Enrico "suited connector" Fabrizi è ormai un professionista del poker da un paio d'anni, e così abbiamo approfittato della sua esperienza per farci raccontare dal coach di PokerMagia che cosa davvero significhi essere un pro, con tutti i vantaggi e le criticità del caso.
"Al di là dell'aspetto economico, che pure è fondamentale, ho vissuto molte esperienze che mi hanno aiutato a crescere anche come persona, si è trattato di una specie di scuola di vita per quanto possa suonare banale, perché ti costringe al continuo confronto con te stesso".
Inizialmente dedicatosi con successo ai tornei e poi dirottate le sue energie nel cash game, nonostante debba ancora compiere 25 anni Enrico è una persona estremamente matura, e sa bene come imboccare il sentiero del professionismo non sia una scelta da compiere a cuor leggero: "Non bisogna credere che il poker sia una sorta di Eldorado. Indubbiamente è un gioco dove si possono raggiungere ottimi risultati a fronte di sforzi contenuti, se paragonati ad esempio a quelli che deve compiere un chirurgo, ma non vanno sottovalutati.
Per fare i professionisti servono costanza, predisposizione caratteriale e uno spirito di sacrificio notevoli, è importante rendersi conto di quali siano le proprie reali aspettative economiche prima di intraprendere questo passo".
Decidere di arrotondare le proprie entrate con il poker è infatti pratica relativamente diffusa fra gli appassionati, ma farlo come professione cambia decisamente la prospettiva: "Se non avessi avuto risultati iniziali incoraggianti grazie ai tornei sarebbe stato difficile far credere agli altri che quello che stavo facendo non era semplicemente un gioco di fronte al computer, e magari mi sarebbe anche mancata la giusta convinzione".
Visto che il poker può dare molto ma in cambio chiede almeno altrettanto, è inevitabile che per un pro la passione nel tempo lasci un po' lo spazio alla concretezza del risultato: "Credo di far parte di coloro che adesso vedono il gioco per lo più in un'ottica strumentale. Penso sia una professione con enormi vantaggi che però debba appartenere ad un periodo definito della propria vita, in modo poi da dedicarsi anche ad altro che sia in qualche modo "socialmente" più gratificante".
Quanto a ciò che serva per essere giocatori vincenti, anche su questo Enrico ha cambiato un po' il suo punto di vista: "Inizialmente pensavo che il livello tecnico fosse una delle cose più importanti, ma la tenuta mentale vale almeno altrettanto. Chi ha un mindset molto forte e una buona preparazione riuscirà sempre a prevalere sul "genio" a cui crollano i nervi dopo le prime bad beat o a seguito della terza 3-bet subita".
Importante per un professionista è anche il proprio rapporto col denaro, e nonostante non appartenga alla categoria Enrico prova a dare una sua lettura circa il bisogno di ostentazione che a volte qualcuno avverte di dover lanciare verso l'esterno: "Se dico a qualcuno che il mio lavoro è giocare a carte mi ride in faccia, ma se lo faccio sfrecciando su un Porche Carrera forse immagino di avere più credibilità.
Credo sia però una visione delle cose che prescinde il poker, in Italia forse c'è ancora un po' questa tendenza, ma essere dei ventenni con entrate importanti e al contempo avere la maturità per gestirli in modo ottimale non è facile, per me come per nessuno".
Se quella del giocatore professionista è ancora una professione trattata con diffidenza dalla maggior parte delle persone, "suited connector" crede che in ogni caso le cose stiano cambiando: "Le poker room hanno fatto un buon lavoro, coinvolgendo nel marketing persone del mondo dello sport e dello spettacolo che avvicinano il gioco alla gente, sganciandolo dallo stereotipo delle bische. Questo aiuta a sdoganarlo, a viverlo in modo molto più umano e facendolo diventare così uno scenario molto più accettabile".
Utente di vecchia data e moderatore del nostro forum, è possibile fare domande a suited connector anche nella sezione a lui dedicata fra i blog dei coach di PokerMagia!