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Main Event WSOP: rispetto al passato, cosa è cambiato?

L'evoluzione del poker, nel corso degli ultimi quindici anni, è stata talmente radicale che fare paragoni col passato potrebbe apparire poco sensato. Eppure c'è chi ci ha provato, paragonando il Main Event WSOP che conosciamo oggi con quello dei tempi che furono.

Su Two Plus Two è infatti nata un'interessante discussione, basata sulla tesi che il torneo di poker per eccellenza abbia forse perso appeal agli occhi delle nuove generazioni, chiedendosi non soltanto se questo sia vero ma anche in che misura, e soprattutto perché.

A domandarlo è Blair Rodman, che il circuito delle WSOP lo frequenta ormai da oltre vent'anni: ha vinto un braccialetto nel 2007, è arrivato 34esimo nel Main Event nel 2009 ed ha vissuto l'epoca d'oro del Binion's Horseshoe, la sede storica delle World Series prima che quest'ultime fossero trasferite al Rio.

"All'epoca tutti conoscevano tutti, era come una grande riunione di famiglia mentre adesso è diventata una maratona al termine della quale tutti sembrano in fondo contenti di poter tornare alle proprie vite - scrive Rodman - quando io ho cominciato era l'unico grande torneo dell'anno, e se lo perdevi o venivi eliminato dovevi aspettare quello successivo. Diecimila dollari erano un sacco di soldi, e gli anni in cui non ho potuto giocarlo perché non potevo permetterlo mi sarei seduto anche con lo 0% delle quote, pur di parteciparvi".

Secondo Rodman, la prima volta che si viene eliminati da quel torneo diventa il giorno più brutto della propria vita pokeristica, una sensazione che in molti hanno confermato, pur magari non avendo preso parte all'epoca dorata delle WSOP: "La prima volta che sono stato eliminato dal Main Event me ne sono stato per ore a camminare come stordito - ha confermato Olivier Gill - mentre quest'anno ho pensato, maledetto scandinavo che va all-in preflop con Q5 suited, quand'è il prossimo torneo?".

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La magia, concordano in molti, è scivolata via per il proliferare di tornei importanti, perché ormai un braccialetto ce l'hanno davvero in tanti, ma anche perché in fondo c'è uno sguardo più disincantato rispetto al valore di un evento simile: "In passato vincere il Main Event significava essere considerati una leggenda del gioco - ricorda Clayton - adesso sei soltanto qualcuno che ha vinto alla lotteria. Nulla di impressionante, ma congratulazioni per i soldi".

Trattandosi insomma di un torneo dove anche i migliori al mondo potrebbero non raggiungere mai il tavolo finale in una vita intera, ed essendone i giocatori molto più consapevoli che in passato, anche le aspettative sembrano essere cambiate, tanto che molti giocatori professionisti costretti lontani dagli Stati Uniti a causa del Black Friday non provano neppure a giocarlo, o se lo fanno hanno un approccio molto disincantato.

"Nonostante vincere quel torneo rappresenti sempre la realizzazione di un sogno, sarei comunque felice di poter vantare nella mia carriera un successo in un importante torneo dal buy-in di 10.000 dollari o superiore - spiega ancora Gill - se fosse il Main Event WSOP sarebbe meraviglioso, ma anche assicurarsi la PCA, l'Aussie Millions o anche un qualsiasi EPT significherebbe comunque aver avuto un'enorme fortuna".

Del resto, il proprio obiettivo nella vita non può essere certo quello di vincere alla lotteria, il che evidentemente non significa per forza smettere di comprare almeno un biglietto...

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