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Phil Hellmuth (Courtesy of PokerNews)

Hellmuth sproloquia in mondovisione, poi si scusa: ma qualcuno vuole davvero un Phil diverso?

Phil Hellmuth ha tiltato al tavolo, e fin qui niente di nuovo. Poi ha chiesto scusa a tutti, e anche qui film già visto. Però stavolta la cosa ha assunto dimensioni notevoli per due ragioni: il prolungato sproloquio di Phil è avvenuto in diretta streaming di un tavolo finale WSOP, e sui social si è scatenato un acceso dibattito tra accusatori e assolutori. La domanda di fondo rimane – anch’essa – immutabile: qualcuno di voi vorrebbe davvero un Phil Hellmuth differente?

Cosa è successo al final table: il video montaggio di SrslySirius

Qualcuno aveva già notato gli eccessi verbali di Phil Hellmuth durante la diretta del tavolo finale al 10k Stud Championship. Tuttavia il putiferio è scoppiato quando Thomas Keeling – SrslySirius su Twitter e sul forum di 2+2 – ha pubblicato questo montaggio video:

L’effetto delle parolacce è ovviamente moltiplicato da montaggio, e risulta esilarante per molti e fastidioso per altri. Il popolo di Twitter si è diviso tra il partito degli accusatori e quello degli assolutori, e non si sono sottratti a questo giochino anche molti colleghi – anche illustri – dello stesso Hellmuth. Una sostanziosa parte è rimasta invece neutrale, sostanzialmente intenta a farsi due risate, magari “trollando” Hellmuth e il suo nuovo libro “POSITIVITY”.

  • In sostanza gli accusatori sostengono che sia una vergogna che a Phil Hellmuth venga permesso tutto ciò, mentre altri per molto meno vengono bannati anche a vita dal Rio.
  • Gli assolutori invece sono quelli che si dichiarano divertiti anche da questi eccessi di Hellmuth, che evidentemente fanno parte del personaggio, mentre in realtà il Phil “persona” è un pezzo di pane.
Phil Hellmuth, qui intervistato da PokerNews dopo il 10k Stud delle WSOP 2021
Phil Hellmuth, qui intervistato da PokerNews dopo il 10k Stud delle WSOP 2021 (courtesy of Danny Maxwell)

Le scuse di Hellmuth

Prima di addentrarci in questo, è il caso di dare spazio alle scuse di Phil che, puntuali come le tasse, sono arrivate anche stavolta via Twitter:

E ancora

Ok, ma chi ha ragione?

Le ragioni degli accusatori sono anche condivisibili, perché derogare dal principio che una regola vale per tutti è sempre pericoloso. Ci sono giocatori fastidiosi al tavolo, anche meno di Hellmuth, che ricevono trattamenti nettamente peggiori. Però dovremmo soffermarci un attimo su quel “meno”. Ci sono comportamenti fastidiosi che hanno un valore oggettivo di “inaccettabilità”: lanciare le chips contro un avversario, mettere le mani addosso, offendere pesantemente, molestare ripetutamente eccetera. C’è invece una gamma di comportamenti il cui fastidio provocato è soggettivo, per varie ragioni. In questa gamma rientra, nell’opinione di chi vi scrive, l’intera categoria “Phil Hellmuth”.

Il lato oscuro dei campioni

In ogni categoria dello sport e dello spettacolo esiste una proporzione tra la grandezza che ti guadagni e ciò che questa grandezza ti permette. Nel calcio è convinzione diffusa che ad alcuni giocatori sia permesso più che ad altri, ad esempio in caso di marcate proteste nei confronti dell’arbitro. E così anche nella NBA, molti tifosi sono convinti che alle superstelle siano trattate con un occhio di riguardo, sia come metro nei falli subiti, sia come proteste consentite. Tutto questo è vero, seppur in parte. Non troverete nessun arbitro di nessuno sport che vi dirà “Tizio va trattato diversamente da Caio”, ma se tizio è un supercampione che muove decine e decine di milioni, ciò inevitabilmente ha un certo peso nella tolleranza di certi comportamenti. Tutto questo ha un limite, certo.

Per il famoso calcio a un tifoso del Crystal Palace, Eric Cantona venne sospeso per 9 mesi, finì a processo e perse definitivamente la nazionale francese. Quel giorno del 1995 segnò in un certo senso la fine del Cantona calciatore, anche se poi il numero 7 riuscì a traslare il suo talento altrove (oggi è apprezzato attore).

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Eccessi e successo

A volte gli eccessi caratteriali e comportamentali decretano i limiti nella carriera professionale, oltre a segnare la stessa vita di alcuni personaggi celebri. Si pensi a Jim Morrison nella musica, a George Best nello sport, a Stu Ungar nel poker. Tutti e tre miti, tutti e tre maledetti, che molto altro avrebbero potuto dare alle rispettive discipline o arti. Ma qualcuno immagina un Jim Morrison che canta con l’outfit di Gigi D’alessio, o Best tutto casa, chiesa e famiglia, o Stu Ungar che ha come unico eccesso la gazzosa?

Phil Hellmuth non fa spettacolo, Phil Hellmuth è lo spettacolo

Chiedete a quelli di PokerGO se lo sfogo – eccessivo e volgare quanto si vuole – di Phil Hellmuth in diretta streaming li ha scandalizzati, o se non si stanno fregando le mani per l’aumento vertiginoso di contatti e magari anche abbonati. Anche se stavolta si è lasciato decisamente prendere la mano, e lo ha riconosciuto a più riprese egli stesso, Hellmuth rimane una delle pochissime attrazioni vere nel mondo del poker. E per attrazione si intende “no matter what”, ovvero che genera interesse qualunque sia il contesto, il buy-in, la specialità, gli avversari. Phil Hellmuth rappresenta un personaggio che rasenta la perfezione, perché un unicum, perché è uno dei pochi non replicabili in un mondo di campioni che a volte si somigliano tra loro nelle mosse, nei gesti, nell’atteggiamento.

Phil fa letteralmente impazzire perché è il più vincente di tutti ma anche l’ultimo dei rosiconi, un po’ come se in lui coesistessero contemporaneamente Max Allegri ed Eziolino Capuano. Non c’è modo di prendere le contromisure con un tipo del genere, lo devi accettare così com’è e va bene così, a tutti, nel vero senso della parola.

Ecco un ipotetico dettaglio delle categorie di persone a cui Phil Hellmuth va bene così com’è:

  • Ai poker player in generale, perché è una delle pochissime figure conosciute all’infuori del nostro mondo
  • Ai super pro, perché possono continuare a contare i suoi errori e le cose inguardabili che ogni tanto fa al tavolo
  • Al pubblico – in loco e a casa – che con lui al tavolo non si annoia mai
  • Ai media, perché nessuno regala perle e citazioni epiche con paragonabile frequenza
  • Agli amatori che sognano di averlo al tavolo, nonostante le sue sbroccate o forse sognando proprio di subirne una

Phil Hellmuth piace alla stragrande maggioranza dei comuni mortali appassionati di poker proprio perché, nonostante gli innumerevoli successi e i record, appare fragile, umano, fallace, dunque raggiungibile.

Centinaia di utenti su Twitter hanno sfottuto Hellmuth dopo il suo sfogo con l’hashtag #POSITIVITY, facendo un implicito spot al suo libro. Ma quante ne sa Phil?

God Save the Poker Brat

Lasciamo i discorsi del “è un cattivo modello per chi vuole avvicinarsi oggi al poker” ai sacerdoti del politically correct. The Poker Brat va bene così com’è, con tutta la sua amabile incoerenza, di cui solo i meno attenti pensano sia inconsapevole. Non si pensi infatti che adottare QUEL titolo per il suo ultimo libro non sia un rischio calcolato, per dirne una. Phil Hellmuth vive in un costante barcamenarsi tra realtà e finzione, tra l’identità del personaggio che si è creato e la sua propria, in un processo osmotico che spiazza. La sua citazione più famosa – “to you it’s just poker, to me it’s my life” – è la fotografia di questa osmosi, di cui lui è perfettamente consapevole e anzi la maneggia con sapienza.

Contrariamente a quanto si pensi, Phil Hellmuth alimenta il suo personaggio in maniera molto intelligente, con un dosaggio di autoironia sufficiente per continuare a chiedersi “ci è o ci fa?”, senza mai trovare la risposta definitiva.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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