Howard Lederer, Chris Ferguson e Ray Bitar, co-fondatori di Full Tilt Poker stanno in questi giorni consegnando quel che resta del patrimonio di Tiltware e delle società satelliti del gruppo al Dipartimento di Giustizia USA. In cambio, i procuratori di New York faranno decadere ogni azione civile nei confronti del sito.
Hanno accettato una sorta di “confisca” volontaria ed atipica. Il DoJ darà le chiavi a Bernard Tapie che sarà il manager e l’azionista di riferimento della cordata che controllerà in futuro la red room.
Anche gli altri soci, Phil Ivey, Erik Seidel, Jennifer Harman e company, rinunceranno alle loro azioni e – ufficialmente – usciranno da Full Tilt insieme agli amministratori.
In una precedente intervista di dicembre, lo stesso finanziere parigino aveva svelato al quotidiano francese “Le Figaro” che nell’operazione era in società con diversi partner statunitensi (anche casinò).
L’acquisto esige ancora alcuni passaggi formali a New York ma i transalpini (in particolare Laurent Tapie e il suo staff) sono già operativi nella sede di Dublino.
La burocrazia sta rallentando l’operazione (dipende soprattutto dal Dipartimento di Giustizia) ed i tempi tecnici auspicati da Tapie (ritorno online nelle prime settimane del 2011) si stanno dilatando oltre ogni ottimistica previsione.
In molti però si domandano se quella degli azionisti storici (Ivey e soci) sia un’uscita di scena definitiva oppure rimarranno legati in qualche modo allo storico brand del quale sono stati testimonial per molti anni.
Ebbene, c’è una clausola nell’accordo trilaterale con il Dipartimento di Giustizia che garantisce il possibile “rientro” dei vecchi azionisti da una porta secondaria ma non per questo meno sicura.
Ivey, Lederer e Ferguson (con tutti gli azionisti) hanno un diritto di opzione sulle quote che potranno esercitare nei prossimi mesi, prima della costituzione della nuova holding. Teniamo presente che solo “Jesus” (l’azionista di maggioranza) deteneva circa il 19% di Tiltware.
Non a caso i precedenti amministratori non hanno perso tempo a presentare domanda al DoJ per ottenere lo sblocco dei conti bancari personali, in questo momento oggetto di confisca da parte del FBI. Solo Ferguson ha richiesto la restituzione di 98 milioni.
L’obiettivo è quello di avere più liquidità possibile proprio per esercitare tale diritto di opzione in modo tale da rientrare in possesso di quote "pesanti" della società. Con la futura legalizzazione del mercato USA in molti sono convinti che per Tilt il futuro sarà roseo. Tapie, nella trattativa con il DoJ, ha posto come condizione essenziale per l'accordo, la possibilità di investire in una eventuale licenza rilasciata dalle autorità statunitensi.
L’unico “paletto” voluto dai procuratori di New York è stato quello di vietare ai precedenti amministratori (che hanno portato al dissesto finanziario) la partecipazione alla gestione del gruppo: non potranno mai fare parte del futuro board della multinazionale, ma immaginare Full Tilt Poker senza i suoi fondatori è un esercizio di pura fantasia.
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