Il 2016 sarà ricordato come l’inizio di una stagione molto difficile per il gioco online italiano. La notizia è passata sotto traccia, sottovalutata. In pochi hanno percepito i problemi che scaturiranno dal nuovo ban che, di fatto, oscurerà gli spot televisivi per qualsiasi tipo di gioco, per 15 ore al giorno.
Piuttosto che regolamentare in modo serio l’advertinsing, informare i giocatori, metterli al corrente dei rischi che rappresentano i singoli games, i consumatori italiani si troveranno sempre più disorientati.
Non si è voluto risolvere un problema alla radice, lo si è voluto nascondere sotto lo zerbino. Alla faccia di una nuova cultura del gioco (l’esempio della Gran Bretagna è sotto gli occhi di tutti). Eppure rimedi seri ed efficaci esistono, ad iniziare dall’uso della tessera sanitaria per accedere alle slot e agli altri giochi. La verità è che questo Governo, come quelli precedenti, non se la sente di rinunciare ad un gettito fiscale così importante. Semmai lo incentiva (vi spiegheremo come).
L'industria dell'e-gaming non avrà più la possibilità di mettere in vetrina le proprie offerte, la pubblicità in televisione sarà vietata dalle 7 del mattino fino alle 22 di sera. Entrerà a breve in vigore il ban per gli spot televisivi, voluto dal Governo e inserito in un emendamento della Legge di Stabilità.
Giusto proteggere le categorie più deboli ed esposte in certe fasce orarie (il gioco online italiano però si era già auto-regolamentato in questa ottica), ma questo nuovo divieto risulta tanto eccessivo, quanto inutile, in merito al fine dichiarato (contrastare le dipendenze). Le finalità forse sono altre?
Ad essere colpito sarà esclusivamente il gioco online, in particolare le scommesse e i casinò sul web.
Le famigerate slot (che rappresentano una buona fetta della spesa e una delle principali cause dei casi di ludopatie) non hanno certo bisogno di spot televisivi, considerando che le persone comuni (e purtroppo anche minori ed anziani) entrano in contatto con queste macchinette diaboliche ogni giorno, nel bar sotto casa o quando si recheranno nella tabaccheria di fiducia. Stesso discorso per lotto e lotterie. Tutti giochi di pura fortuna dalla forte attitudine a creare dipendenza e con payout molto bassi.
Un provvedimento eccessivo, considerando che l'e-gaming rappresenta solo il 4% della spesa che gli italiani destinano al gioco. In questo modo si vuol combattere la ludopatia in modo serio? Ma per favore, non prendeteci in giro.
La verità è che l'online è scomodo perché richiama volumi importanti, ma offre margini quasi "insignificanti" se proporzionati al turnover. E rappresenta un concorrente forte per altri giochi, seppur la ricaduta sui consumatori sia molto più bassa (il 4% rispetto a quasi il 30% dello speso).
Tradotto? Lo Stato non ci guadagna con un payout così alto (ovvero la percentuale del denaro giocato restituito ai players). L’e-gaming pagherà per l’eccessiva popolarità delle slot online tra i consumatori e fino alle 22 sarà tutto oscurato in televisione.
Meglio quindi - il nostro tono è ironico - destinare questi volumi verso le slot live, come? Indebolendo la concorrenza scomoda dell’online. Gli apparecchi da intrattenimento sono il vero business per le casse dell'Erario (il prelievo unico è aumentato in maniera quasi insostenibile per gli operatori e con un payout molto basso che si assesterà al 71% circa).
E' un bel piano diabolico quello messo in atto, destinato solo a far indirizzare i gamblers in acque molto pericolose, dove le perdite sono una certezza così come il rischio di dipendenza parecchio alto. Tutto in nome della lotta alla ludopatia. Un'eresia bella e buona.
I danni collaterali però non sono finiti. Dopo anni ed anni nei quali si è avuta piena libertà di azione, senza alcun limite, oramai i players conoscono bene questi giochi. Misure quindi inutili nella lotta alle dipendenza. Semmai il problema sarà quello di essere capaci a riconoscere l’offerta di siti concessionari da quelli non autorizzati. In poche parole, molti giocatori – in futuro - saranno attratti online da case da gioco che raccolgono gioco in Italia ma versano tasse in altri paesi e che seguono altre regole (quindi con ricadute eventuali anche in materia di sicurezza, anti riciclaggio e controlli). E qui lo Stato italiano potrà fare poco, visto che l’oscuramento è un ostacolo facilmente aggirabile nel 2015, come lo era anche 10 anni fa.