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Poker: legale dal 2007

La rete delle agenzie di scommesse dall’anno prossimo passerà dagli attuali 770 punti ad almeno 7 mila Dall’anno prossimo giocare d’azzardo online non sarà più illegale. Come in Gran Bretagna Gli entusiasti parlano di "britannizzazione delle scommesse", volendo far intendere che l’Italia dei giochi si è messa sulla scia dei maestri anglosassoni.
I più scettici dicono che si tratta di una "liberalizzazione alle vongole", nel senso che lo Stato fa sì un passo indietro, ma non si limita a dettare le regole generali e a riscuotere le tasse come in Gran Bretagna, lasciando poi che scommettitori e gestori se la vedano tra loro.
A prescindere dai giudizi, dal 1° gennaio 2007 l’organizzazione dei giochi e soprattutto delle scommesse in Italia subirà uno scossone. Le novità introdotte dal tandem Bersani-Visco con il "decreto sulle liberalizzazioni" sono rilevanti, per almeno tre motivi. Primo: gli scommettitori potranno puntare l’uno contro l’altro su un determinato evento avvalendosi dell’interconnessione di un gestore di piattaforme telematiche. Secondo: si potrà giocare via internet a poker, black jack, e puntare su casinò virtuali. Terzo: verrà ampliata la rete delle agenzie di scommesse dagli attuali 770 punti ad almeno 7 mila. Vediamo in dettaglio partendo dalle scommesse testa a testa. Finora questo tipo di puntate era illegale in Italia, ma siccome per gli appassionati si tratta di "una sfida personale particolarmente attrattiva", come è scritto nella relazione che accompagna il provvedimento del governo, il risultato prevedibile è che gli italiani si rivolgevano in gran numero all’offerta estera organizzata via internet dalle multinazionali del settore, soprattutto di origine anglosassone: da Ladbrokes a Betfair, da William Hill a Stanley.
Tra pochi mesi si potrà fare anche in Italia su eventi non "certificati" dai Monopoli di Stato. Si potrà scommettere l’uno contro l’altro su eventi diversi, anche i più eccentrici e stravaganti, scelti autonomamente dai giocatori. Circostanza che riduce la scommessa a fatto privato con solo l’intervento regolatore di un banco e fa parlare, appunto, di "britannizzazione" del gioco.
Anche la possibilità di giocare via internet a poker e al casinò rientra in questa logica e risponde inoltre all’ingiunzione dell’Unione Europea contro la decisione italiana, inserita nella Finanziaria 2006, di oscurare i siti stranieri considerati illegali che proponevano questo tipo di attrazioni. Infine, l’allargamento dei negozi dedicati ai giochi.
Almeno nelle intenzioni anche questa scelta si inserisce nel solco se non proprio di una liberalizzazione quantomeno di un ampliamento della concorrenza. I nuovi locali verranno affidati sulla base di una o più aste competitive e, per non danneggiare la rete esistente, sono fissati limiti per l’installazione, per esempio da 400 metri a 1,6 chilometri di distanza tra un negozio e l’altro in base alle dimensioni del comune.
I tecnici governativi sono convinti che con queste misure il gettito delle scommesse salirà di 262 milioni nel 2007 e di 281 l’anno successivo (nel 2005 è stato 1,4 miliardi). Le multinazionali del gioco sono entusiaste del nuovo corso: "È un passo nella direzione da noi auspicata, porterà vantaggi ai consumatori, garantirà un’offerta più ampia e più concorrenza. Speriamo vengano introdotti cambiamenti anche sul livello delle tasse" dichiara Massimiliano Bancora, rappresentante in Italia della Betfair.
Assai meno infervorato Maurizio Ughi, amministratore dello Snai, gruppo italiano titolare di 250 punti scommesse: "Vengono accolte in larga parte le richieste degli stranieri, la concorrenza si farà più dura".

di Daniele Martini - Panorama

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