E’ forse il giocatore di poker più rincorso dai media, Phil Ivey, e non è quindi da etichettare come scortesia la sua, quanto piuttosto come istinto di conservazione, se il campione statunitense non sempre si concede alle interviste ed ai riflettori.
Durante un appuntamento come quello delle WSOPE tuttavia Phil non ha potuto e voluto evitare le domande dei giornalisti, e così ha concesso un’interessante intervista nella quale la punta di diamante della scuderia di Full Tilt Poker si racconta a ruota libera, spaziando fra passato e presente, a cominciare dai suoi primissimi esordi con il gioco: “Ho iniziato a prendere confidenza con le carte a otto anni, assieme a mio nonno, durante la mia infanzia ho provato qualsiasi tipo di gioco. Quando ho compiuto vent’anni ho deciso che quella del giocatore professionista avrebbe dovuto essere la mia strada, e così ho iniziato a giocare seriamente, riuscivo a fare anche quindici o sedici ore al giorno, per circa quattro o cinque anni”.
E perfino per uno come Phil Ivey, per quanto la frase possa suonare retorica, le cose inizialmente non erano semplici: “C’erano bei momenti, ed altri pessimi. I miei genitori presero molto male la mia intenzione di guadagnarmi da vivere con il poker, odiavano che lo facessi, ma non me la sento di biasimarli per questo: quale genitore vorrebbe che il proprio figlio scelga per sé una strada tanto difficile ed incerta? A meno che tuo padre non sia Doyle Brunson, intendo dire”.
La cosa più difficile è infatti affrontare i propri momenti negativi una volta che si decide di fare del gioco qualcosa di più di una semplice passione, ma una vera e propria professione: “E’ difficile amministrare il proprio denaro in quei periodi in cui sei perdente, la maggior parte delle persone difatti non ci riesce”. Ed Ivey spende due parole anche per una delle mecche del poker, la famosa Bobby’s Room del Bellagio, a Las Vegas: “E’ semplicemente il luogo dove vengono giocate le partite di cash game alle cifre più alte, ci sono un sacco di giocatori eccellenti che la frequentano. Durante le WSOP ci giochiamo praticamente tutto il giorno, è un vero e proprio grinding live, e l’obiettivo come al solito è quello di vincere più denaro possibile”.
Inevitabile, naturalmente, anche la domanda relativa al tavolo finale del Main Event che attende Phil Ivey a novembre, dove avrà inevitabilmente tutti gli occhi puntati addosso: “Se dovessi dare un voto al mio 2009 da un punto di vista pokeristico gli darei sicuramente un 8, è chiaro che se dovessi vincere il Main Event delle WSOP sarebbe un voto molto vicino al 10, si tratterebbe di qualcosa di veramente incredibile per me e per la mia carriera. Si tratterebbe di un sogno che si avvera, tutti i giocatori vorrebbero raggiungere quest’obiettivo, e mi sento fortunato per avere la possibilità di provarci”.
Non c’è il rischio che tutta questa pressione mediatica possa fargli qualche brutto scherzo? Per Ivey il problema non si pone: “Quando sto giocando non mi preoccupo dei media, sono concentrato nello studiare la situazione ed i miei avversari, ed è una fortuna perché penso che questo aiuti me ed il mio gioco. Anche se dovessi uscire tra i primi non penso che la cosa mi preoccuperebbe più di tanto, sarei pronto per il prossimo torneo”.
Infine, un consiglio che Ivey si sente di dare a chi sta pensando di intraprendere una carriera nel mondo del poker, partendo dal basso, come in molti cercano di fare: “In tanti vi diranno di leggere dei libri, ma io credo che sia più importante iniziare a giocare. Questo perché devi renderti conto di cosa sta parlando quel libro, di fare esperienza, altrimenti corri il rischio di leggere il libro, giocare senza averlo capito e quindi tornare a leggerlo. Giocare è più importante, anche partendo dai limiti più bassi, perfino dall’0.01/0.02 o dal 0.05/0.10. In ogni caso credo sia una strada da imboccare con molta cautela e pazientemente, proseguendo per tappe, perché come detto vivere di poker è molto difficile: potete iniziare praticandolo come hobby, e solo successivamente, se sentite di esserci portati e di guadagnare denaro, allora potrete provarci, ma sempre ricordandovi di tenere pronta una seconda strada nel caso vi rendiate conto che il poker non ha funzionato per voi”.
Un consiglio, quest’ultimo, da tenere certo in considerazione: per quanto ci secchi ammetterlo, non tutti possono diventare Phil Ivey. Ma vi auguriamo di essere fra quelli che potranno dire di esserci riusciti, se è questo che volete per voi.