E' da tempo che Mike Matusow è scomparso dalla luce dei riflettori, eclissatosi in gran parte dopo la dissoluzione del suo contratto di sponsorizzazione con Full Tilt Poker, malgrado un braccialetto WSOP vinto non più tardi di due anni fa.
Non che oggi abbia smesso di giocare, ma i fasti di un tempo sono un ricordo, ora che promuove una piccola poker room statunitense dove è possibile giocare con i bitcoin e frequenta sì i mixed games $400/$800 come anni fa, sapendo però che la sua vita e la sua carriera avrebbero potuto prendere una piega diversa, se avesse saputo sfruttare ogni occasione, se solo non fosse stato Mike Matusow.
Già anni fa, in un'intervista rilasciata nei primi anni Duemila, raccontava quanto fosse dura essere un professionista che giocasse dal vivo a Las Vegas, e di come il mito della splendida vita del giocatore professionista fosse a suo modo di vedere destinato a rimanere tale, almeno per la maggior parte delle persone.
All'epoca il poker online esisteva già, ma era poco diffuso: di fatto, nessuno si era ancora fatto largo dai tavoli online a quelli dal vivo, e quindi l'età e lo stile di vita del professionista di alto livello era molto diverso da quello di oggi. Stiamo parlando di un periodo in cui Phil Laak ed Antonio Esfandiari erano diventati professionisti da non più di un paio d'anni, Daniel Negreanu non era ancora un professionista di PokerStars, eppure "the mouth" era già un veterano.
"Giocare un sacco di ore ogni giorno, per tre o quattro giorni di fila cercando sempre di dare il massimo è davvero dura, in quella che è una vera e propria guerra - diceva allora - io gioco al $400/$800, e non è raro chiudere una sessione in vincita o in perdita per 30.000 dollari. E' uno stile di vita che influenza le tue relazioni con gli altri, in cui rischi di non sentirti mai pienamente felice. Quando le cose vanno bene ti senti sul tetto del mondo, mentre quando vanno male all'improvviso ti senti soltanto un miserabile".
Già all'epoca Mike Matusow doveva combattere con disturbi psichici e l'abuso di "speed", che all'epoca era piuttosto diffuso perché aiutavano i giocatori a rimanere svegli, nelle interminabili sessioni di poker dal vivo: "Tutti cercano di far credere che si tratti di una professione fantastica, perché vogliono che gli altri pensino che il loro stile di vita sia fantastico e tutto sia perfetto, ma in realtà non è così- concludeva all'epoca - qualcuno fa eccezione, ma credi a me, è perché stanno runnando bene...".