Tra le leggende dei tavoli di blackjack non si può non citare un personaggio unico: Frank Schipani, in arte Al Francesco, noto a Vegas anche come Frank Salerno, uno dei membri della Hall of Fame del BJ.
Per molti è stato The Golfather del Blacjkack, per un semplice motivo: è stato lui ad inventare (ed organizzare) le prime squadre di contatori di carte nei casinò. Leggenda vuole che dalla sua mente sia stato creato anche il team più forte di tutti i tempi: quello del MIT. In realtà, le versioni sono contrastanti e non vi è chiarezza sul suo ruolo nella creazione della compagine che ha distrutto i tavoli di Las Vegas e di mezzo mondo. Di sicuro ha contribuito in maniera importante ai successi della squadra universitaria.
In questo Articolo:
Basso profilo
Al Francesco manteneva un basso profilo, ma ci sono pochi dubbi che sia stato lui per primo ad introdurre il sistema delle squadre di counters nei casinò.
Ed è stato lui a scegliere per i suoi team una mente geniale, il leggendario Ken Uston. Forse la forza del “padrino” del BJ è stata sottovalutata proprio perché Uston fu un personaggio più mediatico, mentre Al Francesco puntava più ad agire nell’anonimato.
Non a caso, quando il socio in affari pubblicò il libro “The Big Player” (e pochi anni dopo il famoso “Million Dollar Blackjack”), Frank Schipani e i suoi ragazzi furono cacciati da tutti i casinò di Las Vegas.
La sua carriera da gambler professionale è partita dalla sua città natale, Garay, in Indiana, dove guadagnava circa 5.000$ dollari l’anno (stiamo parlando degli anni ’60) giocando a ramino (Greek Rummy). Non una fortuna, ma un discreto gruzzoletto che gli consentiva di non lavorare.
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Beat the Dealer
Nel 1963 si trasferì in California e fu galeotto il libro “Beat the Dealer” di Ed Thorp. Grazie a questa pubblicazione, il blackjack è diventato popolarissimo negli Stati Uniti negli anni ’60, ispirando molti contatori di carte in provetta.
E’ stato lo stesso per Al Francesco, il quale raccontò che la sua prima sessione da contatore finì male. Dopo 20 minuti dovette lasciare per un fortissimo mal di testa. “Il sistema era troppo complicato, così ho dovuto studiare di più” ha ammesso. Il suo ritorno però lasciò il segno: per un anno e mezzo batté tutti i dealer incontrati sulla sua strada. Presto la sua “fama” gli costò cara, visto che i casinò del tempo gli chiusero, in modo inevitabile, le porte. Per otto anni, il padrino del BJ, non si è più visto in nessuna sala da gioco americana.
Al Francesco II: il ritorno
Dopo il lungo oblio, Al torna sulla scena del delitto, più forte che mai grazie ad un sistema avanzato di conteggio, inventato da Lawrence Revere. La tranquillità dura poco perché è nella lista nera dei casinò che cercano di tenerlo lontano da Las Vegas, anche usando modi poco ortodossi. Da qui nasce l’idea…
Le squadre del Padrino
Visto che i casinò non vogliono più vedere la sua faccia, il gambler passa al piano B. Siamo nel 1971 e Al Francesco diventa la grande mente temuta dall’industria del gambling di Vegas. Organizza diverse squadre composte da 7 persone: 6 contatori e un big player. Attenzione però, perché in questo campo il confine tra il lecito e l’illecito è molto sottile. Negli USA contare le carte è permesso, ma diventa illegale se il counter usa un dispositivo elettronico o si avvale della collaborazione di altre persone.
Il gambler dell’Indiana però non ci pensa due volte e assetato di vendetta inizia a sbancare le sale del Nevada, grazie alla creazione di team molto efficienti che usano il sistema avanzato di Lawrence Revere.
La strategia messa in atto era semplice: i sei counter sedevano al tavolo di blackjack e contavano le carte, facendo piccole puntate. Quando il mazzo era maturo, pronto all’aggressione, compariva il big player che si fingeva una ricca balena (in realtà era un bello squalo), un turista poco attento ai soldi (agli occhi dei manager) che piazzava una serie di scommesse pesanti, quando le condizioni erano favorevoli da un punto di vista matematico.
Con questo sistema, nel giro di pochi anni, le squadre di Al Francesco vinsero milioni di dollari.
L’errore di ingaggiare Ken Uston
Come detto, uno dei giocatori reclutati fu un’altra leggenda: Ken Uston. E’ stato però uno degli errori più grossi della sua carriera. Nel 1977, Ken Uston rivelò i segreti del team nel suo libro “The Big Player“.
Una bella infamata. Fu la fine per molte delle sue creature che dirigeva da dietro le quinte: da quel momento la vita si fece durissima per i ragazzi dei team Hyland, MIT e le squadre dei cecoslovacchi e dei greci. Al appese le carte al chiodo e si godette la pensione, dedicandosi alle corse dei cavalli. Riuscì a perdonare anche Ken Uston, mentre i suoi boys continuarono a detestare la gola profonda che fornì un assist decisivo ai casinò.