Quella di oggi è una data importante, per il mondo del texas hold'em. 13 anni fa se ne andava un personaggio unico, "one of a kind", come si dice in USA. Il 22 novembre 1998 Stuart Errol Ungar abbandonava la sua incredibile vita terrena, intraprendendo la strada irreversibile del mito.
Un personaggio capace di creare e distruggere con la stessa facilità, ma quello che è stato capace di fare rende Stuey l'unico vero immortale nella storia del poker.
Nessuno forse potrà mai dare a questo gioco quello che ha dato lui, anche perchè questo dono è stato appunto la sua vita stessa, con la dote di imprese, genialità e autodistruzione che ha portato con sè, disegnando una parabola inimitabile e indelebile per quanto tragica.
Anche per questa ragione, tutti dovrebbero conoscere la storia di Stu Ungar, anche chi si è avvicinato a questo gioco e a questo mondo da poco tempo. Perchè ogni universo deve conoscere e onorare i suoi miti, quelli veri.
Così, abbiamo deciso di ri-pubblicare un vecchio e bellissimo articolo del nostro Ferdinando "extranando" Muroni, scritto tre anni fa per celebrare il decimo anniversario della morte del grande Stu. Buona lettura.
"Mi dispiace Stuey, ma non dipende da me…“ Questa Stu Ungar se l'era sentita dire decine di volte quando, tentando di partecipare ad un torneo di Gin Rummy gli veniva negata l’iscrizione o quando, provando a sedersi in un tavolo di blackjack, gli veniva gentilmente chiesto di allontanarsi. Non perche’ fosse un baro Stuey, ma semplicemente perchè oramai era chiaro a tutti di avere a che fare con un genio, che non solo avrebbe portato via tutti i dollari a portata di mano, ma anche perchè avrebbe deriso qualsiasi giocatore che avesse provato a sfidarlo o qualsiasi direzione di casinò che gli avesse permesso di dare un’ennesima prova della sua intelligenza.
Si perche’ l’intelligenza di Stuey era cosa nota da tutti, il cui QI (quoziente intellettivo) era a livelli raggiunti da pochissime altre persone. Questo elemento, unito ad una straordinaria memoria fotografica, lo rendeva il più pericoloso squalo delle sale da gioco americane.
Una volta ad Atlantic City venne addirittura accusato di aver barato per 500$ ad un tavolo di BlackJack dalla locale direzione. Stu fu categorico nel voler affrontare la questione nei tribunali, tanto che tra viaggi ed avvocati arrivò a spenderne 50.000, di dollari, ma dimostrando infine a tutti che lui era pulito: vinceva semplicemente perchè più forte.
La rete e’ piena di storie su Stuey, quindi non mi dilungherò più sulle sue epiche gesta.
Molti lo hanno criticato per i suoi eccessi, che finirono col portarlo alla tomba, ma una storia come la sua non può e non deve fermarsi alla facile catalogazione a cui siamo abituati.
Stu Ungar ha avuto sin da bambino una vita diversa dagli altri ragazzi. Figlio di un bookmaker, da subito dotato di capacita’ analitiche fuori dal comune entra in contatto molto presto con il mondo del gioco. Mentre i suoi coetanei giocavano a palla, Stuey andava, di nascosto dai genitori, a giocare nel retro dei bar, diventando famoso nella scena underground delle bische come "il bambino prodigio".
Il Gin Rummy era il suo gioco, ma come detto all'inizio ben presto si trovò costretto a cambiare terreno di caccia: nessuno voleva più sedersi con lui a giocare. Quando, ancora giovanissimo, capì che il Gin Rummy per lui era una storia chiusa – alcuni organizzatori di torneo lo pagavano per non partecipare – Stuey trovò di fronte a sè quella strada che, tra alti e bassi, lo avrebbe portato sul tetto del mondo dei card players : il No Limit Holdem.
Così nel 1980, al tempo in cui si iscrisse al Main Event delle WSOP, non aveva disputato ancora nessun torneo di quel livello. Vinse diventando il più giovane campione di sempre, lasciando la comunita’ di professionisti senza parole.
I primi suoi anni a Vegas sono stati sicuramente i piu’ felici: una moglie tanto voluta, un figlio acquisito che lo adorava, la nascita della piccola Stefanie, erano le basi di quello che si prospettava un futuro sul tetto del mondo.
A Stu però non si poteva chiedere di rimanere troppo coi piedi per terra (leggi qui qualche aneddoto sulla sua vita): non aveva un conto corrente, sapeva guidare a malapena, i suoi unici scopi nella vita erano la famiglia e il demolire gli avversari.
Tutto però si incrina, in quel pomeriggio in cui il suo figlio acquisito (il primo di Madeleine, ndr) viene ritrovato morto, impiccatosi in una camera di hotel. Il suo matrimonio non regge il colpo, Stuey inizia ad usare la cocaina, da cui non si staccherà mai del tutto.
La sua proverbiale generosità però non muta: poteva essere rotto o milionario - per lui non faceva differenza - ma aiutava chiunque, in qualsiasi momento. Anche per questo motivo gli amici tentano di aiutarlo, ma Stuey si ritrova solo, e l’unica cosa che lo spinge a non mollare è sua figlia Stefanie, a cui dedica il suo ultimo mondiale, 18 mesi prima di morire.
Si dice che solo di poker Stuey abbia vinto in carriera qualcosa come 30 milioni di dollari, dilapidandone la maggior parte in scommesse sportive e droga. Sono passati 10 anni dal giorno in cui Stuey fu ritrovato morto, stroncato da un attacco cardiaco in una camera di motel a Las Vegas, e noi vogliamo ricordarlo così, ancora ragazzo con i suoi occhi neri capaci di terrorizzare, seduto al tavolo gente come Chip Reese e Doyle Brunson.
E ricordarlo per quella che era la sua frase preferita:
“...Un giorno ...
Suppongo sia possibile ...
...Per qualcuno...
Diventare un giocatore di no limit hold’em migliore di me...
...Ne dubito...
...Però potrebbe succedere...
Ma vi giuro...
Non riesco proprio a vedere nessuno
Giocare Gin Rummy meglio di me ... “
scritto da extranando