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La Web Tax sarà applicata anche al poker online

Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, ha confermato che la “web tax” sarà applicata anche ai siti stranieri di poker online. E’ necessario capire nei prossimi giorni se la Commissione vuole includere come soggetti imponibili solo i siti non autorizzati (che non dispongono di una concessione), oppure anche le rooms che operano sotto il marchio dei Monopoli di Stato, ma che hanno una sede all’estero (in base alla “Comunitaria” del 2008).

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Nel secondo caso, i dubbi di natura legale - sull’applicazione di questa nuova tassa addizionale - sono molteplici, considerando che l’istutuzione di un obbligo fiscale ulteriore è contrario a qualsiasi principio di diritto comunitario. L’approvazione di una norma del genere rappresenterebbe – con ogni probabilità – una violazione del divieto di doppia imposizione all’interno dell’Unione Europea.

Nel 2008, attraverso la Legge “per l’adeguamento degli obblighi comunitari”, era stata approvata una norma che dava la possibilità ai soggetti concessionari di poter disporre di server e sedi anche fuori dai confini italiani, purché sempre in un paese UE.

D’altronde i concessionari versano alla fonte le tasse sul buy-in (nel caso di tornei e sit and go) o sui profitti (sul rake, nel cash game), senza alcuna distinzione, sia con sede in Italia che all'estero. In questo caso non vi sarebbe quindi alcun problema di concorrenza sleale, almeno da un punto di vista della tassazione diretta applicata al denaro giocato.

Posizione diversa per le società non autorizzate, ma anche in questo senso, vi è una corposa giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea in tema di scommesse sportive telematiche (per quanto riguarda l'ambito penale) e il caso verrebbe riaperto e ridiscusso in merito alla normativa fiscale.

In tutti i casi, la “web tax” nasce proprio per risolvere il problema del dumping fiscale ed è stata studiata per colpire i colossi statunitensi come Google e Amazon. E’ stata ribatezzata anche come “tassa Google”. Boccia l'ha proposta attraverso un emendamento della Legge di Stabilità: in caso di approvazione, sarebbe immediatamente applicabile. La partita è grossa, perché è stato calcolato un gettito di circa un miliardo di euro. Fondi preziosi che andrebbero a finanziare il cuneo fiscale.

La ratio legis è chiara: arginare la presunta "concorrenza sleale" dei siti di e-commerce stranieri nei confronti degli imprenditori italiani. Lo stesso Boccia però nutre dubbi: "Quello che ancora non è chiaro sono i contorni di questa proposta, che non riguarda solo chi vende pubblicità in Italia attraverso piattaforma estere, ma anche tutto l'e-commerce".

La “concorrenza sleale” delle multinazionali statunitensi è un argomento molto dibattuto in sede europea ma non è stato trovato un accordo tra i paesi membri per “proteggere” gli imprenditori europei. Per questo lo Stato italiano ha deciso di muoversi in maniera unilaterale.

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Ma in cosa consiste in termini pratici la “web tax”? Il Governo vuole imporre l’apertura di una partita IVA a qualsiasi operatore straniero intenzionato a vendere prodotti o servizi di ogni genere in Italia.

Boccia puntualizza: “C'è anche il poker online e altri giochi sul web, le cui piattaforme sono per la maggior parte all'estero. I soldi vengono fatturati nel nostro paese, ma poi vengono pagate tasse in Irlanda o in Lussemburgo, con aliquote molto più basse delle nostre". "Imprenditori  - afferma il presidente della Commissione - che hanno le stesse attività, ma con piattaforme basate in Italia, pagano un’ aliquota di 7 punti più alta. Se non interveniamo li spingiamo ad andare in Lussemburgo".