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Corte di Cassazione

Giocatore pugliese vince milioni al SuperEnalotto? Per la Cassazione dovrà pagare le tasse

Un caso a dir poco controverso e complicato quello che è finito all’esame della Corte di Cassazione di recente dopo un lungo iter giudiziale e che ha come oggetto una presunta vincita al SuperEnalotto.

Analizziamo le tappe della vicenda processuale.

La presunta vincita al SuperEnalotto e la contestazione fiscale: la storia

Nel 2011, viene contestata - da parte dell’Agenzia delle Entrate - a un uomo pugliese una mancata dichiarazione di redditi per 497.000 euro in merito all'anno fiscale 2006. Proprio a pochi mesi dalla data di prescrizione, viene notificata al contribuente una richiesta di 235.000 euro di imposte non versate.

L’uomo aveva giustificato tali entrate come una vincita al SuperEnalotto, sostenendo di aver incassato una schedina vincente milionaria nel 1999 attraverso una persona di fiducia (per ragioni personali) che poi gli aveva restituito le somme nel tempo. Sappiamo che nel 1999 le vincite erano esenti da qualsiasi forma di prelievo.

La Commissione tributaria provinciale aveva accorto il ricorso del contribuente pugliese.

Ma non è finita qui, la storia prosegue, l'Agenzia delle Entrate non si dà per vinta.

In appello, la Commissione Tributaria regionale di Bari aveva confermato solo in parte la sentenza di primo grado, però aveva riconosciuto le giustificazioni del contribuente e ridotto l’importo del reddito contestabile.

L’Agenzia delle Entrate ha fatto così ricorso in Cassazione.

Vincita SuperEnalotto: il ricorso dell'AdE e la pronuncia della Cassazione

La Suprema Corte ha annullato la sentenza di secondo grado e rimandato alla Commissione Regionale la questione, cassando la sentenza e fissando però dei principi importanti nel decreto che i giudici tributari pugliesi dovranno tenere conto per una nuova sentenza riformulata su presupposti differenti.

In sintesi, l'Agenzia delle Entrate (AdE) ha vinto.

In particolare gli agenti del fisco avevano fatto ricorso contestando principalmente le prove e l’applicazione della normativa che regola le presunzioni legate ai movimenti bancari segnalati.

La Cassazione ha accolto tutti i motivi del ricorso: la documentazione presentata (un’attestazione bancaria relativa alla presentazione all’incasso di una presunta schedina vincente), non soddisfa l’onere probatorio richiesto.

Cassazione: necessario lo scontrino della giocata per provare la vincita

Secondo la Suprema Corte, per dimostrare l’effettiva provenienza delle somme da una vincita al gioco, è necessario produrre lo scontrino originale della giocata, documento che certifica in modo univoco il diritto alla riscossione.

La Corte di Cassazione ha confermato la sua giurisprudenza consolidata sul tema ed è coerente: nel 2021 riportammo – come Assopoker - una sentenza su una vincita nel poker live in un casinò europeo da parte di un giocatore di Bolzano.

In quel caso i giudici si espressero ribadendo che il contribuente doveva fornire "una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultane”.

La terza persona coinvolta ha negato

Ritornando al caso in esame, la Corte ha evidenziato che la persona presunta come beneficiaria dell’incasso della vincita ha negato di aver mai ricevuto o restituito somme a quel titolo, parlando piuttosto della restituzione di un prestito personale.
Ulteriori incongruenze – secondo Jamma che riporta le motivazioni della Cassazione- sono emerse dal fatto che il giudice d’appello ha ritenuto non imponibili alcuni versamenti bancari effettuati da soggetti terzi, senza che il contribuente li avesse invocati né fornito elementi giustificativi.

La Cassazione ha ricordato che la presunzione di imponibilità prevista dall’art. 32 del DPR 600/1973 può essere superata solo con una prova analitica e specifica per ciascuna operazione bancaria.

"Il contribuente deve fornire una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultane”.

Corte di Cassazione (nel precedente del 2021)

Quanto ai prelievi effettuati dal contribuente, la Corte ha ribadito che trattandosi di un’attività qualificabile come impresa, il soggetto è tenuto a fornire la prova della natura non reddituale di ogni movimento, cosa che non è avvenuta nel caso esaminato.

In assenza di riscontri precisi e documentati, il giudice non può considerare giustificati i movimenti bancari solo sulla base di generiche dichiarazioni o documenti privi di valore probatorio.

tasse gioco
Le tasse applicate al gioco (foto Shutterstock)

Sentenza impugnata è stata cassata

La sentenza impugnata è stata quindi cassata. Cosa significa? La decisione è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, che riesaminerà il caso attenendosi ai principi stabiliti dalla Cassazione.

In estrema sintesi la Cassazione cosa dice? Se non esiste una ricevuta dell’incasso della schedina o una prova documentale che attesti l’esistenza di una schedina incassata, il contribuente viene sottoposto a un accertamento fiscale legittimo. Nel caso contrario qualsiasi evasore potrebbe inventarsi di aver vinto al gioco. Nel caso di specie, c’è anche un problema evidente: le prove testimoniali sono state a sfavore del contribuente (il presunto beneficiario della vincita ha negato l’esistenza di una schedina).

Le vincite alle lotterie devono essere dichiarate al fisco?

I giocatori quando vincono al SuperEnalotto, al lotto o altri giochi delle lotterie, devono inserire le vincite nella dichiarazione dei redditi?

Non devono farlo, però è bene ribadire che, prima di consegnare la schedina al concessionario (per il SuperEnalotto Sisal) o alla banca di fiducia per l’incasso, è bene che facciano copia della schedina che attesti e provi anche negli anni futuri i movimenti bancari. In questa sentenza della Cassazione emerge la necessità di una prova documentale

Le vincite come quelle del SuperEnalotto sono tassate alla fonte e l’aliquota viene applicata e trattenuta dal concessionario che poi lo verserà all’Erario e consegnerà una ricevuta anche al fortunato giocatore.

La tassa sulla fortuna è stata introdotta nel 2012 e per le vincite al SuperEnalotto è del 20% sulle somme che eccedono i 500 euro. Quindi su una vincita di 10.000 euro, per esempio, viene applicato il 20% su 9.500 euro, pari a 1.900 euro.

Nel 1999 non esisteva ancora la tassa sulla fortuna e le vincite erano esentate, salvo però presentare – come sottolinea la Cassazione – una prova credibile di tale vincita all'Agenzia delle Entrate.

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Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.