In queste ore si sta definendo a New York la nuova geografia del poker mondiale: gli Stati Uniti sono considerati il primo mercato nonostante l’UIGEA ed i paletti del Dipartimento di Giustizia. Solo Full Tilt Poker poteva vantare due milioni di clienti americani prima del black-friday, ovvero il 50% del suo portafoglio planetario.
Con la prossima regolamentazione del gaming in rete negli States, è convinzione degli analisti di Wall Street che le società che riusciranno a conquistarsi una fetta dell’online nord americano, avranno un surplus di ricavi tali da poter dettare legge in tutti gli altri paesi occidentali: potranno permettersi investimenti marketing massicci a tutte le latitudini.
Eppure in questi giorni, la partita high stakes più importante si sta giocando dinanzi ai procuratori di Manhattan. Le quattro società oggetto delle attenzioni di Preet Bharara, stanno trattando due aspetti fondamentali: la mega multa complessiva da 3 miliardi di dollari e la loro partecipazione al futuro mercato federale made in USA.
Da Washington arrivano segnali incoraggianti su una futura legge ma il processo sarà lungo: con ogni probabilità il poker online sarà regolamentato solo in alcuni Stati nel 2012 con il Nevada e il New Jersey su tutti. L’industria dell’e-gaming si trasferirà a Las Vegas e dintorni. Anche ad Atlantic City stanno pensando di rilanciare il progetto di legge bocciato nel 2010: i casinò, l’industria dell’intrattenimento e del turismo sono in crisi e l’unica strada per creare nuovi posti di lavoro è l’online. L’Iowa ha già mosso i primi passi in questa direzione.
Per questo motivo i legali di Bernard Tapie stanno negoziando con Bharara per raggiungere un accordo extragiudiziale che possa andare in una direzione favorevole a Full Tilt Poker: pagamento (parziale) della mega multa (circa 1 miliardo) in cambio della garanzia di poter operare in futuro negli USA. Per il finanziere francese è l’unica strada per garantire un futuro al gruppo ed onorare le pendenze con il Governo a stelle e strisce.
PokerStars.com (che è riuscita a contenere i danni del black-friday con una diminuzione del 20% del traffico nei tavoli di cash game, secondo i dati pubblicati da PokerScout) fa indirettamente il tifo per Tapie. Se Full Tilt Poker uscirà dal Dipartimento Sud di New York con un accordo di tale portata, anche la prima room mondiale potrà trattare condizioni più favorevoli (la multa è di circa 1,5 miliardi) e rivendicare un suo ruolo di primo piano negli USA. I quattro siti di gioco hanno siglato ad aprile un accordo con il Doj che prevede la loro astensione totale dal mercato.
Favorevoli al mantenimento dello status quo è la lobby politica guidata dal Senatore del Nevada Harry Reid, leader dei democratici al Congresso. Già nel dicembre del 2010, Reid aveva tentato di far approvare un disegno legge che escludeva PokerStars.com, Full Tilt Poker e tutti i siti off-shore fino al 2016 dal Nord America ma non c’era riuscito.
Come noto, il Senatore è stato eletto dodici mesi fa, grazie all’appoggio dei big di Las Vegas, MGM e Caesars Entertainment, promettendo una legge federale ai suoi sponsor elettorali. Fino ad ora i suoi tentativi sono stati vani e sulla Strip il malumore inizia ad essere tangibile sul suo operato. Per questo motivo è probabile che Reid farà di tutto per condizionare - nei contenuti - gli accordi di Manhattan.
D’altronde negli USA il sistema giudiziario federale (e la separazione dei poteri) è diverso rispetto agli altri paesi occidentali. Il super procuratore Bharara è stato nominato, il 15 marzo del 2009, direttamente dal presidente Obama che fa parte della medesima coalizione politica di Reid. A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca...