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Valore Disatteso: #4 - Cincinnati kid


They were snow-bound a week in the Madlener-haus that time in the blizzard playing cards in the smoke by the lantern light and the stakes were higher all the time as Herr Lent lost more. Finally he lost it all. Everything, the Skischule money and all the season's profit and then his capital. He could see him with his long nose, picking up the cards and then opening, "Sans Voir." There was always gambling then. When there was no snow you gambled and when there was too much you gambled. He thought of all the time in his life he had spent gambling.
But he had never written a line of that [...]

(E. Hemingway, The Snows of Kilimanjaro)

Una persona straordinaria un giorno mi ha detto sorridendo di non sentirmi in colpa per quello che faccio, ché questa storia del poker starebbe benissimo nella biografia di uno scrittore, avrebbe un fascino d’altri tempi o qualcosa del genere. Credo, fortunatamente, di aver superato la fase della mia vita in cui mi affannavo a recitare la biografia di ciò che avrei voluto un giorno diventare, o ci si aspettava diventassi, perciò è un problema che onestamente non mi pongo. Ora che, però, il poker e la scrittura si sono in qualche modo legati per me, penso sia ora di affrontare una questione di cui ero già cosciente da un po’: io non voglio scrivere di poker.

Chiarisco: non è per snobismo, né per vezzo letterario, ma per pura, manifesta incapacità. Non credo di essere in grado di scrivere di poker in senso stretto, proprio non mi riesce. Forse mi manca la giusta prospettiva, forse riuscirò a parlarne nel modo giusto quando questa esperienza sarà conclusa, non so dirlo. Ma raccontare con la scrittura il vero poker giocato è qualcosa che mi spaventa, qualcosa per la quale provo un’istintiva e robusta diffidenza.

Il poker è per me in netta prevalenza online. Ma come si racconta il poker online? Se ci penso mi viene in mente qualcuno di quei libri o film in cui si prova a velare d’improbabile romanticismo l’attività degli hacker, universi cyberpunk post-post-moderni in cui si deliziano i lettori con frasi tipo “sullo schermo, costellazioni di lettere e cifre tracciavano messaggi iniziatici, codici indecifrabili per i profani, ma vivi come il ritmo vibrante della poesia nel cuore di Jack. Un cuore che non la finiva di battere impazzito nel rimbombo sordo della cassa toracica, mentre il ragazzo, gli occhi incollati sui 35” di luce abbagliante, preparava il suo ultimo e definitivo attacco al mainframe di vattelappesca.com”.

Riesco a immaginare una versione quasi eroica dell’attività del professionista online, gli HUD, i grafici, lo studio delle statistiche, tanti tavoli da seguire contemporaneamente, le cifre elevate; magari un cinico e disincantato controcanto fatto da qualche dettaglio squallido, lattine vuote sulla scrivania o sigarette spente in un bicchiere di plastica con un po’ d’acqua dentro. Ma non ci sarebbe nulla di onesto in questo, nulla di sincero. Sarebbe un tentativo di dare una dignità “di genere” a questa professione, avvicinandola a qualcosa che la gente più o meno conosce, o crede di conoscere.

Per il poker live è anche peggio. Raccontare il poker dal vivo vuol dire confrontarsi con un immaginario popolare immenso e perlopiù fasullo, fatto di grandi casinò à la James Bond, polacchi sudati accalcati attorno alle roulette dostoevskijane, bische, sigari e pistole da film western. Scrivere un racconto su una partita di poker vuol dire fare i conti con l’orizzonte di attesa di chi si aspetta un protagonista che “sentiva un sudore freddo imperlargli la fronte mentre, con un gesto quasi involontario, come se le mani non rispondessero più al cervello, ma agissero per propria iniziativa, spingeva tutti i suoi soldi verso il centro del tavolo. I suoi soldi, Dio!, si comportava davvero come se lo fossero. Quale lucida follia lo aveva condotto lì, quale demone lo incatenava a quel tavolo, con quella gente, mentre il suo cuore desiderava solo volare lontano, lontano, a baciare il piccolo, adorabile neo sopra le labbra della dolce Polina?”. Sono stereotipi rassicuranti, questo ed altri, eppure sembra sia impossibile raccontare il poker senza usarli.

Ho paura a parlare di poker, perché non ho niente di simile da raccontare. Le mie sessioni online non hanno nulla di romantico né di eroico, non c’è nessuna misteriosa magia nel senso segreto di tutti quei numeri che solo in pochi possono capire, non c’è un contesto squallido da dimenticare e non c’è tensione, tachicardia, rischio. Quando gioco dal vivo non provo brividi di terrore nel sostenere lo sguardo penetrante di un noto criminale, quando perdo non sono distrutto dai sensi di colpa e quando vinco non provo un’ebbrezza più forte di mille liquori. Nei casinò non vesto in smoking e accanto a me non c’è una spia russa con un abito da sera rosso mozzafiato, perlopiù ci sono signori di mezza età con polo e camice che vendono a caro prezzo i loro orrendi loghi fuori misura, al polso una galleria di teratomi della nobile arte orologiaia che esibiscono con inspiegabile fierezza.

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Non voglio scrivere di poker, perché è davvero complesso farlo in modo onesto. Ma posso scrivere tanto di quello che il poker significa, di quello che comporta. Quella attività così difficile da descrivere, vagamente impiegatizia che è il poker online offre infiniti spunti: le speranze, lo stress, i progetti, la libertà, la gestione del tempo e di ritmi di vita così diversi da quelli degli altri, tutto un insieme di bisogni, paure, risorse e possibilità che esistono solo in questo mondo e che, queste sì, meritano certamente di essere raccontate.

Il poker dal vivo per me vuol dire viaggi, vuol dire la fortuna incredibile di poter vedere il mondo senza essere un turista, vuol dire il privilegio di conoscere un numero incredibile di persone, alcune delle quali non indossano polo orribili e orologi giganti. Non sono in grado di raccontarvi la sensazione che si prova quando si bluffa un piatto molto grosso e probabilmente non mi interessa farlo, ma posso dirvi tanto di quello che il poker significa per me e di che tipo di vita faccia chi sceglie di giocarci professionalmente, almeno per un po’.

[Dario] è uno scrittore, professional poker player e coach di Pokermagia

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