C’è molta attenzione (e forse un pò troppa enfasi) quando si parla del poker online statunitense post black friday. E’ giusto essere fiduciosi delle prospettive che offrono i nuovi mercati statali americani?
In Nevada abitano circa 2,7 milioni di persone, in Iowa raggiungiamo i 3 milioni, in Delaware si arriva al massimo a 900.000 residenti. Il New Jersey sfiora i 9 milioni ma non è difficile comprendere che si tratta di liquidità potenziali molto ristrette, nulla di paragonabile ai numeri dei mercati regolamentati europei che hanno già parecchi problemi.
E’ vero che il sistema fiscale (in Nevada è ad esempio il prelievo è solo del 6,75% sul rake) agevola molto, inoltre possono giocare anche i turisti che si trovano a Las Vegas, ma il numero dei players coinvolti è troppo basso e il mercato potrebbe essere estremamente concorrenziale (in New Jersey sono già state concesse 54 licenze tra operatori ed fornitori).
I dubbi sono legittimi ed il primo ad averli è Jim Murren, Ceo di MGM, una delle più grosse catene mondiali di casinò. MGM, insieme a Caesars, ha forzato la mano a livello politico ed istituzionale per riconoscere la pratica del poker online come lecita in Nevada. La nota casa da gioco ha anche sottoscritto un accordo con Bwin-Party per la fortinuta dei software.
Ma ora è la stessa MGM a fare una clamorosa retromarcia: “preferiamo non lanciare una nostra room in Nevada, perché riteniamo che il poker non sia un’attività profittevole in questo Stato. Il business potrebbe esserci solo in caso di legge federale con il coinvolgimento di tutti gli stati, ma il nostro ottimismo è oramai crollato drasticamente”.
Parole pesanti quelle di Murren che devono fare riflettere. I numeri che presentano i due siti già attivi (Ultimate Poker e WSOP.com) lasciano perplessi: una media di giocatori settimanale ai tavoli cash di circa 126 (con picchi di 250 circa per entrambi), secondo PokerScout.
Non ci voleva molta fantasia nel prevedere tutto ciò, considerando il numero di residenti a Las Vegas e dintorni. E’ vero che il progetto ambisce ad un obiettivo finale ambizioso (regolamentazione a livello interstatale con liquidità condivisa tra gli stati coinvolti), ma la nave rischia di naufragare ancor prima di arrivare in porto, considerando il percorso lunghissimo e gli ostacoli politici che riguardano molte realtà (California in primis).
Considerando la composizione del Congresso (con il peso crescente del partito Repubblicano), un progetto federale pare irrealizzabile, almeno per i prossimi anni. E se la regolamentazione dell’online in Nevada ed in New Jersey fosse servita solo per gettare fumo negli occhi agli investitori di Wall Street?
Quando il mercato del poker online è partito in Nevada, il titolo di Caesars Entertainment (che detiene i diritti delle WSOP) è volato in borsa nonostante un debito pesantissimo (23,5 miliardi di dollari) da parte della multinazionale di Vegas che ha chiuso il terzo trimestre con una perdita di 761,4 milioni di dollari (più del 50% rispetto dello stesso periodo del 2012). Senza dubbio l’operazione ha agevolato sul mercato finanziario Caesars per qualche mese, dandogli maggiore credibilità, ma fino a quando altri grossi stati (California) non condivideranno un progetto comune con il New Jersey ed il Nevada, il nuovo poker online statunitense rischia di diventare un costoso flop.