Vincere un braccialetto alle World Series Of Poker è il sogno di (quasi) ogni giocatore: chi è abbastanza bravo e fortunato da riuscirci presenzia anche ad una cerimonia di premiazione, con tanto di inno nazionale. O almeno, quasi sempre.
Negli anni passati, infatti, ci sono stati alcuni episodi piuttosto singolari legati a questo rituale, che non mancarono di far discutere oppure sorridere. Accadde ad esempio nell'estate del 2009, quando Richard Austin superò Sorel Mizzi nell'evento di Pot Limit Omaha da 5.000 dollari, andando così a vincere il suo primo torneo alle WSOP assieme ad un robusto assegno da 410.000 $.
Nonostante il successo "pesante", a cui seguirà a pochi giorni di distanza l'ottavo posto raggiunto nel Pot Limit Omaha Championship, lo statunitense si rifiutò di rilasciare interviste e non presenziò alla cerimonia di premiazione, creando così i presupposti per una situazione senza precedenti e scatenando in questo modo un vespaio.
Richard Austin nel 2009: la foto sì, ma l'inno nella Amazon Room, niente da fare
I commenti all'epoca si divisero tra favorevoli e contrari, mentre attraverso le parole di un amico Austin spiegò così il suo gesto. Va detto che il ragazzo, pur non essendo particolarmente famoso, è un giocatore particolarmente vincente delle partite di cash game live nel Pot Limit Omaha: non si tratta insomma di un player qualsiasi, ma di un professionista tanto rispettato quanto temuto.
Richard fece sapere che non ci teneva ad essere celebrato come se fosse stato capace di vincere una medaglia d'oro alle Olimpiadi, che trovava stupido dover interrompere il gioco di tutti i presenti in sala per dare spazio alla cerimonia, e che infine non giocava a poker per ricevere questo tipo di attenzioni. Va detto che da molti Austin viene descritto come un ragazzo timido e riservato, ma assolutamente non intenzionato a mancare di rispetto ad alcuno.
Chi invece si presentò regolarmente alla premiazione fu l'inglese John Kabbaj, che qualche giorno più tardi si era assicurato il suo secondo braccialetto vincendo il Pot Limit Hold'em Championship: quando però si ritrovò ad ascoltare il proprio inno nazionale, in piedi e col braccialetto in mano, dovette suo malgrado assistere ad un grossolano errore che rese la situazione surreale.
Dagli altoparlanti del Rio vennero infatti sì intonate le note di "God save the Queen", ma non dell'inno britannico bensì della dissacrante canzone dei Sex Pistols: in sala l'imbarazzo fra le persone presenti sul palco fu palpabile, al punto che il giorno seguente Jeffrey Pollack si scusò pubblicamente e fece suonare l'inno corretto, pur in assenza del giocatore.
Da spettatori possiamo solo dire che si tratti - come potete apprezzare grazie al video seguente - di una scena particolarmente divertente, ma certo non vorremmo essere stati nei panni di chi abbia schiacciato il tasto "play"...O forse sì?