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Il caso Preite e quell'allergia tutta italiana alle regole

"È  tutto molto italiano!". Se l'altra notte si fosse trovato a Malta, Stanis La Rochelle avrebbe senz'altro commentato così la vicenda della squalifica di Gaetano Preite dal tavolo finale del PPTour. E avrebbe indovinato.

C'È QUALQUADRA CHE NON COSA

Diciamo subito che non ci sono sufficienti motivi per non credere alla versione di Preite, anche se in realtà non collima benissimo con quella rilasciata dal Tournament Director Danilo De Berardinis. Sì, perchè se per assurdo volessi fare uno scherzo ad un mio amico sottraendo una pila di chips dal suo stack, di certo non le vado ad infilare nella mia busta che di lì a poco verrà sigillata.

briatore

A ben vedere, prendendo per buona la storia dello scherzo Preite ne esce ancora peggio che se avesse dichiaratamente ammesso l'errore o una colpevole distrazione: uno che da anni si misura ad alti livelli sui palcoscenici più importanti del poker non può mai cadere in una ingenuità da home game tra adolescenti. Che si stia giocando il torneo della domenica o il Main WSOP, toccare le chips di un avversario è un fatto già di per sè molto grave. Figuriamoci imbustarsele...

Per questo, se io fossi Preite e avessi appena voluto fare un' inopportuno scherzo al mio amico Abrusci, in un momento importante di un torneo importante, di certo non sarei andato a raccontarlo in giro. Piuttosto, avrei cercato di inventarmi una storia per uscirne con le ossa meno rotte.

L'ALTA CORTE DI FACEBOOK

Ma la parte più brutta dello spettacolo è andata in onda ieri sui social network, con la ridda di commenti, prese di posizione, difese d'ufficio da parte di amici e tifosi del player pugliese. E nella maggior parte dei casi, nessuno conosce i fatti o persino l'argomento su cui sta emettendo sentenze, ovvero il regolamento di un torneo di poker e l'imprescindibile rispetto dello stesso.

L'italiano è sempre stato un po' allergico alle regole. Per meglio dire, l'italiano medio è uno per cui le regole valgono finchè riguardano gli altri, mentre quando toccano direttamente noi o qualcuno/qualcosa che rientra nei nostri affetti allora c'è pronta una lista di attenuanti e distinguo vari. E se è così nella politica e nel calcio, perchè mai il poker dovrebbe fare eccezione?

Così, ecco i tuttologi parlare di "provvedimento eccessivo", quando non apertamente di "ingiustizia" o addirittura (poteva mai mancare?) "complotto".

TD COME GLI ARBITRI

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L'amicizia è una cosa, il lavoro un'altra
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In fin dei conti un tournament director è un po' come un arbitro, che quando concede un rigore dubbio ai nostri avversari entra nella categoria dei "figli di padre incerto", ma se ne dà uno inesistente a noi è un "umano che può sbagliare", o sta riparando a torti che abbiamo subito sicuramente in precedenza.

Così, uno che "per scherzo" sottrae delle chips a un amico/avversario alla vigilia di un final table dove balleranno decine di migliaia di euro, dovrebbe venire redarguito con poco più che una pacca sulla spalla. Inutile far notare loro che abdicando alle regole in nome di una pseudo-tolleranza ad personam (oggi è un mio amico, domani tuo fratello, dopodomani Dio sa chi), ogni torneo diventerebbe una potenziale pagliacciata.

"È UN MIO AMICO, QUINDI È INNOCENTE"

Altro elemento insopportabile è il bisogno di esternare la stima verso una persona in modo tale da farla apparire come un lasciapassare, un'amnistia preconcetta che cancella persino l'evidenza.

Per tutti costoro ho una notizia: si può stimare una persona anche senza negare che costui/costei abbia commesso una fesseria o anche qualcosa di peggio.

A tal proposito bisognerebbe imparare da chi per lavoro deve prendere decisioni a volte impopolari, come Danilo De Berardinis. Alla stregua di tanti altri TD, anche a lui capita di frequentare giocatori o stringerci amicizia. D'altra parte si tratta spesso di ragazzi coetanei o con interessi in comune, e coi quali a fine giornata ci si ritrova magari per una bevuta e una chiacchiera, specie se in trasferta. Ma l'amicizia e il lavoro sono due sfere che devono rimanere ben distinte.

E infatti, alla fine non si può non riconoscere la prontezza dimostrata da De Berardinis e dal suo staff, nel gestire una situazione delicata. E va dato atto a Preite della compostezza con cui ha accolto la decisione. In fin dei conti, se dimentica i soldi andati in fumo (quelli certi del nono posto e quelli potenziali da lì in su), si può dire che gli sia andata anche bene: a Las Vegas, uno "scherzo" di questo genere gli sarebbe costato parecchio di più...

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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