto desistere.
“Pensavo di essere più bravo dei miei avversari, ero bravo a imparare e a non commettere più gli stessi errori. Allora era più semplice: se eri capace di imparare dagli errori più velocemente degli altri, avresti fatto meglio di loro”, ricorda il britannico.
Dopo aver messo da parte £5.000, Trickett decise di licenziarsi: “È difficile quando tutti attorno a te ti dicono che non puoi farcela e che nessuno può vincere. Probabilmente è proprio questa la cosa di cui vado più orgoglioso: continuare giocare a poker quando tutti mi dicevano di non farlo”.
I primi exploit e le prime vertigini
E in effetti Sam dimostrò di aver imparato dagli errori, almeno inizialmente. Da £5.000 arrivò a £20.000, denaro con cui volò a Las Vegas per giocare sia cash sia un torneo delle WSOP, il 6-handed: “Era un test giocare alle WSOP in uno degli eventi più duri. Arrivai 4° uscendo con KK vs 66 e vinsi 250.000 dollari”.
Da lì in poi, un periodo in cui sembrava essere diventato Re Mida: vittorie su vittorie online, al GUKPT Luton e tanto altro ancora. Una serie che portò Sam Trickett ad un eccesso di confidenza in se stesso, tanto da spingerlo a limiti troppo alti, come il cash game $400/$800 contro gente del calibro di Gus Hansen.
“Ho provato a giocare nelle partite più grandi contro i giocatori migliori, e mi hanno distrutto. Spendevo soldi nei night e mi ritrovai con $150.000 soltanto”, ricorda il pro. Che ad un certo punto è costretto a fingere, nonostante un conto in rosso: “Mi vergognavo di dire che avevo perso tutto, dovevo fingere. Diamine, ero sulle copertine dei magazine”.
La rinascita di Sam Trickett
Ancora una volta, Trickett si ritrovò al punto di partenza. Ma un’ancora di salvataggio arrivò… dal Sudafrica: “James Bord mi offrì un lavoro, dovevo insegnare il poker ad altre persone. Dovetti trasferirmi a Cape Town, a 9.000 km da casa. Ma non avevo altre opzioni”.
Sei mesi di duro lavoro, durante i quali Sam poteva giocare solo nei ritagli di tempo, furono sufficienti a inculcargli due parole in testa: “Mai più. Pensai che non volevo ritrovarmi nuovamente in quella situazione”.
Nel corso dell’intervista, Trickett ammette che “non ero pronto al successo a 21 anni. Ho avuto i miei alti e bassi, ma è stato necessario. Se non avessi perso tutto, non avrei poi vinto tutto quello che ho vinto”.
Rimessosi in pista, Sam tornò a fare quello che sapeva fare meglio: macinare avversari. La svolta arrivò al Big One for One Drop, dove incassò $10 milioni per un 2° posto dietro soltanto ad Antonio Esfandiari: “Tutti in quel momento mi dicevano che ero il migliore al mondo”.
Pausa e nuovi equilibri
Raggiunto l’apice della carriera, con una vagonata di denaro vinto tra tornei e cash game, e il riconoscimento da parte della community e dei suoi avversari, Sam Trickett passò un periodo di autocompiacimento, durato circa tre anni.
“Ma non hai scelta, devi lavorare duro di questi tempi. Ero un po’ pigro ai tempi, non spingevo ogni minimo vantaggio. Oggi però tra video e contenuti, sono tutti bravi. Devi essere spietato, dollaro dopo dollaro, o perderai i tuoi soldi”.
Un cambio di prospettive aiutato da Mieke, la donna che ha trasformato il ragazzo tutto party e feste in un uomo di famiglia: “Quando la incontrai, sentii la responsabilità. Non aveva più senso uscire a festeggiare, e ritrovai anche il mio amore per il poker”.