D'accordo, in campagna elettorale siamo abituati a sentire promesse, illusioni, notizie che all'alba fanno scalpore e al tramonto sono già diventate bufale. Ma un caso di oggi ha del clamoroso: si tratta di un opinabile studio pubblicato da Live Partners, che comunica dati sul gioco online assolutamente non veritieri o perlomeno parziali, e che ha tratto in inganno diverse testate, ma anche un esperto giornalista d'inchiesta come Sergio Rizzo del Corriere della Sera e politici come l'eurodeputato (non certo nuovo a sparate di questo genere) Mario Borghezio (nella foto).
Nello studio si annuncia che l'Italia sarebbe il primo mercato mondiale dell'online con addirittura il 22% del totale.
Nel comunicato di questo studio, però, si precisa che "Considerando infatti la raccolta del gioco online nei paesi dove questo settore è regolamentato, il mercato più importante nell'ambito dei giochi online risulta essere proprio quello italiano, che rappresenta il 22% del totale." Una cosa ben diversa, dunque, che si ridimensiona ulteriormente se si pensa a quali e quanti siano i mercati attualmente regolamentati: quattro, ovvero Francia, Spagna, Gran Bretagna e appunto Italia.
Per Sergio Rizzo, però, questo particolare è trascurabile, anche perché dire "Abbiamo meno dell'uno per cento della popolazione mondiale e il 22 per cento del mercato globale dei giochi online" ha senza dubbio un impatto forte. Peccato che non corrisponda al vero...
Rizzo ha comunque preso una topica inferiore a quella colta da Mario Borghezio, il quale riesce nella non semplice impresa di travisare un comunicato fallace ma semplice: "In Italia la situazione è drammatica. Il gioco online in Italia rappresenta il 22% del mercato italiano", ha tuonato il distratto esponente leghista in una dichiarazione raccolta da Agimeg.
Ma questa sulla quota del mercato italiano nel mondo del gioco online non è l'unica inesattezza generata nelle ultime ore, sia nelle dichiarazioni di Borghezio, sia nell'articolo di Rizzo che in altri contenuti presenti oggi su diversi portali. Andiamoli a vedere nel dettaglio.
Come detto questa classifica è stata stilata solo sui mercati regolamentati. Quelli esistenti e credibili, di fatto sono tre: Italia, Francia e Spagna (da pochi mesi), la Gran Bretagna ha una disciplina che rende i dati non comparabili. Belgio, Estonia e Danimarca hanno disciplinato un’offerta di gioco modesta ed hanno popolazioni solo con qualche milione di abitanti.
La maggioranza degli utenti britannici gioca su piattaforme offshore (in primis Gibilterra e Malta dove si sono trasferite molte società per ragioni fiscali) perché la legge consente ai sudditi di Sua Maestà di poter giocare nei siti autorizzati dagli enti regolatori riconosciuti nella White List. Non a caso il Governo vuole cambiare normativa e tassare le scommesse applicando il criterio del “punto di consumo”.
Quindi non c’è da meravigliarsi se il Regno Unito sia - in questa “speciale” classifica - fanalino di coda o quasi: gran parte del suo mercato non è dichiarato al fisco britannico.
Il paragone con la Francia non è attendibile per due motivi: la tassazione elevata ed anti-concorrenziale che ha frenato il mercato (favorendo l’evasione, le transazioni di capitali all’estero ed il gioco sui siti stranieri) e un gioco terrestre molto più presente e capillare rispetto a quello italiano.
I casinò terrestri transalpini nel 2010 hanno registrato revenues pari a 3,8 miliardi di dollari, secondo gli studi della società di consulenza PWC, contro i 108 milioni dell'Italia. Una bella differenza. E’ anche vero che nello stesso periodo le slot machines, fuori dalle quattro sale da gioco, nel nostro paese hanno prodotto ricavi per 5 miliardi, rispetto ai 3 della Gran Bretagna che però presenta revenues altissime nei casinò rispetto a quelle nostrane.
C’è di più: dai rilevamenti di PokerScout risulta che in tutti i casi, l’action nel poker online in Francia sia leggermente superiore (il dato più fedele è la media calcolata nell’arco delle 24 ore nell’ultima settimana):
Francia
Presenza media cash players: 6.221
Picco ultime 24 ore: 11.217
Media 24 ore settimanale: 5.251
Italia
Presenza media cash players: 6.311
Picco ultime 24 ore: 11.131
Media 24 ore settimanale: 4.873
C’è da dire che il nostro paese, per quanto riguarda il gioco fisico, con la sua offerta modesta (solo quattro casinò autorizzati) parte dietro a molte nazioni europee, comprese la Svizzera, Spagna, Grecia e soprattutto Germania.
Non solo, perchè nel mercato globale del gioco (un importante indicatore per capire le tendenze dei giocatori), l'area europea (compresa la vasta Russia) unita a quella africana, rappresentava nel 2010 solo il 13,9% del mercato mondiale. E secondo le previsioni, nel 2015 si ridurrà al 10%. Difficile poter immaginare, online un’Italia che copre una quota pari al 22% sui volumi di gioco effettivi che vengono spesi in rete.
Ritornando all’online, dopo la temporanea e parziale chiusura degli States (indiscusso primo mercato mondiale del gambling live e online, con quasi il 50% se vogliamo parlare di dati effettivi), sulla rete internazionale, i giocatori di poker più numerosi sono i tedeschi che rappresentano circa il 10%.
I dati che ci fornisce AAMS sono emblematici, soprattutto per quanto riguarda il poker online, dove la spesa (denaro giocato meno vincite) rappresenta alla fine un fenomeno modesto rispetto alle sparate mediatiche delle ultime ore: a dicembre è stata pari a 14,7 milioni per il poker cash game e 11,2 milioni per i tornei. La spesa annuale nel poker online in generale è stata di 360 milioni. Nei casinò online , invece, i nostri connazionali invecehanno speso 146,8 milioni di euro nel 2012.
Pensate che negli Stati Uniti, nel 2010 - l’anno pre black friday (l’inchiesta che ha fermato l’industria offshore del gioco) - le poker rooms straniere hanno incassato ricavi (corrispondente al rake, ovvero la commissione trattenuta dalla casa da gioco) per quasi 1 miliardo di dollari! Per l’esattezza sono 981 milioni, secondo uno studio condotto dall’Università di Amburgo in collaborazione con quella del Nevada, a dimostrazione della portata del mercato a stelle e strisce rispetto a quello italiano.
Le cifre sono lì, per natura non possono mentire. A volte può differire la loro interpretazione, ma se invece di dare numeri si "danno i numeri" non si fa mai un buon servizio alla verità.
a cura di Domenico Gioffré e Luciano Del Frate