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Un’altra Full Tilt all’orizzonte? Caesars: no al fallimento!

Il mondo del gambling teme un altro clamoroso crack dopo la crisi di Full Tilt Poker (prima del salvataggio di Rational Group): Caesars  Entertainment, uno degli operatori di casinò più in vista nel mondo, versa in una situazione finanziaria a dir poco “delicata”, con un debito pari a 23,7 miliardi di dollari.

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Non solo Wall Street guarda con apprensione al futuro della multinazionale di Las Vegas, ma anche il mondo del poker si sente “committato”, considerando che Caesars detiene i diritti delle World Series of Poker.

Per la cronaca, proprio nelle ultime 24 ore, Caesars si è vista assegnare una licenza in New Jersey per operare nel nuovo mercato statale del poker online a stelle e strisce (tra poche ore inizierà la prima fase test). In questo modo potrà ancor di più valorizzare il brand della propria room (già attiva in Nevada e in Gran Bretagna) WSOP.com.

Ad allontanare le voci di un possibile fallimento ci ha pensato però il presidente Gary Loveman, uno degli uomini più potenti di Las Vegas.

Per il boss di Caesars Entertainment Corp. la società "ha una struttura del capitale molto complicata". Una prima ammissione delle difficoltà, d'altronde nessuna società del gambling ha un debito di tale entità. Ma Loverman rimane fiducioso a seguito delle operazioni di rifinanziamento che hanno portato in cassa una liquidità di 2 miliardi di dollari. Le scadenze sul debito sono inoltre state posticipate. Una boccata d'ossigeno che permette all'azienda di poter continuare ad investire. Fino al 2018 non vi sono scadenze importanti.

Caesars dispone di 50 casinò (in 13 stati nord americani), considerando anche le 10 proprietà vicino alla Strip. Questa sproporzione negli investimenti, tutti concentrati negli States, ha creato una realtà paradossale. Il problema è che Caesars continua a comprare negli States ma non riesce a vendere (ha provato a cedere a PokerStars.com le WSOP e il Rio Casinò).

I concorrenti Las Vegas Sands, Wynn ed MGM hanno trovato l’oro a Macao, passo che non è stato compiuto – colpevolmente – da Caesars. A preoccupare gli analisti sono soprattutto gli interessi sul debito.

Loverman rimane cauto ma ottimista: "la situazione non è peggiore o migliore rispetto a prima. Noi non abbiamo scadenze del debito significative fino al 2018. Non c'è nulla che potrebbe innescare una crisi di liquidità".

All'inizio del 2013, Moody's ha definito il debito "insostenibile". L'analista di gioco Dennis Farrel Junior (Wells Fargo Securities), ad ottobre, in una relazione ha mostrato tutta la sua preoccupazione per l'entità degli interessi.

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Il presidentissimo però controbatte: "non è uno scenario sensato per noi. Queste stesse persone avevano previsto il nostro fallimento nel 2009...".

Caesars è una società quotata a Wall Street e il 30% del capitale appartiene dal 2008 a due fondi: TPG Capital e Apollo Global Management. Rispetto a cinque anni fa, il debito è diminuito di circa 4 miliardi ma anche il patrimonio netto si è svalutato a causa della recessione.

“La società ha un valore d’impresa – afferma Loveman – che è seconda solo a Las Vegas Sands e MGM”. Il piano di rilancio parte dal recente acquisto del Planet Hollywood Resort, dall’ampliamento dell’ottava torre del Caesars Palace e dalla costruzione di due casinò in Ohio. Sta inoltre investendo 400 milioni a Baltimora per una nuova sala da gioco.

Sulla Strip sta completando il progetto Linq (dal valore di 550 milioni) e prevede la ristrutturazione di The Quad (ex Palazzo), oltre all’inaugurazione della ruota panoramica nel cuore di Vegas.

Gli analisti finanziari comunque rimangono in allerta. Il responsabile per il gambling di Deutsche Bank, Kelly Knybel, il 30 ottobre ha rifierito in una relazione agli investitori: “la storia di Caesars è avvincente ma ci sono diversi rischi per l’investimento, considerando il livello del debito”. Solo il tempo darà ragione a Loverman o a Wall Street.