Il poker online statunitense è stato colpito da un vero e proprio tsunami con l’inchiesta condotta dal Dipartimento di Giustizia nei confronti delle principali poker room che operavano negli USA. Ma è bene sottolinearlo: l’indagine non avrà ripercussioni all’estero, come ha assicurato, in un comunicato ufficiale, Full Tilt Poker:
"Purtroppo, a seguito di questa azione giudiziale, Full Tilt Poker ha deciso che è necessario sospendere negli Stati Uniti i giochi real money, fino a quando questo caso non verrà risolto”. La red room quindi si allinea alla stessa posizione di PokerStars.com che ha bloccato l’accesso ai giocatori a stelle e strisce, onde evitare la reiterazione dei reati contestati.
Un provvedimento che riguarda quasi 2 milioni di players attivi nel Nord America. Secondo il sito PokerScout, hanno giocato a poker online nel 2010, la bellezza di 1,8 milioni di giocatori per un giro d’affari spaventoso di 16 miliardi di dollari. Per la PPA, l’associazione dei poker players americani, le stime sarebbero molto più importanti.
La red room ha ribadito nel comunicato: “Full Tilt Poker continuerà a fornire servizi di poker online fuori dagli Stati Uniti”. Ed è molto probabile che gli operatori concentreranno i loro investimenti soprattutto nei mercati regolamentati del Vecchio Continente.
E’ stato reso noto che gli oltre 75 conti bancari, oggetto di ordini restrittivi da parte del Dipartimento di New York, sono intestati a amministratori, responsabili dei siti e società intermediarie ma non riguardano fondi di giocatori americani.
In una successiva comunicazione, Full Tilt Poker ha assicurato: "Tutti i giocatori che sono stati coinvolti dalle note vicende, hanno ottenuto il rimborso dei loro fondi, sui propri conti e tutte le nuove richieste di prelievo sono espletate normalmente”.
“Assicuriamo tutti i giocatori di Full Tilt Poker che non cambierà la vostra esperienza di gioco online e sarete in grado sia di depositare che prelevare i fondi in base alle vostre esigenze. Il denaro rimane sicuro e accessibile a tutti nei normali tempi dovuti".
E presto i giocatori italiani potranno accedere al nuovo FullTiltPoker.it, con regolare concessione AAMS.
Brutte notizie da Las Vegas: un portavoce della Wynn Resort ha dichiarato ufficialmente che l'accordo con PokerStars.com non è più valido. Stessa reazione da parte della famiglia Fertitta nei confronti di Full Tilt Poker. Le due multinazionali del Nevada sembrano aver voltato le spalle ai partner, dopo neanche un mese dall'ufficializzazione degli accordi.
Nel frattempo, la polizia federale è ancora al lavoro, in collaborazione anche con l’Interpol e le polizie di altri paesi. Nella giornata di venerdì sono state arrestate due persone: si tratta di John Campos, vice-presidente di una piccola banca di Saint George, nello Utah, che ha accettato transazioni bancarie legate al gioco, in cambio di un compenso personale di 20.000$ e 10 milioni di investimenti nel proprio istituto di credito da parte di un operatore di gaming. Un altro uomo, coinvolto nell’operazione, è stato arrestato a Las Vegas: si tratta di Chad Elie, 31 anni, che secondo la pubblica accusa, sarebbe stato l’intermediario tra le rooms e le banche. In particolare, nel settembre del 2009, avrebbe contattato proprio John Campos, convincendolo a collaborare con le società di poker online.
Un terzo uomo è stato convocato a comparire dinanzi ai procuratori il 19 aprile. La strategia da parte del Distretto Sud del Dipartimento di Giustizia di New York sembra chiara: mettere sotto pressione i responsabili degli istituti finanziari compiacenti, al fine di ottenere dichiarazioni compromettenti sul conto delle rooms.
Tra gli undici indagati anche i responsabili di Full Tilt Poker, Ray Bitar e Nelson Burtnick che hanno commentato: "Siamo sorpresi e delusi dalla decisione del governo di sostenere queste accuse”. In via del tutto ufficiosa, le altre società coinvolte, hanno fatto sapere che proveranno la propria condotta lecita nel mercato degli Stati Uniti in questi anni.
C’è un precedente illustre: il Dipartimento di Giustizia in passato fece arrestare, per violazioni sulle norme sul gioco online negli USA, l’indiano Anurag Dikshit, co-fondatore di PartyGaming che fu costretto a siglare un accordo con le autorità federali: dovette ammettere la propria colpevolezza e pagare una multa di 300 milioni di dollari, evitando però una durissima pena detentiva.
a cura di Luciano Del Frate