A 10 mesi dal black-friday il “Department of Homeland Security” dimostra di fare ancora terribilmente sul serio: dopo aver sequestrato i fondi del network maltese Everleaf, nelle ultime ore è passato all’offensiva con uno dei siti di gambling più noti negli States: Bodog.
La Procura Federale di Baltimora ha sequestrato il dominio Bodog.com (non è più visibile neanche in Europa) ed incriminato il noto fondatore del sito Calvin Ayre, al quale sono stati contestati i reati di gioco d’azzardo non autorizzato e riciclaggio di denaro. Sono stati incriminati anche tre cittadini canadesi, manager della società: Philip James, Dave Ferguson e Derek Maloney. Contestato l’esercizio e la raccolta di scommesse sportive non autorizzate dal 2006 al 2012.
Seppur non sia scattato di venerdì, il blitz dei federali ha molte similitudini con il primo black-friday che ha messo alla sbarra le quattro principali poker rooms che operavano offshore negli USA: anche in tal caso si era proceduto con il sequestro dei domini e l'incriminazione dei proprietari dei siti.
Calvin Ayre ha fondato Bodog nel lontano 1994 ed ha sempre operato con una licenza di gioco rilasciata da Antigua; non a caso tra lo stato caraibico e gli USA è in corso una battaglia legale dal 2006 nella sede istituzionale del WTO, l'organizzazione commerciale mondiale.
L’anno scorso, per tutelarsi da brutti scherzi, Bodog ha ottenuto una concessione anche in Gran Bretagna. I responsabili del bookmaker hanno commentato: “i siti di Bodog Europe, Bodog Asia e Bodog UK non hanno mai accettato gioco dagli States e pertanto non possono essere coinvolti nell’inchiesta”.
L’indagine sarebbe partita nel luglio del 2010, grazie alle confidenze di un ex dipendente che avrebbe ricostruito la movimentazione dei fondi raccolti negli USA. I federali hanno sequestrato il dominio. In particolare Bodog avrebbe pagato vincite per scommesse, per circa 100 milioni di dollari ai clienti americani con bonifici bancari. Altri 42 milioni sarebbero stati versati ad una media company per pagare i players statunitensi. Operazioni che costituiscono una chiara violazione della normativa UIGEA.
D’altronde proprio dopo il venerdì nero, Bodog era stata una delle room più aggressive nel marketing ma il problema, in questo caso, non è l’offerta inerente al poker bensì al betting: stiamo parlando di uno dei bookmaker più in vista negli USA, molto amato dagli scommettitori di sport americani.
Per quanto riguarda il reato di gioco d’azzardo, i procuratori hanno contestato le violazioni delle leggi dello Stato del Maryland e quelle federali sulle scommesse (solo in Nevada è permesso).
Il dato significativo è che non è stata mossa nessuna contestazione per quanto riguarda invece il poker online: i procuratori hanno scelto una linea più prudente a seguito dell’interpretazione favorevole del Dipartimento di Giustizia sul wire act (che vieta solo il betting in via telematica). Il problema per tutti i siti di gioco statunitensi rimane la normativa sul riciclaggio, considerando la ferrea applicazione dell’UIGEA da parte di tutte le procure.
Polemico il commento del fondatore Calvin Ayre: “è un abuso della giustizia penale statunitense ed una grave interferenza alle politiche commerciali delle grandi imprese americane. Secondo il diritto internazionale, l’industria del gioco online è legale”. L'imprenditore fa riferimento, in particolare, ai pareri critici del WTO contro la normativa federale statunitense.