Si scrive tregua, si legge vittoria. La scorsa settimana il Dipartimento del Tesoro e la Federal Reserve hanno sospeso la tanto famigerata UIGEA – acronimo che sta per Unlawful Internet Gambling Enforcement Act – che sarebbe dovuta entrare in vigore nella giornata di ieri e che invece è stata congelata fino al primo giugno del 2010.
Ovvero, quanto basta perché gli Stati Uniti discutano ed approvino una regolamentazione sulla pratica del poker online. Da mesi ne sentiamo parlare, ma cosa minacciava di fare questa legge esattamente? In pratica, se fosse rimasta in vigore tutti gli istituti di credito aventi a che fare con le poker room avrebbero dovuto cessare ogni tipo di rapporto, pena il congelamento dei conti incriminati in quanto il denaro al loro interno veniva considerato frutto di attività illegali. Con conseguente complicità.
Il movimento della Poker Player Alliance, l’associazione dei giocatori sostenuta da molti players famosi fra cui il neo campione del mondo Joe Cada, era nata proprio per evitare a breve termine che questa legge entrasse in vigore. Nel lungo periodo invece, l’obiettivo era di fare pressioni sul Congresso affinché discutesse una legge che permettesse ai giocatori di Texas Hold’em di non essere considerati dei fuorilegge, quindi di poter continuare a praticare il gioco online senza rischi né ripercussioni.
In breve, la Federal Reserve ha valutato che – pur non esistendo i presupposti per una sospensione della durata di un anno come richiesto – tale legge risulterebbe “impraticabile, non necessaria e contraria al pubblico interesse”. Di qui la sospensione di sei mesi, un arco di tempo giudicato sufficiente per uscire dall’empasse legislativa attuale, per colmare quel vuoto normativo che davvero nessuno ha interesse a lasciare com’è. Tolti infatti i demonizzatori del gioco – gli stessi forse che avevano fatto emanare questa legge durante la presidenza Bush nell’ultimo giorno del suo mandato – tutti vogliono che il poker sia legale negli Stati Uniti. I giocatori naturalmente, dai semplici appassionati ai professionisti, ma non solo. Anche lo Stato si è ben presto reso conto della quantità di denaro che la legalizzazione del Texas Hold’em garantirebbe alla voce “entrate”, ma non possiamo dimenticare l’industria del poker e le banche che ne gestiscono i fondi, visto che entrambe devono aver avuto voce in capitolo.
Sei mesi di tempo dunque, prima che lo spettro della caccia alle streghe torni a materializzarsi. Non molti in fondo, ma abbastanza quando c’è la volontà di non perdere tempo. E a questo riguardo, già domani verranno discusse delle proposte di legge presentate negli ultimi mesi, quindi la strada sembrerebbe spianata. D’altra parte, da un Paese che ha fatto da sempre della liberalità la propria bandiera e da cui la febbre del Texas Hold’em si è propagata per tutto il mondo – unico contagio per cui nessuno ha chiesto il vaccino – non ci si poteva aspettare una conclusione diversa. Qualunque altra sarebbe paradossale, ed anche se la parola “fine” non è stata ancora scritta, sembra ormai solo questione di tempo. A meno – come sempre – di clamorosi colpi di scena.