E' stata una serata piacevole e glamour, quella della "prima" ufficiale di Poker Generation al Bicocca Village di Milano. Finalmente è arrivato il momento del verdetto del pubblico per un film di cui si è parlato molto "preflop".
In fin dei conti il tourbillon di polemiche, interrogazioni parlamentari e quant'altro ha fatto decisamente gioco al progetto di Fabrizio Crimi e Tiziano Cavaliere, che si sono ritrovati una enorme quanto inattesa pubblicità gratuita, in gran parte offerta proprio dal gruppone dei detrattori.
Galà, passerella e starlette
In ambiente riservato all'interno dell'UCI Bicocca Village di Milano, il cast praticamente al completo ha accolto i molti ospiti in una sala che non ha tardato a riempirsi. A far da contorno un buon numero di personaggi della tv, con l'onnipresente prorompenza di Raffaella Fico a farsi generosamente ammirare, pur se orfana del suo Mario Balotelli (che ha dato forfait all'ultimo momento).
Tra i componenti del cast emergevano due protagoniste femminili come Emanuela Postacchini e Francesca Fioretti, bellissime. Di quest'ultima, in particolare, riparleremo tra poco per la sua performance di attrice.
Il film
Poker Generation - diciamolo subito - non è un capolavoro, e ad onor del vero nessuno ha mai cercato si spacciarlo come tale. Tuttavia, è un'opera che si lascia guardare con piacere nonostante qualche incongruenza narrativa e alcuni personaggi forse non delineati a dovere.
Con la voce off del protagonista Filo (Piero Cardano) ad accompagnarci, partiamo da un flashback sull'infanzia di Filo e Tony, per poi fare un salto di una decina d'anni e subito dopo un viaggio da Scicli a Milano, in cerca di fortuna e soldi per curare la sorellina. Attraverso una fase di delirio d'onnipotenza (del giocatore) e di travaglio esistenziale (dell'uomo) i due arrivano a perdere tutto nelle lussuose bische milanesi, ma rimane loro una speranza che prende le sembianze di un mega-torneo di poker a Malta...
Un elemento che ha fatto discutere prima che il film uscisse è senza dubbio l'utilizzo del poker come strumento di "ricerca fondi" per la sopravvivenza di una persona cara. Se è vero che la visione del film non dirada i dubbi sulla bontà di questa scelta, va sottolineato che si tratta di un espediente narrativo, e non si può dire che in Poker Generation passi mai un messaggio di approvazione per le scelleratezze di Filo e Tony.
D'altra parte, anche Matt Damon/Mike McDermott manda all'aria una (probabile) carriera di avvocato per dedicarsi al gioco, e non si può certo dire che le sue sfide con TeddyKGB siano un'elegia al gioco in bankroll...
Però così va il cinema (anche senza scomodare ingenerosi paragoni) e dall'altra parte il poker - quello vero, quello che viviamo tutti i giorni - non è propriamente un "oggetto cinematografico".
La verità di fondo è proprio quella: raccontare il poker al cinema è qualcosa di enormemente difficile. Il cinema ha bisogno di affabulare dove invece il poker è affascinante perchè complesso ed insieme essenziale, ragione per cui se ci si sbilancia troppo verso la complessità otteniamo un film inguardabile, mentre se viceversa ci si concentra troppo sull'essenzialità si rischia di banalizzare i contenuti di gioco, deludendo gli appassionati.
Sotto questo aspetto Poker Generation è apprezzabile, perchè lungo tutto il film è costante lo sforzo di condurre lo spettatore ad assumere (o quantomeno comprendere) il punto di vista del giocatore, pur nella necessaria stringatezza della sintesi filmica. Il nutrito cast di professionisti di poker che nel film interpretano se stessi è abbastanza efficace in quest'ottica, e in particolare Baldassari e Bonavena appaiono davvero a loro agio nell'inedito ruolo di attori.
Fra i protagonisti maschili è Claudio Castrogiovanni a rubare la scena, con una performance solida e convincente nei panni del poker pro/guru/coach. Molto bravi anche i due "fratelli" Piero Cardano e Andrea Montovoli, anche se i loro sforzi non sempre bastano a "star dietro" a due personaggi che nel corso della storia vivono diverse crisi, travagli, trasformazioni in quello che è un vero e proprio percorso (accelerato) di crescita umana tramite il poker.
La più lieta sorpresa del film è stata forse Francesca Fioretti: che era bellissima si sapeva già, ma la freschezza e la disinvoltura con cui ha interpretato il suo ruolo va francamente oltre ogni aspettativa.
In definitiva, che dire? Ogni film merita di essere visto e valutato soggettivamente, ma Poker Generation va visto per almeno due ragioni supplementari. In primo luogo perchè è uno dei pochissimi film sul poker, e il primo italiano sul texas hold'em: con tutte le difficoltà (a cui si accennava prima) che si hanno nel portare questo tema sul grande schermo, il progetto di Fabrizio Crimi e Tiziano Cavaliere è coraggioso e lodevole, e va premiato indipendentemente da alcuni inevitabili difetti. In secondo luogo, va visto perchè è un'opera prima, e va dato atto a Gianluca Mingotto di avere scelto un tema non certo tra i più semplici da mettere in scena, per il suo esordio dietro la macchina da presa.
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