Il mercato del poker online italiano è in crisi, i grinder più forti vanno all’estero per giocare su PokerStars.com ed altre rooms (Winamax ad esempio per i tornei) e network (iPoker), mentre la maggioranza dei players e degli addetti ai lavori auspica un’apertura dell’Italia alla liquidità internazionale condivisa, per una svolta vera che tarda ad arrivare.
L’idea originaria era quella di creare un mercato unico condiviso con Francia e Spagna: l’Italia è pronta dal 2009, il problema riguarda i nostri “partner” che devono prima ottenere le necessarie autorizzazioni, attraverso modifiche legislative.
Un passo che significa dover conquistare il consenso dei partiti politici e del Parlamento. Un assenso tutt’altro che scontato, in particolar modo in Francia.
E allora? C’è chi propone un accesso diretto alle piattaforme dot com, facendo log-in dalle nostre rooms, proprio come avviene in Gran Bretagna e Danimarca.
L’idea è condivisibile in teoria, in poco tempo i giocatori italiani non avrebbero più problema di action e i nostri professionisti più forti potrebbero rientrare nel Bel Paese.
Ma qualsiasi poker manager di una certa esperienza che ha lavorato sul dot com è consapevole che, con questa seconda soluzione, il field italiano sarebbe esposto a rischi pazzeschi.
Non stiamo parlando ovviamente dei nostri giocatori più forti che non hanno nulla da temere con i top players stranieri. Ci riferiamo ai nostri grinder medio-bassi e ai molti giocatori occasionali.
L’esperienza passata ci insegna che il field italiano medio è perdente nel lungo periodo in confronto a giocatori inglesi, tedeschi, svedesi, danesi (nordici in generale) e canadesi. Vale la pena rischiare?
Forse meglio aspettare Francia e Spagna che, per livello di gioco, sembrano più in linea con il field italiano.