"Melbourne, abbiamo un problema." La metamorfosi del poker e il suo adattamento alle nuove mode e tecnologie presenta qualche inconveniente, messo in evidenza proprio dall'Aussie Millions di questi giorni. Abbiamo celebrato a più riprese Twitch come nuovo veicolo di diffusione del poker con un potenziale enorme, ma le caratteristiche del mezzo impongono alcune riflessioni, per evitare di falsare il gioco.
Molti di voi avranno seguito le vicende del favoloso 100k Challenge, super torneo da 100mila dollari di buy-in che è giunto al tavolo finale con sei top player su sei qualificati, che sarà possibile ammirare sabato prossimo proprio sul canale Twitch di Jason Somerville, streamer ufficiale della manifestazione.
Lo show di Somerville funziona sempre molto bene, gli spettatori non mancano, ma il problema è che fra questi ci sono anche gli stessi protagonisti. Ciò significa che i giocatori possono riguardarsi in azione, seppure con 30 minuti di ritardo sullo svolgimento reale del gioco. Soprattutto, essendo uno streaming con le carte dei giocatori visibili, significa che ognuno può avere accesso a informazioni supplementari e non guadagnate al tavolo.
Interpellato da Pokernews, Jason Mercier - uno dei sei qualificati al final table - ha dapprima gettato acqua sul fuoco: "In realtà ci conosciamo piuttosto bene, quindi non ho bisogno di questo per capire come ognuno di essi gioca". Allo stesso modo, però, Mercier ha ammesso che guardare lo streaming era "il modo più facile per capire se fossi stato bluffato", cosa che ovviamente vale anche a parti inverse. Infatti, Jason racconta che Fabian Quoss lo ha cercato durante una pausa, per chiedergli cosa avesse in una mano in cui Mercier lo ha "doublebarellato" facendolo foldare. Infatti, in quell'occasione la regia non è riuscita a leggere le carte di Mercier che sono dunque rimaste sconosciute al pubblico... e a Quoss.
Questo elemento introduce nuove dinamiche di metagame, con ogni giocatore che sa di essere guardato e agisce di conseguenza. "A un certo punto ho fatto un grosso bluff contro Byron Kaverman, quindi mi hanno spostato di tavolo e sono andato a guardare lo streaming, non tanto per riguardare il bluff ma per sapere quando veniva trasmesso e poter vedere la sua faccia mentre scopre di essere stato bluffato."
Nuove dinamiche anche divertenti, a quanto pare. Ma c'è un punto critico che sottolinea lo stesso Mercier: "è pur sempre un lavoro per noi!" I giocatori non sono infatti lì per puro diletto, ma per cercare di vincere denaro e spendendo il proprio, di denaro. La trasmissione in leggera differita di uno streaming a carte scoperte può dunque presentare più di un imbarazzo, soprattutto a questi livelli.
La soluzione? Per Jason non è semplice individuarla: "In generale credo che non sia giusto che gli stessi player possano guardare lo streaming mentre giocano. In linea di principio non dovrebbe essere consentito di usare lo smartphone mentre si è al tv table, anche perchè lo per lo spettatore non è bello guardare qualcuno che sta tutto il tempo con la testa china sul telefono."
In generale capita molto spesso che, in tornei in cui è previsto uno streaming a carte scoperte, vengano preventivamente "sequestrati" i cellulari ai giocatori protagonisti. Quindi gli anticorpi per eventuali condotte sleali ci sono già, anche se è frequente vedere i giocatori tenersi informati durante le pause, tramite amici che hanno guardato lo streaming e possono svelare loro info preziose sulle carte degli avversari. Lo si è visto agli EPT e IPT ma anche al Main Event WSOP, come ci aveva rivelato Federico Butteroni.
Ad ogni modo, il punto sollevato da Mercier è interessante, perchè tocca il ruolo stesso che i poker pro sono chiamati a interpretare in contesti di questo genere. In quella situazione, il player è assimilabile a un cantante o a un calciatore: il pubblico paga un biglietto per venirti a vedere cantare o giocare a pallone, non per guardarti rispondere ai fan su whatsapp o riguardarti un'azione alla moviola.
Ok, nel poker il pubblico non paga niente, direte voi. In effetti è così, anche se nella visione a lungo termine di progetti come la Global Poker League tutto potrebbe cambiare, da questo punto di vista. Ma rimane un fatto: il giocatore professionista del futuro dovrà tenere in costante considerazione il pubblico e l'eventuale impatto su di esso delle proprie azioni. Più pubblico = più praticanti, senza i quali una professione del genere non potrebbe (più) esistere.