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Avv. Sbordoni su Snai Servizi: "verrà mantenuto sistema concessorio"

Snai Servizi, con una lettera aperta ai Monopoli di Stato, ha inviato un messaggio chiaro allo Stato Italiano: perché non eliminare il sistema concessorio e passare al regime autorizzatorio? Abbiamo voluto analizzare la proposta (leggi qui nel dettaglio) e parlare del futuro del mercato italiano (ed in particolare del betting), con uno dei massimi esperti riguardo gli assetti regolatori del settore: l’Avvocato Stefano Sbordoni

sbordoniL’ha sorpresa la richiesta da parte di Snai Servizi? Alla fine la lettera è stata voluta e firmata da chi ha difeso questo sistema per quasi 20 anni.

C’è da fare una precisazione doverosa: la lettera è stata firmata da Snai Servizi, società che non fa parte di Snai Spa. Snai Servizi opera con sue concessioni ed utilizza il provider Snai. Il Dottor Ughi, che penso sia il maggior azionista, a sua volta, è vicepresidente di Agisco, l’associazione di categoria che rappresenta diversi concessionari indipendenti. 

Che significato dà a questa iniziativa?

E’ chiaro che la lettera ha un fine provocatorio e forse mira a stimolare qualche provvedimento a favore delle agenzie di scommesse concessionarie e, nel contempo, ad ottenere una risposta da parte delle autorità competenti sulla repressione del fenomeno dei CTD.

Ma che valore può avere? Quali possono essere le implicazioni legali?

Questo messaggio ha un valore mediatico, dal punto di vista del diritto la strada è impossibile da percorrere, l’attuazione della proposta deve passare da varie fasi. Si richiede un intervento dell’amministrazione che è alquanto improbabile, perché richiede a sua volta, un intervento del legislatore.

Ma dal punto di vista della politica di settore, non le sembra che questa mossa sia un primo passo verso un regime diverso da quello concessorio? Forse quella lettera è solo l’inizio di un domino, la spinta proprio per un intervento del Parlamento?

Le reazioni indirette e successive a questa ipotesi dell’autorizzatorio sono state fredde. Mi sembra di capire che l’intenzione delle autorità sia quello di mantenere l’attuale sistema.

Non sarebbe però più opportuno passare ad un regime diverso, considerando la doppia rete di raccolta che si è venuta a creare?

Sull’opportunità o meno il discorso è ampio. E’ logico però che tutti devono fare i conti anche con nuovi scenari che vanno ponderati molto bene. Perché si aprirebbe un panorama molto particolare.

Un mercato di difficile gestione per gli attuali operatori “italiani”?

Le società non possono non valutare l’impatto sul mercato e sul territorio di una svolta del genere. Mi spiego meglio: forse non ce n’è per tutti. Diventa un problema aprire alla totalità, a meno che le società che spingono per l’autorizzatorio non siano disponibili ad assumersi pienamente il rischio d’impresa, sapendo che, in tutti i casi, lo Stato dovrà comunque applicare dei limiti anche al nuovo regime.

Limiti volti a tutelare il mercato e gli investimenti?

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Diciamo che lo Stato, in un’ipotesi del genere, deve comunque mettere dei paletti, perché vi è comunque un impatto sul territorio che va calcolato: è vero che non è quello eccessivo e catastrofico descritto dai media, ma questo impatto esiste. Non si tratta di ghettizzazione o di limitare la concorrenza, ma l’impatto sarebbe valutato per ragioni logiche dallo stato. E tutti dovrebbero farlo.

Difficile trovare la soluzione, considerando che questa conflittualità va avanti oramai da 20 anni. 

Io sposterei il focus sugli operatori e sulla loro capacità di assorbimento della domanda da parte dell’utenza. 

Maggiore competitività per le nostre società?

Gli operatori devono adeguarsi agli standard internazionali e mi riferisco alla capacità imprenditoriale, agli aspetti tecnologici, all’organizzazione, all’offerta etc etc.

Come valuta il livello attuale?

Il nostro mercato interno non risponde in toto a questi requisiti di qualità. Sono pochi gli operatori che hanno una capacità imprenditoriale specifica a tale riguardo. Bisogna elevare il livello qualitativo, ma questo non vuol dire che devono operare solo pochi grandi. 

Elevare il livello qualitativo, in Italia non è un termine un po’ troppo abusato?

Si, per questo bisogna sottolineare che la qualità non deve essere intesa come una somma di adempimenti burocratici che è stato il grosso equivoco del legislatore e del regolatore. Non è con una massa in più di carte che si eleva la competitività delle nostre imprese.  Un appesantimento burocratico non tende a limitare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata. La polizia giudiziaria e la magistratura devono essere in grado di distinguere e di individuare le organizzazioni criminali, come accade negli altri settori. Il male dal bene non si distingue con una massa di carte, ma con la capacità operativa delle autorità.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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