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Matt Savage: "introdurre i re-entry illimitati è stato un errore"

Errore si o errore no?

Matt Savage è da quasi 20 anni uno dei volti storici World Poker Tour e del poker in generale. Dunque le sue parole non passano mai inascoltate e soprattutto non sono banali.

Ha fatto molto rumore quindi, il suo ultimo post su Facebook, dove attacca senza misura l'utilizzo del re-entry illimitato nel WPT, di cui lui è stato uno dei fautori. Se dal punto di vista meramente pokerstico il re-entry va ad uccidere quella che è la componente sportiva del gioco (e delle skills, il poker diventa una competizione dove l'incidenza dei bankroll prevale sulle abilità), dal punto di vista strettamente imprenditoriale non è solo una boccata di ossigeno per le casse dei singoli circuiti nel breve periodo ma nel long term il field rischia di essere seriamente compromesso. In un'ottica di lungo periodo però può mandare rotti parecchi giocatori e quindi compromettere l'ecosistema.

 

Il perché è molto semplice da capire nel breve periodo ma non nel lungo.

Il mercato gradisce e nonostante le infinite polemiche sui re-entry, i dati ci dicono che la maggioranza dei players sfrutta i proiettili di riserva. Per questo Savage dice che per alcuni eventi vuol salvare il re-entry, in particolare per gli high roller.

Il re-entry illimitato però rischia di esporre a forti rischi i giocatori compulsivi e problematici e dà un enorme vantaggio ai professionisti nel lungo periodo (come nel caso del WPT).

Molto probabilmente è questo il senso dell'intervento di Savage. D'altronde non può essere ignorato l'aspetto che le disponibilità economiche dei professionisti nel lungo periodo schiacciano le speranze di vincite degli amatori.

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Il re-entry rimane gradito ai giocatori. Basti prendere in esame proprio il WPT Five Diamonds giocato due settimane fa al Bellagio di Las Vegas. Nuovo record di paganti con 1.035 ingressi. Di questi però solo 605 come ingressi  singoli, mentre altri 429 hanno sfruttato i vari re-entry nel formato illimitati. E stiamo parlando di un evento dal buyin di 10.400 dollari.

Vince chi ha più soldi?

Il discorso di Matt Savage però non riguarda solo l'aspetto imprenditoriale. Sarebbe troppo comodo soffermarsi sul quel punto e capire che per chi organizza, i re-entry, sono il vero valore aggiunto per chiudere in attivo. Lo stesso direttore esecutivo del WPT guarda anche l'altra faccia della medaglia e si rende conto che una giungla sempre più vasta di tornei con re-entry illimitati è dannosa principalmente per due motivi : premia chi ha più soldi da investire e allontana l'amatore, il quale non avendo un portafoglio ampio, rischia di sentirsi tagliato fuori ancor prima di sedersi.

Oppure, aggiungiamo noi, se si siede rischia di fare una brutta fine nel medio periodo. E questo per lo stesso imprenditore è un rischio di sostenibilità del suo business nel long term.

Matt Savage prende ad esempio gli ultimi due WPT Five Diamonds per dare fondamenta importanti al suo post. Sia Alex Foxen, fresco vincitore e sia Dylan Linde, campione nel 2018, hanno utilizzato la bellezza di 4 re-entry a testa per andare a conquistarsi lo scettro di campione. Senza dimenticare l'ingresso iniziale, per oltre 50 mila dollari di spesa. In quanti players, si chiede Matt Savage, possono permettersi tale esborso senza scalfire oltre modo il loro bankroll? Pochi, probabilmente.

Il Direttore esecutivo del WPT sembra aprire ad un cambiamento sull'utilizzo dei re-entry. Lasciarli in quello show dei super high roller e high roller, oltre che in quelli eventi come il Big50 delle WSOP dal buyin popolare di 500 dollari. Mentre andrebbero aboliti o rivisti per quasi tutti gli altri eventi. Almeno nei tornei più importanti al mondo, come lo stesso WPT Five Diamond. Una riflessione giusta quella di Matt, ma che non sembra così facile da tramutare nella realtà dei fatti. Il tempo ci darà chi ha ragione.

Sport e Poker Editor
Nel mondo del giornalismo sportivo da quando avevo 16 anni, ho all'attivo quasi 800 radiocronache di eventi sportivi e quasi 10 mila articoli sportivi. Da 15 anni nel mondo del poker, del betting e del gaming. Cavallo di battaglia: "Amici Miei". Borgo San Lorenzo è dove vivo e sono nato il 12 marzo 1983: qui nel cuore del Mugello, ad un tiro di schioppo dal circuito e da Firenze, gravita tutta la mia vita. Debutto a 16 anni nel mondo del giornalismo; radiocronache del calcio dilettantistico e dal quel momento ho capito che la mia strada era questa. Malato di calcio a tal punto da dormire con il pallone da bambino ho scritto una vagonata di articoli per calcio e sport: ma la vera svolta arriva nel 2010, quando Assopoker mi concede la possibilità di scrivere di poker, scommesse, casinò e tutto quello che gira attorno al mondo del gioco. Ebbene sì, faccio il lavoro che volevo a tutti i costi e quando sono stanco, con mia moglie ci imbarchiamo per qualche viaggio esotico, oppure per un weekend rilassante alle terme. Mangiatore da competizione spendereste meno a regalarmi un vestito firmato che una cena.
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