A Macao è un momento di profonde riflessioni, dopo l'attacco da parte del Governo centrale cinese che ha minacciato velatamente di voler creare delle alternative forti alla Las Vegas asiatica.
Pechino è pronta a creare un nuovo polo turistico e ludico (con i casinò in prima linea) nell'isola di Hainan, in una posizione geografica scomoda per l'industria del gambling di Macao.
L'obiettivo di Pechino è quello di colpire i forti interessi economici americani nella capitale del gambling mondiale. Colpire Macao vorrebbe dire danneggiare i principali finanziatori (Sheldon Adelson e Wynn) del Partito Repubblicano di Donald Trump. Un modo per rispondere al presidente sulla guerra commerciale dei dazi doganali innescata dagli Stati Uniti.

C'è poi la stretta forte del Governo sul poker, con il nuovo Black Friday e lo stop ai giochi clandestini high stakes che si sono trasferiti sulle social app.
Il miliardario di Hong Kong Lawrence Ho è a capo della più potente multinazionale del gioco asiatica: è presidente e CEO di Melco International ed ha un patrimonio personale valutato in 1,2 miliardi di dollari per Forbes.
Per chi non lo conoscesse, Lawrence è figlio ed erede del king per eccellenza da quelle parti: Stanley Ho, il boss di Macao che per 20 anni ha operato da monopolista nell'ex colonia portoghese. Anche oggi la sua famiglia ha un'influenza decisiva sulle sorti dell'economia locale (e non solo).
Lawrence Ho ha mandato un segnale forte: ha rotto il contratto con PokerStars, per PS Live nel suo City of Dreams ed in questi giorni è uscito allo scoperto, ordinando: "stop con il poker a Macao, il live non porta business".
Le conseguenze sono profonde: in queste settimane oltre al Galaxy e al City of Dreams, diversi casinò controllati dallo stesso Ho chiuderanno le porte, in modo definitivo, al texas hold'em: fanno parte del gruppo anche grosse sale come Studio City e Altira, oltre al City of Dreams di Manila.
Molto probabilmente ci sono ragioni politiche alla base: Ho vuole evitare di essere la vittima sacrificale nella guerra commerciale tra Trump e il partito comunista ed ha voluto mandare un SMS politico a Pechino (forse indotto dallo stesso Governo) prendendo le distanze dai partner occidentali e dal poker che in questo momento è finito nell'occhio del ciclone.
Nella visione di Melco e del suo boss Lawrence Ho, il futuro di Macao si chiama eSports che sono molto popolari in Cina (la maggior parte degli utenti di Twitch sono asiatici). Gli spazi e le strutture dovranno essere dedicati a questo nuovo business.
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A Macao, oltre il 93% delle revenues arrivano dai tavoli di baccarat high roller (vera passione dei gamblers cinesi) e tutti gli altri giochi sono visti come un'abusiva occupazione di spazi.
Il problema principale per il poker live rimangono il cap per i tavoli: i casinò possono gestire un numero di tavoli limitato e stabilito dalle autorità locali. Inutile dire che l'offerta sia quasi del tutto concentrata sul baccarat.
Il poker, in alcuni casinò, è visto come uno strumento marketing per favorire il cross-over ma la concorrenza di altri giochi sta diventando insostenibile.
Con ogni probabilità rimarranno attive poche rooms per il poker: in prima fila rimane il King's Club che è la sede storica del Big Game asiatico. Per i tornei si salva il Venetian.