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Scott Seiver: “Vincere 436.000 $ in Australia? Una vera sfortuna”

Scott Seiver è stato uno dei giocatori che, allo scorso Aussie Millions, ha chiuso col botto: quinto nel torneo High Roller con ricco deal annesso, settimo nel Main Event e circa 436.000 dollari in tasca. Una bella fortuna, direte, e certo è così. Ma forse, non fino in fondo.

AUSTRALIA MON AMOUR - Lo statunitense infatti non era mai stato in Australia, e una volta incontrata Melbourne è stato amore a prima vista, al punto che trovandosi sempre all'interno del casinò ha potuto visitare la terra dei canguri molto meno dei suoi amici, e di quanto avrebbe voluto: "Ci sono volute 14 ore di volo per arrivare da Los Angeles, e da un certo punto di vista ho runnato davvero male ad andare così bene nei tornei!".

Naturalmente Seiver scherza, ma non quando confessa che quel luogo lo abbia stregato ben più di quanto si sarebbe immaginato: "Se mi avessero chiesto un paio di settimane fa se sarei tornato là quest'anno avrei detto che non c'era nessuna possibilità, mentre adesso anche se non ho ancora deciso direi che è molto probabile".

Scott Seiver: oggi principalmente un torneista dal vivo, non disdegna di giocare anche cash game high stakes dal vivo

HIGH ROLLER IRONMAN - Scott parla anche dei tornei Super High Roller, che tanto hanno fatto discutere nelle ultime settimane: "Prima se ne giocavano un paio l'anno, adesso ce n'è uno ogni tre settimane - ammette - negli ultimi sei mesi credo che l'unico che non abbia giocato sia stato l'ultimo, quello vinto da Daniel Cates, perché il Sudafrica da raggiungere era davvero lontano partendo da Melbourne". Un ragionamento che devono aver fatto anche altri professionisti, visto che i presenti erano soltanto nove.

Tutti questi viaggi legati ai tornei lo hanno portato in sette diversi Paesi nel giro di nove settimane: quando poi viene detto che fare il professionista giocando solo tornei dal vivo è una strada difficilmente percorribile a causa dei costi non ci si può sorprendere. Non a caso Seiver gioca anche cash game live, in quanto residente negli USA.

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Riflette poi su quanto la conoscenza del poker abbia cambiato il suo approccio con la realtà, insegnandogli a non essere result oriented quando magari nel quotidiano accadono eventi inattesi, e soprattutto estremamente improbabili, ma non solo: "Mi piacciono i giochi e le situazioni di problem solving, tutto quello che crea competizione mi attrae, ma a differenza di altri ho conosciuto Magic The Gathering solo dopo essermi trasferito a Las Vegas, non ne avevo mai sentito parlare prima".

"Fiery Justice", una rara e devastante carta di "Magic: The Gathering" che ha ispirato il nickname di Jonathan Little

Curioso anche il suo modo di vedere il poker, che sicuramente si discosta da quello di altri torneisti come lui: "So che può sembrare strano, ma non ho mai visto il poker come qualcosa di legato a degli obiettivi da raggiungere. Tutto quello che mi ha sempre spronato a giocare è la mia natura competitiva, l'idea di volermi esprimere al meglio delle mie possibilità, il pensare 'queste persone credono di potermi battere, e io gli dimostrerò che si sbagliano'".

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Non sorprende, quindi, che anche per quanto riguarda altri aspetti del gioco abbia una visione che lui stesso definisce non convenzionale: "Il 99% dei professionisti vi dirà che una delle più grandi skill che si possono avere sia quella di lasciare da parte le proprie emozioni compiendo decisioni razionali, ma io appartengo al restante 1%, che è mosso dalla volontà di dimostrare di essere ancora al top. Tutti possono vincere un torneo, o esprimersi ad alti livelli per qualche mese o un anno, ma io aspiro alla longevità e voglio che il mio nome rimanga in cima ancora a lungo".

DO YOU FEEL LUCKY? - Tra l'altro ricorda divertito come i suoi primi successi siano arrivati assolutamente per caso, quando ancora conosceva a malapena le regole: "C'era questo freeroll su PartyPoker, a cui partecipavano migliaia e migliaia di persone ed in cui il vincitore si assicurava 500 dollari. Io ed il mio coinquilino lo vincemmo una volta a testa per due settimane di fila, qualcosa di assolutamente assurdo che allora sembrava normale. In un'altra occasione arrivai secondo in un torneo per 9.000 dollari, ma finii col perdere tutto per inesperienza".

"Adesso devi fare a te stesso una domanda: mi sento fortunato?"

Oggi Seiver ammette che per un suo connazionale sia più difficile fare altrettanto, ma almeno questa non crede sia soltanto fortuna: "In passato c'erano molte più opportunità, e molte meno persone che provavano a percorrere questa strada, ma ciò non significa che non abbia lavorato duramente per arrivare in cima. Sicuramente non ci sarei mai riuscito senza quelle occasioni iniziali ed un po' di buona sorte, ma questa da sola non basta. E' un po' come quando conosci qualcuno che diventerà poi importante nella tua vita, devono succedere un sacco di eventi improbabili perché accada". Ma poi, una volta che questo avviene, sta alle persone fare il resto.

La sua persona giusta, nel mondo del poker, del resto non è proprio un giocatore qualsiasi. Si trattatava infatti di Isaac Haxton: "Lui al college era già un professionista e lo guardavo giocare Limit Hold'em, interessandomi al poker. In seguito, quando andammo a vivere assieme dopo gli studi, arrivai a giocare ad alti livelli online sentendomi il migliore al mondo per la facilità con cui ci ero riuscito, ma lui mi metteva in guardia, ricordandomi che in futuro sarebbe arrivata una nuova generazione di professionisti preparati almeno quanto noi. Questo ad alti livelli in realtà non è mai avvenuto davvero nei tornei, a causa del Black Friday. Dan Smith è uno dei più giovani ed ha comunque 25 o 26 anni. Per il resto, ci sono pochissimi giocatori ad alti livelli che abbiano meno di 25 anni".

 E comunque, pochi o tanti che siano, a quanto pare Scott Seiver è pronto ad aspettarli tutti al varco.

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