Ci sono fenomeni che non si possono spiegare, men che meno quasi 20 anni dopo. Non si possono spiegare perché sono stati una felice ed unica combinazione di tantissime variabili, a comporre uno scenario da film. Il fenomeno di cui vi racconto oggi non è però umano, bensì equino. Esatto: oggi vi racconto di Varenne.
In questo Articolo:
- 1 La Francia nel destino
- 2 Cavalli e genealogia
- 3 Stalloni e falsi miti
- 4 Zenzalino, 19 maggio 1995: ecco Varenne
- 5 La prima corsa e gli anni da puledro
- 6 Lo staff
- 7 Da impostore a eroe: Varenne si prende l’Italia
- 8 Scacco in due mosse: Varenne conquista il mondo
- 9 Un demolitore di avversari
- 10 L’effetto Varenne
- 11 Super campione e super stallone
La Francia nel destino
Parliamo di un cavallo che ha vinto premi per oltre 6 milioni di euro. Parliamo di un cavallo capace di riempire gli ippodromi come una rockstar riempie gli stadi. Infine, parliamo di un italiano che ha fatto inchinare i francesi e la loro storica supponenza, che nel trotto è forse ancora superiore che in altri campi.
Infatti in quel nome, scelto dall’allevatore in omaggio alla via di Parigi dove ha sede l’ambasciata italiana in Francia, c’era già scolpita una parte del suo destino.
Cavalli e genealogia
“Piripicchio è figlio di Uragano e Apocalisse e basta, o faccio sgombrare l’aula!” Nell’udienza in tribunale sul finale di “Febbre da cavallo” il giudice Adolfo Celi si inalberava, ma quella non era solo una gag dissacrante che liberava una risata in tutti noi. C’era infatti più di un fondo di verità, perché nell’ippica la genealogia è un elemento fondamentale. Avere un padre e una madre di un certo lignaggio non è un capriccio ma il modo migliore per avere puledri dalle caratteristiche vincenti. Lo stallone e il suo pedigree sono importanti ma lo è ancora di più la fattrice, perché per ovvie ragioni può generare meno figli rispetto ai “disinibiti” partner.
Ovviamente non è affatto automatico che da un campione e una campionessa nasca un cavallo vincente. A dire il vero non è per niente scontato persino che il nascituro diventi un cavallo da corsa. Non si contano i casi di monte pagate centinaia di migliaia di dollari, per puledri che non hanno mai visto una pista da corsa nemmeno col binocolo.
Nel caso di Varenne le premesse erano di quelle importanti, poiché nelle linee genealogiche dei genitori c’erano (relativamente) pochi fallimenti. Il padre Waikiki Beach era stato un campione americano ed era uno stallone di alto livello, la madre Ialmaz era stata discreta in corsa e aveva già dato alla luce dei buoni trottatori come Rinoz e Ungez. Inutile sottolineare che Varenne è il suo capolavoro.
Stalloni e falsi miti
Che poi la figura dello stallone è per molti versi un falso mito. Siamo soliti pensare ai cavalli da riproduzione come dei goderecci che passano da una partner all’altra, ma la realtà non potrebbe essere più differente. I cavalli sono asset preziosi e l’accoppiamento è un’attività rischiosa, per ragioni meccaniche (la cavalla potrebbe scalciare, causandogli ferite o fratture) e igieniche (possibili infezioni trasmesse). Così lo stallone ippico viene fatto “accoppiare” con delle sagome e il suo seme prelevato, per essere poi congelato e quindi venduto per essere usato con le varie fattrici.
Zenzalino, 19 maggio 1995: ecco Varenne
Ad ogni modo Varenne nasce nel 1995 da Waikiki Beach e Ialmaz, nel centro di allevamento di Zenzalino a Copparo, in provincia di Ferrara. Le aspettative su di lui da puledro erano già abbastanza alte e in genere, per quelli come Varenne, la prima corsa è una passerella con quote ridicole, per la superiorità nei confronti dei pari età.
La prima corsa e gli anni da puledro
Il 4 aprile 1998, all’Arcoveggio di Bologna, Varenne era ovviamente il più atteso al betting. Ma qualcosa non va: sbotta di galoppo una volta, poi una seconda volta sull’ultima curva, mentre era intento in un sorpasso apparentemente semplice in terza ruota. Per regolamento dopo due rotture il cavallo viene squalificato, ma questo Varenne non lo sapeva: riprende l’andatura e parte in un inseguimento, del tutto inutile ai fini del risultato sportivo ma che lascia di stucco i pochi spettatori presenti e il popolo degli scommettitori nelle agenzie ippiche. Eccolo:
Le immagini sono di scarsa qualità, ma lo spettacolo è evidente: nello spazio di poco più di 100 metri, Varenne aveva superato un numero incredibile di avversari andando non al doppio, ma al triplo! Era ufficialmente nato un campione che aveva già dato la prima dimostrazione di una delle qualità che lo renderanno poi ricco e famoso: la “testa”, quella naturale attitudine alla competizione che lo renderà amato dal pubblico di tutto il mondo. La dovessimo tradurre in terminologie pokeristiche, la forza di Varenne – oltre a un fisico perfetto – era il suo grandissimo mindset.
Lo staff
Varenne è il risultato del lavoro di un team multietnico. Il suo “padre” è un tranquillo trainer finlandese che risponde al nome di Jori Turja. E’ lui che gli insegna tutto e lo instrada verso una carriera che era comunque inimmaginabile. Finlandese è anche Iina Rastas, la bella lad di Varenne: in poche parole la sua custode, che si è presa cura di lui per tutti il tempo in cui è stato trottatore attivo.
Poi c’è Enzo Giordano, avvocato napoletano appassionato di ippica che decide di investire i suoi soldi in questo puledro dalle belle speranze. I Centocinquanta milioni di lire migliori che potesse spendere. Infine c’è il romano Giampaolo Minnucci, driver professionista che trova in Varenne il cavallo della carriera. Quello Varenne-Minnucci è un binomio quasi inscindibile, infatti in sulky al campione ci sarà lui in 49 dei 51 gran premi vinti. Le due assenze sono dovute solo ad altrettante squalifiche comminate a Minnucci per qualche infrazione in pista. Roba di routine, insomma.
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Da impostore a eroe: Varenne si prende l’Italia
Può sembrare strano dirlo oggi, ma le attenzioni del pubblico e della stampa ippica erano tutte per Viking Kronos. Si trattava di uno svedese d’Italia che sembrava imbattibile a 2 anni (stagione praticamente saltata da Varenne) e poi fra i 3 anni. Al primo confronto diretto vince lui, ma Varenne è in una crescita inarrestabile. Prima il Nazionale, poi il Derby. L’Italia è sua e, anzi, gli sta decisamente stretta.
Scacco in due mosse: Varenne conquista il mondo
Nel 2000 prova a misurarsi nella corsa più importante al mondo: il Prix D’Amerique che si corre a Parigi, sul manto nero della pista di Vincennes. Il rivale designato è General du Pommeau ma i francesi, che di ippica ne capiscono eccome, sanno bene che questo baio italiano è un fenomeno vero. Ad ogni modo quell’anno riescono a sfangarla, grazie a una partenza nettamente irregolare ma che viene convalidata, e nella quale – guarda caso – Varenne aveva perso diversi preziosi metri all’avvio. Vince il Generale, Varenne è terzo con corredo di inevitabili rimpianti. Ma, altrettanto inevitabilmente, il futuro è dalla sua parte.
Un anno dopo Minnucci ci riprova e fa centro, per un’apoteosi italiana che a Parigi forse non si era mai vista. Vincennes è invasa di semplici appassionati che si sono messi in viaggio in pieno gennaio, per assistere dal vivo a quello che sarebbe diventato un pezzo di storia dell’ippica – e dello sport.
Varenne non ha ormai limiti: va in Svezia e domina l’Elitlopp, va negli USA e sbaraglia tutti nella Breeders Crown con annesso record del mondo, con tempo al km di 1.09.01: un missile.
L’anno dopo si ripete nell’Amerique, il primo a riuscirci 14 anni dopo il leggendario Ourasi. E poi tre Lotteria consecutivi ad Agnano e molto, moltissimo altro ancora.
Un demolitore di avversari
Come detto prima, insieme a una struttura fisica non maestosa ma asciutta e potente, la vera arma segreta di Varenne era la straordinaria testa. Lui cercava i rivali, li sfidava per poi sfiancarli e infine umiliarli. Aveva fatto così contro la fortissima americana Moni Maker nel Nazioni 1999, per esempio. Ma forse la corsa che più di ogni altra fotografa la forza mentale di Varenne è il Lotteria 2002, dove il suo rivale annunciato era il velocissimo svedese Victory Tilly. Quest’ultimo partiva con il numero 1 e si prende la testa della corsa. Varenne non ci sta e lo affianca subito, facendosi quasi tutta la corsa al suo esterno. Alla fine il rivale molla il colpo e crolla, finendo addirittura terzo mentre lui si invola verso il traguardo. Questo era Varenne:
L’effetto Varenne
Per gli scommettitori dovunque andasse era il classico cavallo “banca”: quote sempre bassissime ma al palo c’era quasi sempre lui. Alla fine in 73 corse disputate le vittorie saranno 62, 51 delle quali ottenute in Gran Premi, per oltre 6 milioni di euro incassati. Nessuno era mai stato come lui e – probabilmente – nessuno lo eguaglierà ancora per molto tempo.
Nel frattempo l’Italia impazzisce per Varenne. Un cavallo da corsa finisce in copertina su tutti i principali giornali, qualcuno si inventa persino fantomatiche interviste. Nessun cavallo è mai stato “umano” come lui. Nel 2000 Snai, che nel frattempo aveva rilevato il 50% della proprietà, ne fa un testimonial per l’ippica. Tuttavia, esaurito l’effetto-Varenne, l’ippica italiana torna a fare quello che le riesce meglio: decadere.

Super campione e super stallone
Magari qualche uomo di ippica avesse avuto un pelo delle sue qualità! Sì perché lui non riesce a non essere fenomeno, nemmeno dopo il ritiro dalle corse. Varenne diventa da subito uno stallone prezioso, efficace, vincente. Ad oggi ha prodotto non meno di 2500 figli, molti dei quali sono diventati cavalli da corsa e diversi di successo: i suoi eredi hanno già vinto cinque volte il Derby del Trotto, proprio la corsa che aveva lanciato la carriera del fantastico papà.
A maggio compirà 24 anni, ha smesso di correre da oltre 16 ma chiunque lo abbia visto sfrecciare almeno una volta non l’ha mai dimenticato. Non me ne vogliano i tifosi di un politico attualmente in voga: di Capitano ce n’è uno solo, e si chiama Varenne.