Il gioco in Italia rischia di tornare ai tempi del “proibizionismo”: l’opinione pubblica si è scatenata in modo selvaggio contro il gaming e la politica sembra disposta a cavalcare l’onda, tralasciando i veri e reali problemi del paese. Nessuna iniziativa seria per arginare la corruzione dilagante o tagliare la spesa pubblica ma ben quattro disegni legge sul gioco al vaglio delle Commissioni Giustizia e Finanza del Senato. C’è inoltre un altro decreto volto a disciplinare la pubblicità nel settore che è in via di elaborazione. E’ probabile che alla fine venga approvato a furor di popolo un Testo Unico in materia.
Sia ben chiaro, il problema della ludopatia va affrontato in maniera seria e mirata, senza sparare però nel mucchio, sulla base di numeri e statistiche irreali. E’ stato mai commissionato uno studio serio sul numero di persone dipendenti dal gioco? E’ mai stata effettuata un’analisi complessiva e scientifica sulle cause? Ma soprattutto: i soggetti colpiti da tali patologie a quali giochi si sono rovinati?
In questo caos mediatico, ci ha colpito la dichiarazione della Senatrice del Pdl Laura Allegrini, relatrice dei disegni legge sul gioco d'azzardo in Senato. Sul delicato tema delle dipendenze si è espressa in questi termini: "è una gravissima – ha affermato all’autorevole agenzia Agicos e ad altri siti di informazione - patologia, sociale e criminale e come confermano alcuni studi medico-scientifici è una malattia che dà dipendenza e che incide sulle fasce psicologicamente più vulnerabili. Si stima che ci siano circa 17 milioni di persone coinvolte in questo tipo di attività e che circa la metà del campione sia tra i 15 e i 24 anni. E' una piaga giovanile, una piaga sociale che va combattuta. Per questo puntiamo a un inasprimento delle pene e a mettere in atto una serie di misure di prevenzione".
Siamo d’accordo sul fatto che stiamo parlando di una malattia che va seriamente studiata e arginata ma rimaniamo scettici nel leggere certi numeri: siamo certi che in Italia ci siano realmente 17 milioni di persone dipendenti? Siamo 60 milioni circa e facendo due rapidi calcoli, quasi una persona su tre sarebbe malata in base a questi "studi medico scientifici". Permetteteci di dissentire ma sono numeri del tutto irreali. Il problema è che si vuole intervenire nel settore con una nuova legge ma su quali presupposti? Il rischio è di creare ancora più danni e disagi se si agisce con superficialità.
In questo feroce dibattito è intervenuto stamani Mario Adinolfi, giornalista e poker player, pubblicando un editoriale dal titolo "il poker non è il gratta e vinci" sul quotidiano “Europa”. Leggiamo insieme alcuni interessanti passaggi:
“La nuova ondata moralizzatrice dei buoni contro i cattivi riguarda ora il gioco d’azzardo. Il governo dei tecnici, splendido sotto molti profili, incappa nel solito peccato italico di schizofrenia approvando norme per nuovi giochi e insieme dando parere favorevole all’ordine del giorno contro il gioco. Come persona informata (molto informata) sui fatti provo a dare qualche elemento agli avvocati del diavolo.
Sì, perché il gioco d’azzardo è certamente un diavolo, che tenta gli italiani con sapienti armi di seduzione, tanto da far sì che i nostri connazionali si giochino ogni anno l’equivalente di quattro punti di Pil. È il terzo comparto industriale assoluto del paese, ha fatto girare quasi 80 miliardi di euro nel solo 2011, anno di crisi nera per l’economia, con tutti in piazza a lamentarsi perché non ci sono i soldi per arrivare alla quarta settimana. Ma per le dodici volte al mese in cui si estraggono i numeri di lotto e Superenalotto gli italiani i soldi li trovano”.
L’intervento di Adinolfi però ci dà modo di chiarire alcuni aspetti: dei 79,9 miliardi di euro giocati, oltre 61 miliardi sono tornati nelle tasche degli italiani, 10 circa sono andati all’Erario con grossi benefici per la collettività. La spesa dei giocatori nell’online è stata minima rispetto all’intero settore, pari a 735 milioni circa, cioè quanto hanno incassato le sale cinematografiche. Per non parlare del poker online che è il gioco con il più alto payout (la percentuale che torna nelle tasche dei players): gli italiani hanno speso circa 130 milioni nel 2011 ai tavoli cash delle rooms autorizzate da AAMS eppure rimane uno dei giochi più criminalizzati da televisioni e giornali, con i soliti moralizzatori in prima fila.
L’editoriale di Adinolfi va proprio in questa direzione: “…invece di approvare ordini del giorno ipocriti dopo una legge che dà spazio a nuovi giochi, perché non approfondire la cultura del gioco? Perché non spiegare agli italiani che ci sono giochi dove matematicamente il 99,99 per cento dei giocatori è perdente e altri dove invece si può persino provare a vincere? No, finisce tutto nello stesso calderone…”.
Adinolfi si scaglia contro alcuni colleghi che hanno criticato Gigi Buffon perché sponsorizzato da un sito di poker spiegando: “Esistono giochi di azzardo puro, a perdita garantita perché il banco ha un vantaggio enorme. E esistono per la legge italiana gli skill games, tradotto dall’inglese, giochi di abilità, in cui si gioca contro altri giocatori e il più abile vince. Perché non investire dei soldi spiegando agli italiani questa distinzione? Perché non conviene. Gli italiani spendono decine di miliardi alle videoslot, dove la massima abilità richiesta è quella di sapere premere un bottone e allo Stato (e agli operatori del settore) conviene”.
“Non si può estirpare - conclude Adinolfi - il gusto del gioco dall’anima degli italiani. Si può insegnare loro a giocare in modo sensato e non totalmente cretino”.