L’onda lunga dello scandalo di Full Tilt Poker è arrivata fino a Dublino nella sede di Pocket Kings, la società che gestisce il marketing e l'apparato tecnologico del gruppo. Nella giornata di venerdì sono stati licenziati 180 dipendenti in Irlanda. Senza dubbio un brutto segnale sulle prospettive del sito.
L’allontanamento dei primi impiegati è iniziato mercoledì, dopo quattro settimane di concertazione con il personale. Il piano di “risanamento” del nuovo management prevede un taglio totale di 250 posti di lavoro. D'altronde, i dipendenti stessi, hanno ammesso che dal 29 giugno (giorno del distacco) si recano in ufficio ma senza svolgere alcuna mansione operativa.
In molti hanno letto questa notizia, in chiave negativa, anche in vista della vendita al gruppo guidato da Bernard Tapie. Un segnale di debolezza da parte della futura proprietà oppure una strategia di risanamento?
La room contava circa 4 milioni di clienti, la metà residenti dagli Stati Uniti. Con l’inevitabile chiusura del mercato dagli States, il ridimensionamento della struttura era comunque un passo necessario. PokerStars, ad esempio, ha registrato una diminuzione del traffico – su base annua – del 20%. In caso di ripresa, Full Tilt Poker perderà più del 50% dei giocatori ed andrà incontro ad altri problemi organizzativi: nei mesi scorsi si è trasferito - su base volontaria - una parte del personale qualificato alla concorrente irlandese PaddyPower: si parla di esperti manager ed ingegneri che garantivano l'operatività di Pocket Kings.
In tutti i casi, l’apertura della procedura per il piano di mobilità è un segnale chiaro sul fatto che il tempo sia sempre più tiranno nei confronti del gruppo. La multinazionale sta accumulando perdite ingenti giorno dopo giorno. Oramai è dal 29 giugno che non è più online e se la crisi non verrà risolta entro breve, rischiano il taglio tutti i dipendenti della red room.
Le strategie di rilancio sono al momento arenate a New York: i colloqui tra Laurent Tapie e il Dipartimento di Giustizia di Manatthan procedono a rilento, seppur vi è sempre un certo ottimismo tra i legali che rappresentano la cordata francese. Nella Grande Mela la parola d’ordine è solo una: silenzio assoluto. I procuratori hanno imposto a Tapie e ai propri legali il basso profilo. Nei prossimi dieci giorni si verrà a conoscenza dell’esito delle trattative: siamo alla stretta finale, il momento della verità è vicino.
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